Rifiuta trasfusione per motivi religiosi: morta 70enne nel Casertano
CampaniaLa donna era una testimone di Geova ed è stata supportata nella sua scelta dai familiari. Il primario dell’ospedale di Piedimonte Matese: “Come può una religione permettere ancora oggi un suicidio?". I figli della 70enne annunciano una possibile azione legale
Una 70enne, testimone di Geova, è morta dopo aver rifiutato una trasfusione che avrebbe potuto salvarle la vita. La sua confessione impedisce infatti agli adepti di "mischiare" il sangue altrui a quello proprio. La vicenda, accaduta nel Casertano, è stata riportata dal quotidiano Il Mattino.
Il figlio: “Così ha deciso mia madre”
La decisione della donna non ha trovato concorde il primario del Reparto di Chirurgia generale dell'ospedale di Piedimonte Matese dove la donna era ricoverata, che non ha potuto far altro che arrendersi di fronte alla manifesta volontà di non ricevere cure, mentre i familiari dell'anziana, anch'essi testimoni di Geova, ne hanno sostenuto e difeso la scelta. "Così ha deciso mia madre" ha detto il figlio al primario Gianfausto Iarrobino.
Il primario: “L’avrei salvata al 100%”
"Oggi sono triste e incazzato nero" afferma Iarrobino, che poi, parlando della paziente, sostiene: "L'avrei salvata al 100%, ma ha rifiutato ed è morta. I figli ed i parenti solidali con lei. Mi sono scontrato con tutti. Alla fine i figli si sono esaltati dicendo: mamma sei stata grande, hai dato una lezione a tutti i medici e tutto il reparto. Mi chiedo: come può una religione permettere ancora oggi un suicidio? - ha proseguito Iarrobino prima di aggiungere - Sono arrabbiato e frustrato per quanto accaduto, e ciò perché la signora si poteva salvare. Non condivido affatto le posizioni dei testimoni di Geova".
La versione dei figli della donna
I tre figli della donna contestano la versione del primario Iarrobino sulle cause della morte della madre, che non sarebbe, secondo loro, conseguenza del rifiuto della trasfusione e annunciano una possibile azione legale nei confronti dei medici dell'ospedale. "Come testimoni di Geova - affermano - amiamo moltissimo la vita. Quando nostra madre si è sentita male l'abbiamo portata subito in ospedale perché venisse curata nel modo migliore possibile. Abbiamo anche rispettato la sua decisione di non ricevere trasfusioni di sangue, consapevoli che esistono strategie mediche alternative che funzionano molto bene, anche in casi delicati. Purtroppo - proseguono i figli della 70enne - quando nostra madre ha chiesto ai medici di curarla con ogni terapia possibile tranne che col sangue i medici non le hanno somministrato prontamente farmaci che innalzassero i valori dell'emoglobina. Lo hanno fatto solo due giorni dopo dietro nostra insistenza". Secondo i figli della donna, i medici "non hanno nemmeno fatto indagini strumentali che permettessero di trovare il luogo esatto dell'emorragia così da fermarla il prima possibile. Si sono limitati a chiedere insistentemente di praticare l'emotrasfusione. Ma a cosa sarebbe servita se il problema di fondo era la perdita di sangue?".
Il racconto del medico
"Il giuramento di Ippocrate mi chiede di salvare la vita delle persone, ed io invece, in questo caso - provoca Iarrobino - è come se mi fossi reso protagonista di un 'suicidio assistito'. Fino alla fine sono stato vicino alla signora senza poter fare nulla, perché la volontà della paziente, peraltro molto lucida, è stata sempre esplicita: lei più volte si è rifiutata di sottoporsi alla trasfusione, e io non ho potuto far nulla". Iarrobino distingue i casi in cui il paziente soffre per una malattia terminale. "Queste situazioni - dice - sono diverse e vanno affrontate con una diversa sensibilità da parte del medico, che non può non tener conto del dolore provato, ma il caso della signora era semplice – prosegue il medico - lei si poteva salvare con una normale trasfusione. In questi casi il medico deve poter agire. Questa opinione vale anche per il caso del dj Fabo" conclude Iarrobino.
Le parole dell'Ordine dei Medici
Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente dell'Ordine dei Medici di Caserta, Erminia Bottiglieri. "Assurdo quanto successo al collega Gianfausto Iarrobino. Condivido il suo pensiero e dico che come i pazienti possono rifiutare le cure accampando motivazioni religiose che richiamano la coscienza personale, anche noi medici dobbiamo avere il diritto di obiettare. Spero che il legislatore tenga conto di queste cose".