Karl Popper, 25 anni fa moriva il teorico della scienza come rinuncia a ogni assolutismo

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Il filosofo austriaco è morto il 17 settembre 1994. Sua l'elaborazione del principio di falsificabilità: una verità scientifica deve sempre saper dubitare di se stessa. Ebreo, sfuggì ai nazisti scappando in Nuova Zelanda. Tornato in Europa, si stabilì in Inghilterra

Anche a 25 anni dalla morte, il pensiero del filosofo Karl Popper resta influente in molti campi, dalla scienza alla politica. La sua vita ha percorso tutto il Novecento e ne ha attraversato i drammi e le rivoluzioni. Da giovanissimo incontrò Albert Einstein, emigrò per sfuggire ai nazisti, ma restò in costante dialogo con il mondo scientifico e offrì il suo contributo anche per il ripensamento di nuovi schemi sociali ed economici che influenzarono la politica dell’epoca. Ecco chi era il filosofo ed epistemologo austriaco che cominciò studiando Karl Marx e finì tra i prediletti del salotto di Margaret Thatcher.

Le origini ebraiche e l’infatuazione giovanile per Marx

Karl Popper nasce a Vienna, nel 1902, in una famiglia medioborghese di origini ebraiche. Cresce nella capitale austriaca e qui si iscrive anche all’Università. Da giovanissimo viene conquistato dal pensiero di Karl Marx, tanto da iscriversi all’Associazione degli Studenti Socialisti e poi al Partito Socialdemocratico d’Austria. Scelte che ben presto rinnegherà, criticando aspramente la dottrina marxista fino a definirla un "credo pericoloso".

L’incontro con Albert Einstein

Nel 1919, all’età di appena 17 anni, fa l’incontro che condizionerà per sempre il suo pensiero. A Vienna si trova ad assistere a una conferenza di Albert Einstein. Popper è affascinato da quest’uomo che con le sue teorie sta mettendo in crisi quelle che sembravano le più solide convinzioni scientifiche, ma soprattutto è colpito dal suo metodo, perché Einstein dice: "Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato". Capisce così, per la prima volta, che la scienza deve essere essenzialmente critica e il suo lavoro quello di mettersi costantemente in dubbio. Così scriverà lui stesso di questo incontro: "Sentivo che era questo il vero atteggiamento scientifico. Era completamente differente dall'atteggiamento dogmatico, che continuamente affermava di trovare ‘verificazioni’ delle sue teorie preferite". Questi pensieri confluiranno, da lì a qualche anno, nella prima teorizzazione del suo "principio di falsificabilità".

Il nazismo e l’emigrazione in Nuova Zelanda

Il percorso accademico di Popper continua senza intoppi e, nel 1928, consegue il dottorato in Filosofia. Nel 1930, inizia a insegnare alle scuole secondarie, ma nel 1936 deve interrompere la sua attività. L’avvento del nazismo lo costringe a emigrare in Nuova Zelanda, per via delle sue origini ebraiche. Lì ottiene un posto da docente di filosofia all’università di Canterbury a Christchurch, dove resterà per quasi dieci anni, fino alla fine della guerra. Nel 1946 può di nuovo tornare in Europa e si trasferisce in Inghilterra, dove comincia a insegnare logica e metodo scientifico alla London School of Economics, dove diventerà professore dal 1949.

L’amicizia con Friedrich von Hayek

Friedrich von Hayek, economista da Nobel e tra i padri del neoliberismo, ha giocato certamente un ruolo imprescindibile nella vita di Popper, sia per via dell’amicizia che li ha legati a lungo che sul piano intellettuale. È Von Hayek ad aprirgli la strada nel mondo accademico e nel 1944 Popper arriva a scrivere al suo caro amico: "Penso di aver appreso da te più di quanto qualsiasi altro pensatore mi abbia trasmesso, eccetto forse Alfred Tarski". I due intellettuali si influenzano reciprocamente e si dedicano l’un l’altro le loro opere. Nella lotta ai totalitarismi criticano unitamente il nazismo e il socialismo, ne denunciano un fondamentale errore metodologico: la convinzione che la storia sia governata da leggi razionali. Per Popper il metodo critico-deduttivo, che mette sistematicamente in dubbio ogni certezza, dovrebbe essere applicato anche all’agire politico.

Gli ultimi anni

Popper continua a insegnare fino al 1969. Proclamato baronetto nel 1965 dalla regina Elisabetta II, nel 1976 è ammesso alla Royal Society. Ma i riconoscimenti che ottiene durante la sua carriera sono innumerevoli: dal Premio Lippincott dell'American Political Science Association, al Premio Sonning, fino alla Medaglia Otto Hahn per la Pace. Senza contare l'ingresso alla British Academy, alla London School of Economics, al Kings College di Londra e al Darwin College di Cambridge. Il suo pensiero, così come quello di Von Hayek, influenza Margaret Thatcher, che il filosofo frequenterà assiduamente. Come pensatore rimarrà attivo fino alla morte a Londra, il 17 settembre 1994, all’età di 92 anni.

Il principio di falsificabilità

Al centro del pensiero di Popper c'è sicuramente il principio di falsificabilità, la cui prima intuizione per lo studioso risale all’incontro con Einstein. Questo criterio, ancora oggi utilizzato come metodo scientifico, nasce in contrapposizione al metodo della verificazione, per cui una teoria scientifica si limita a cercare conferme nei fatti. Per Popper, invece, è ben più importante la ricerca di possibili confutazioni (ovvero falsificazioni), perché è questo il motore che muove la scienza, e soprattutto perché una teoria inconfutabile non può dirsi affatto scientifica. Insomma una teoria, per essere davvero scientifica, dunque controllabile, deve essere anche confutabile. Sono infatti molte le verità scientifiche che sono state confutate, così come restano potenzialmente confutabili tutte quelle attuali. Il valore della scienza è dunque nella sua rinuncia a ogni assolutismo: "L'inconfutabilità di una teoria non è (come spesso si crede) un pregio, bensì un difetto - scrive il filosofo - Ogni controllo genuino di una teoria è un tentativo di falsificarla, o di confutarla".

Il pensiero politico e il concetto di "società aperta"

Popper trasferisce le sue intuizioni in campo scientifico anche all’ambito politico. Così come deve essere rifiutato ogni dogmatismo e assolutismo nelle scienze, nella vita politica occorre dar battaglia a ogni possibile deriva totalitaria. Il valore più alto da difendere diventa dunque la libertà, anche in campo economico. Una tesi, questa, che incontrava il favore di Von Hayek, ma anche quello di Margaret Thatcher, che ha spesso attinto dalla filosofia popperiana. Da qui il concetto di "società aperta": bisogna adottare di volta in volta le soluzioni più adatte alla situazione contingente, senza irrigidirsi in schemi precostituiti, e difendere la libertà e il pluralismo, anche con la forza, perché una società tollerante non può tollerare l’intolleranza. "La società aperta è aperta a più valori, a più visioni del mondo filosofiche e a più fedi religiose, ad una molteplicità di proposte per la soluzione di problemi concreti e alla maggior quantità di critica – scrive Karl Popper - La società aperta è aperta al maggior numero possibile di idee e ideali differenti, e magari contrastanti. Ma, pena la sua autodissoluzione, non di tutti: la società aperta è chiusa solo agli intolleranti".

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