Il 17 maggio si celebra la Giornata mondiale contro l’omofobia. Una ricorrenza importante per tenere alta l’attenzione su un fenomeno ancora troppo diffuso. Capiamo quanto con l’aiuto di dati e grafici
Anche quest’anno il 17 maggio, come ogni anno, si celebra la Giornata mondiale contro l’omofobia. Per la precisione contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Vale a dire contro ogni tipo di pregiudizio, discriminazione e criminalizzazione delle persone che esprimono la propria affettività e sessualità anche verso individui del proprio stesso sesso (o che hanno deciso di cambiarlo). (LE FOTO DEL FLASH MOB A MILANO)
Lanciata nel 2004, la giornata è giunta alla sua sedicesima edizione. E se, in questo periodo di tempo, globalmente il riconoscimento dei diritti LGBT è senza dubbio cresciuto, la situazione in molti Paesi del mondo, soprattutto in Africa e Asia, resta difficile; l’omosessualità è criminalizzata con pene che, in certi casi, prevedono anche la morte. Allo stesso tempo, l’attuazione di diritti specifici come le unioni o le adozioni è ancora poco diffusa a livello globale e anche in Europa, senza dubbio la regione del mondo complessivamente più avanzata sotto questo aspetto, mancano all’appello parecchi Paesi.
Per avere una fotografia un po’ più precisa della situazione e per comprendere perché una Giornata mondiale contro l’omofobia è ancora necessaria proviamo a dare un’occhiata ai dati contenuti nel rapporto “State-Sponsored Homophobia 2019” curato dalla International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association (ILGA).
In troppi Paesi l’omosessualità è ancora un reato
Anche le battaglie per i diritti delle persone omosessuali hanno portato a numerose conquiste in tanti Paesi non bisogna dimenticare che, a livello mondiale, la situazione è ancora complessivamente preoccupante. Nel 2019 ci sono ancora 70 stati nel mondo in cui l’omosessualità è considerata illegale. Si tratta del 36% dei Paesi riconosciuti dall’Onu, vale a dire più di un terzo del totale. E se è vero che il progresso continua, è anche vero che avanza lentamente. Rispetto al 2017, segnalano i dati ILGA, c’è stato solo un piccolo miglioramento e il numero di luoghi in cui gli atti omosessuali sono puniti dalla legge è ancora decisamente troppo alto. Così come drammaticamente alte sono le pene. In alcuni posti - come il Sudan, l’Iran, lo Yemen o l’Arabia Saudita - si può arrivare fino alla morte (in tutto sono undici i Paesi Onu in cui gli atti omosessuali consenzienti possono essere punti con la sentenza capitale). In altri Paesi - cinque in tutto, tra cui Uganda, Zambia e Guyana - si rischia invece il carcere a vita.
Dove l’omosessualità è illegale
Quando si parla di omofobia e di diritti delle persone LGBT è importante non proiettare la situazione di alcuni Paesi “virtuosi” sul resto del globo. Sarebbe un grave errore di prospettiva. Per rendersene conto basta dare un’occhiata alla mappa pubblicata sopra, dalla quale emerge immediatamente come la criminalizzazione dell’omofobia sia un fenomeno molto esteso soprattutto in Africa e Asia. E’ in questi due continenti infatti che si concentra la maggior parte dei Paesi nei quali atti sessuali consenzienti tra persone dello stesso sesso sono puniti dalla legge. Anche la regione caraibica non è immune dal fenomeno, così come l’Oceania; in entrambi i casi si tratta soprattutto di piccoli stati insulari. Il colpo d’occhio, nel complesso, è abbastanza chiaro: la marcia globale verso i diritti LGBT ha ancora tanta strada da fare, soprattutto in certe regioni.
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Omofobia, l’emergenza è soprattutto in Africa e Asia
Come si evince dalla mappa pubblicata sopra, la situazione dei diritti LGBT nel mondo è assai diseguale, con aree in cui l’omofobia è ancora troppo diffusa, soprattutto in Africa e Asia. Ma è solo osservando i numeri specifici di ciascuna area che il fenomeno diventa più chiaro e, in certi casi, ancora più preoccupante. Spulciando i dati ILGA si scopre infatti che nel continente africano l’omofobia di stato è così comune che i governi che puniscono le persone omosessuali sono ampiamente la maggioranza, quasi il 60 per cento del totale. In pratica è più facile trovare uno stato africano in cui l’omosessualità è un reato che viceversa. Discorso analogo per l’Asia; anche qui i sistemi legislativi che prevedono pene per gli omosessuali sono, seppur di poco, la maggioranza.
Dalla costituzione al luogo di lavoro, lotta alla discriminazione
Il traguardo dell’eliminazione dell’omofobia passa anche dall’applicazione di forme di protezione dalle discriminazioni che persone omosessuali, bisessuali e trans possono subire in vari contesti della vita quotidiana. Anche su questo fronte la situazione globale è piuttosto diversificata. In alcuni stati - secondo il rapporto ILGA - la protezione è inserita direttamente nella costituzione. Accade, per esempio, in Sud Africa, Portogallo, Bolivia, Messico, Ecuador e Svezia. Più comuni sono misure di anti-discriminazione generiche garantite per via di leggi ordinarie; sono previste in 53 stati e praticamente in tutti i Paesi membri dell’Unione europea. Ancora più diffusa, presente nel 39% dei Paesi Onu a livello globale, è la specifica tutela dei diritti sul luogo di lavoro, dove le persone non devono subire discriminazioni per il loro orientamento sessuale. In tutti i casi, comunque queste forme di protezione sono, a livello globale presenti in una minoranza di Paesi.
Matrimoni e unioni civili, la situazione in Europa
La battaglia all’omofobia non passa solo per specifiche norme anti-discriminazione ma anche attraverso il riconoscimento di diritti puntuali. A cominciare dal riconoscimento di forme di unione civile tra le persone dello stesso sesso per arrivare al matrimonio. A livello globale, questi diritti sono ancora prerogativa di una piccola quota di Paesi (il 14% del totale per le unioni e il 13% per i matrimoni, secondo i dati ILGA). Diversa la situazione in Europa, dove le unioni civili o i matrimoni tra individui omosessuali riguardano ormai la maggioranza degli stati. Da questo punto di vista, all’interno del Vecchio Continente si possono notare delle differenze tra macro-aree. L’Est europeo ancora in ritardo nel riconoscimento di questi diritti, l’area mediterranea (Italia, Grecia, Croazia) che si muove più timidamente e il Nord Europa decisamente più avanti.
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Adozioni omosessuali, l’Europa spaccata a metà
Un altro fronte importante nel riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali riguarda la possibilità di adottare dei figli. Come per matrimoni e unioni civili, il rapporto ILGA conferma che, a livello globale, si tratta di diritti riconosciuti molto di rado (tra il 14% e il 16%, a seconda della forma di adozione presa in considerazione). Anche in questo caso, l’Europa si conferma area complessivamente virtuosa, tuttavia non in modo uniforme. Anzi. Il riconoscimento del diritto a qualche forma di adozione per le coppie e omosessuali (adozione congiunta o adozione del figlio del partner, avuto in una precedente relazione) è infatti prevalente solo nell’Europa settentrionale (con l’aggiunta di Spagna e Portogallo). Mentre nell’area mediterranea - Italia inclusa - e nell’Europa dell’Est i sistemi legislativi non prevedono simili diritti.