Cosa cambia in Slovenia con la nuova legge sulla sicurezza

La Slovenia ha appena approvato una nuova controversa legge sul tema della sicurezza. Il nuovo testo prevede di concedere alla polizia poteri e discrezionalità in termini di controlli e perquisizioni. In particolare, in base alla nuova norma, le forze di polizia potrànno entrare in una proprietà o in un mezzo di trasporto senza un mandato del tribunale, anche forzatamente e sequestrare immediatamente oggetti ritenuti potenziali armi. Allo stesso modo, se lo riterranno, i poliziotti potranno usare vari mezzi per la sorveglianza video-fotografica e audio . Il giro di vite può stupire, dal momento che la Slovenia appare da tempo come uno dei Paesi più sicuri e tranquilli in termini di macro e microcriminalità. Ma tutto appare più chiaro se si legge la stesura di questa nuova norma nel quadro di silenziosa contrapposizione che da tempo serpeggia tra la popolazione bianca della Slovenia e quella di etnia rom che rappresenta in tutto lo 0,4% della popolazione del Paese . Questo perché nonostante il governo sloveno abbia chiarito che le nuove norme non sono in nessun modo mirate a colpire questo o quel gruppo etnico, quanto invece il crimine nella sua totalità, è vero anche che il percorso che ha portato alle nuove disposizioni prende il via da un episodio di violenza verificatosi lo scorso ottobre e compiuto da un ragazzo rom. In quell’occasione un 21enne rom avrebbe ucciso, in una discotesca di Novo Mesto, un altro ragazzo, Aleš Šutar. La morte di Šutar ha avuto enorme eco nel Paese e ha portato a numerose proteste di piazza anti rom, oltre che all’avvio dell’iter legislativo per questa nuova legge che, non a caso, si chiama Legge Šutar. Il testo ha innescato molte polemiche perché, nonostante le rassicurazioni del primo ministro della coalizione di centro sinistra Robert Golob, è stata ritenuta xenofoba e discriminatoria. La ragione di questo sospetto sta nel fatto che la legge, ovviamente, non indica in quali circostanze la polizia può far ricorso agli ampi poteri che le vengono ricnosciuti, ma dice che questi possono essere attivati in alcune aree ritenute particolarmente critiche. Questo, secondo alcuni osservatori, porterebbe automaticamente all’indicare come aree critiche le zone del Paese in cui si concentrano le persone rom. "Sebbene non siano esplicitamente rivolte alla popolazione rom- ha scritto Amnesty International in un appello al parlamento sloveno affinché bocciasse la norma- la retorica al vetriolo utilizzata dal governo per giustificare queste misure solleva seri timori che vengano applicate in modo arbitrario e discriminatorio nei confronti della popolazione rom. Insieme alla repressione della sicurezza, le restrizioni punitive sulle prestazioni sociali potrebbero penalizzare ulteriormente le famiglie più emarginate”. La questione della discriminazione slovena dei rom non è nuova, anzi. Da tempo è al centro di polemiche e discussioni, soprattutto a seguito della presentazione, sempre da parte di Amnesty International, di un report che metteva in luce come spesso le persone ROM siano relegati in ambienti malsani e privi di acqua corrente e potabile . Nonostante gli appelli dei gruppi come Amnesty, però, la legge è stata approvata con un amplissimo margine, trovando non solo il voto, scontato di due dei tre partiti della colazione di governo ma anche quello di buona parte dell’opposizione di centro destra. A opporsi al provvedimento, solo il terzo partito della coalizione dell’esecutivo e alcuni gruppi di estrema destra che, senza giri di parole, hanno ritenuto il testo non abbastanza xenofobo. Al di là del voto e delle diverse sensibilità politiche, e della volontà più o meno discriminatioria del testo, quel che resta sul tavolo è un dato: il fatto che secondo alcune rilevazioni demoscopiche, più del 60% dei cittadini sloveni vuole e auspica l’avvio di leggi repressive per ottenere maggiore sicurezza. Il fatto che i loro appelli siano raccolti da un governo di centro sinistra è un altro elemento che fa riflettere.

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Luciana Grosso