In Irlanda il reddito di base per gli artisti diventa permanente

Avviato in Irlanda nel 2022 per sostenere il settore culturale dopo la pandemia, il Basic Income for the Arts ha erogato per tre anni uno stipendio settimanale di 325 euro a duemila artisti selezionati in maniera casuale. A inizio ottobre, il ministro della Cultura irlandese Patrick O’Donovan ha confermato che il progetto uscirà dalla fase di sperimentazione a fine anno e diventerà una misura permanente nel 2026. Il ministero ha già inserito l’iniziativa nel bilancio del prossimo anno, con l’obiettivo di riaprire le selezioni a settembre per includere 200 nuovi partecipanti. Già dopo due anni, il programma aveva prodotto risultati incoraggianti sul piano economico che sono poi stati confermati dall’analisi costi-benefici realizzata dall’azienda di consulenza Alma Economics, secondo la quale ha avuto un costo netto di 72 milioni di euro ma ha generato oltre 100 milioni di euro in benefici sociali ed economici. Inoltre, un questionario ha confermato la volontà popolare di assicurare un futuro al progetto, pur segnalando con opinioni discordanti sui metodi di selezione e la quantità di risorse da destinare. Più stabilità, meno ansia e lavori secondari Creato su iniziativa dell’ex ministra della Cultura e vicepresidente del partito dei Verdi Catherine Martin, al progetto pilota ancora in corso stanno partecipando in totale quasi tremila persone: duemila ricevono il sussidio settimanale, mentre altre 997 formano un gruppo di controllo che invece non riceve questo tipo di aiuto. Dall’ultimo report realizzato dal ministero della Cultura irlandese sul periodo 2022-2024, a due anni dall’inizio della sperimentazione i beneficiari lavorano 11 ore in più a settimana ai loro progetti artistici. A cambiare non è solo il tempo dedicato all’arte, ma anche l’equilibrio complessivo della vita lavorativa: i beneficiari lavorano 3,5 ore in meno a settimana in altri settori rispetto agli artisti che fanno parte del gruppo di controllo. Dati che confermano che il reddito di base riesce a raggiungere uno dei principali obiettivi per i quali era stato pensato: rendere più sostenibile la carriera artistica, evitando che chi lavora nel settore sia costretto ad abbandonarlo per motivi economici o per cercare un lavoro più stabile. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Sul piano economico, la differenza più significativa riguarda la possibilità di coprire i bisogni di base: a ottobre 2024 la deprivazione materiale riguarda il 50% del gruppo di controllo, ma solo il 30% dei beneficiari . Questo margine di sicurezza economica si traduce anche in una maggiore capacità di investire nella propria carriera: ogni mese i beneficiari spendono 250 euro in più in materiali, studio, attrezzature e spostamenti legati al lavoro. Gli effetti più profondi, tuttavia, emergono sul piano della salute mentale. I partecipanti al programma sono 15 punti percentuali meno inclini a sentirsi depressi o demoralizzati e 16 punti in meno a sperimentare ansia. Nel gruppo di controllo, il 75% degli artisti ha riportato sintomi depressivi nell’autunno 2024, una quota che scende al 54% tra i beneficiari . Oltre 100 milioni di euro in benefici Il bilancio economico del Basic Income for the Arts mostra che il programma non è soltanto un sostegno ai singoli artisti: è un investimento che genera un ritorno per l’intera collettività. Secondo l’analisi costi-benefici realizzata dall’azienda di consulenza Alma Economics, tra il 2021 e il 2025 il progetto ha avuto un costo fiscale netto di poco inferiore ai 72 milioni di euro, una cifra significativamente più bassa dei 114 milioni investiti complessivamente dallo Stato. La differenza è dovuta ai rientri diretti: quasi 36 milioni in entrate fiscali e 6,5 milioni di risparmi sul welfare, grazie alla minore dipendenza dei beneficiari dai sussidi sociali. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Sul fronte dei benefici, la voce più consistente non è economica, ma sociale: il miglioramento del benessere psicologico dei partecipanti, stimato in quasi 80 milioni di euro. Si tratta di un valore che riflette la forte riduzione dei sintomi depressivi e dell’ansia osservata nel gruppo dei beneficiari, insieme a un aumento della soddisfazione personale. A questo si aggiunge il ritorno generato dall’aumento della partecipazione culturale: circa 16,9 milioni di euro, calcolati sulla disponibilità del pubblico a pagare per accedere ad attività artistiche e culturali. Anche i redditi degli artisti raccontano un cambiamento concreto: grazie al programma, gli introiti legati alla loro attività creativa sono cresciuti di oltre 500 euro al mese, mentre è diminuito di circa 280 euro il reddito proveniente da lavori esterni al settore. Una ridistribuzione che indica come il reddito di base stia funzionando esattamente come previsto: liberare tempo, energie e risorse economiche per l’arte. In sintesi, per ogni euro investito, il programma ha restituito alla società tra 1,31 e 1,75 euro nell’arco dei tre anni, con una media di 1,39 euro. In altre parole: il reddito di base per gli artisti non solo rientra dei costi sostenuti, ma produce valore aggiunto. A favore del reddito per gli artisti A sostegno del progetto non ci sono soltanto i benefici economici e sociali: c’è soprattutto un ampio consenso pubblico. Un questionario diffuso dal ministero della Cultura ha raccolto oltre 17mila risposte, tra cittadini e artisti non beneficiari del programma: il 97% chiede che il reddito di base per gli artisti diventi permanente, a conferma di come il reddito di base per artisti non sia percepito come un privilegio per pochi, ma come un investimento collettivo nella produzione culturale del Paese. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Opinioni diverse emergono invece sulla selezioni del beneficiari: quasi la metà dei rispondenti ritiene che i fondi dovrebbero andare a chi ne ha più bisogno dal punto di vista economico. Il 37,5% preferisce criteri basati sul merito o sul percorso artistico, mentre il 14% continua a selezione casuale . Anche sull’importo del sussidio si articolano posizioni differenti: se più della metà dei rispondenti ritiene adeguati i 325 euro settimanali, mentre il 44% li considera insufficienti.

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Roberta Cavaglià