Cosa ci dicono i dati sulla povertà percepita in Europa

Un recente rapporto di Eurostat mostra che nel 2024 il 17,4% della popolazione dell’Unione europea si considerava “soggettivamente povera”, ovvero viveva con la percezione di non riuscire a far fronte adeguatamente alle spese quotidiane. Si tratta di un netto miglioramento sia rispetto all’anno precedente che a dieci anni fa, quando la quota era rispettivamente del 19,1% e del 27,1%. Diseguaglianze Tuttavia, dietro questa media europea si nascondono forti disparità, soprattutto fra i Paesi dell’area nord-occidentale e quella sud-orientale del continente. La Grecia mostra una situazione particolarmente drammatica, con i due terzi dei cittadini che si percepiscono poveri, seguita da Bulgaria , Slovacchia , Romania e Lettonia . All’opposto, nei Paesi Bassi e in Germania solo il 7,3% delle persone si ritiene in difficoltà economica, e la percentuale è inferiore al 10% anche in Lussemburgo , Finlandia , Estonia e Svezia . In Italia il tasso di “soggettivamente poveri” ammonta al 18,7%, poco più di un punto superiore alla media Ue. Nel giro degli ultimi dieci anni la percezione di povertà nel nostro Paese è diminuita però molto più drasticamente rispetto al dato europeo, passando dal 37,9% del 2015 alla quota attuale. Un calo di quasi venti punti percentuali, che dimostra come il periodo successivo alla Grande recessione sia stato particolarmente difficile, ma la situazione sia migliorata negli anni a venire. Miglioramento su tutta la linea La riduzione della povertà soggettiva osservata da Eurostat tra il 2023 e il 2024 riguarda tutte le fasce d’età. È stata più marcata fra gli europei adulti in età lavorativa , tra i quali è cala di 1,8 punti percentuali, mentre leggermente inferiore tra i giovani under 18 e gli anziani over 65 . Tuttavia, i giovani sotto i 18 anni restano il gruppo con la percezione di disagio economico più forte , mentre gli anziani sopra i 65 anni la fascia d’età con quella migliore . Cos’è la povertà soggettiva Come accennato, il concetto di “povertà soggettiva”, introdotto tra le misurazioni di Eurostat solo una decina di anni fa, non misura la povertà in termini di reddito o di beni materiali posseduti, ma attraverso la percezione che le famiglie hanno della propria condizione economica, ossia la loro capacità di “arrivare a fine mese”. Il dato deriva infatti da una domanda specifica del sondaggio EU-SILC in cui gli intervistati devono indicare se riescono a far fronte alle spese “con grande difficoltà”, “con difficoltà”, “con qualche difficoltà”, “abbastanza facilmente”, “facilmente” o “molto facilmente”. Sono considerati soggettivamente poveri coloro che rispondono di vivere “con grande difficoltà” o “con difficoltà”. In questo senso, la povertà soggettiva coglie un aspetto più psicologico e immediato rispetto agli indicatori classici come il rischio di povertà relativa o la deprivazione materiale grave.

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Cosa ci dicono i dati sulla povertà percepita in Europa

Gianluca De Feo