Cosa manca all’accordo tra Trump e Xi Jinping

Una delle più classiche tattiche di mediazione è quella di rompere con violenza ogni trattativa, far saltare il banco, così da rendere chiaro al proprio interlocutore che non si ha paura di un fallimento. Poi, una volta reso esplicito questo sottotesto, si possono riprendere le trattative e arrivare a una mediazione. Donald Trump, in questo tipo di trattativa spericolata, è un maestro. Ma a Busan, in Corea del Sud, sembra aver trovato pane per i suoi denti. E così, dopo anni di durissimo confronto commerciale, tra dazi e restrizioni reciproche, tra Cina e Stati Uniti la pace sembra cosa fatta e una stretta di mano sembra aver scacciato le nubi. Da un lato gli USA ridurranno - seppur in modo molto limitato - i dazi sulle merci cinesi e consentiranno l’arrivo dei semiconduttori in Cina e sospenderanno le imposte speciali per le navi cinesi. In cambio, Pechino si è impegnata a contrastare il traffico di Fentayl, a non ridurre gli acquisti di soia americana e soprattutto a non interrompere, almeno per un altro anno, le forniture di terre rare agli USA e alla loro industria. Sembrerebbe un buon accordo, ottimo, anzi, per come lo ha definito Donald Trump dicendo che su una scala da 1 a 10 gli avrebbe dato 12. Ma in realtà, benché sia certamente vero che la stretta di mano di queste ore scaccia le nubi che da tempo offuscavano il cielo commerciale di Stati Uniti e Cina, è anche vero che l’intesa appare fragile e parziale. Fragile perché si concentra sulla sostanza. Ma trascura del tutto i dettagli, i tempi, i modi. Così, come fa notare Economist: “I termini dell'accordo sono temporanei: esplicitamente, nel senso che molti dei termini di questo accordo saranno rivisti tra un anno; ma anche implicitamente, perché Trump ritiene di poter imporre un dazio o una barriera non tariffaria in qualsiasi momento e su quasi ogni questione”. Una vaghezza, e una conseguente reciproca libertà di manovra che fa somigliare questo accordo più a una “fase” del complicato negoziato tra i due Paesi che a una reale soluzione e riappacificazione. Nella stessa direzione va anche il fatto che molti temi non sono stati trattati. Temi che forse sfuggono alla “sostanza” perseguita da Trump, ma che non sarebbe del tutto corretto derubricare a “dettagli”. Per esempio sembra non si sia discusso della sorte della piattaforma Tik Tok. Gli Stati Uniti sono intenzionati, infatti, a consentire al social dei video brevi di continuare a operare nel loro Paese solo a patto che ci sia un cambio di proprietà, e che questa non faccia più capo al gigante cinese ByteDance. Pechino, dal canto suo, non sembra dello stesso avviso. Ma su questo fronte niente sembra essersi mosso: “Il Ministero del Commercio cinese - scrive New York Times- ha menzionato di sfuggita la piattaforma di social media, affermando che i due Paesi avevano in programma di "risolvere adeguatamente i problemi" relativi a TikTok, senza fornire ulteriori dettagli. Trump non ha menzionato l'azienda nel suo intervento”. Allo stesso modo risulta che si sia parlato solo di sfuggita della guerra in Ucraina. La posizione di Trump in merito è chiara da tempo . Quella cinese lo è meno. Si sa che Pechino sostiene indirettamente Mosca, ma si sa anche che Xi ha fatto una specie di regola di vita e di governo il non intromettersi nelle questioni di altri stati. Sulla base di queste reciproche divergenze sembra che i due siano addivenuti a un vago accordo per "cercare di raggiungere la pace", ma poco altro. Infine, e questa è una questione particolarmente nevralgica, sembra che Trump e Xi si siano tenuti a debita distanza dal tema Taiwan: l’isola è uno strettissimo alleato di Washington, ma d’altra parte è da decenni al centro di una contesa enorme con Pechino, che la considera suo territorio e che, non è un segreto, ne medita l’annessione. Così, per non dover decidere, o per evitare un tema che avrebbe potuto far saltare qualunque altro accordo, i due leader hanno evitato l’argomento. Che però non cesserà di esistere. Esattamente come Tik Tok o il ruolo della Cina nella guerra in Ucraina. Tutte cose di cui nell’incontro non si è parlato, preferendo concentrarsi su soia, terre rare, dazi. La sostanza, dunque.

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Luciana Grosso