Il figlio dell’editore in carcere Jimmy Lai: "Solo Trump può liberarlo"

A quasi cinque anni dal suo arresto, l’editore del quotidiano Apple Daily Jimmy Lai resta in una cella di isolamento a Hong Kong. Simbolo della libertà di stampa e della resistenza civile pro-democrazia nell’ex colonia inglese, l’editore hongkonghese è oggi al centro di un processo per “sedizione e collusione con forze straniere” in base alla controversa Legge sulla Sicurezza Nazionale imposta dal governo di Pechino che ha messo in ginocchio Hong Kong, con un verdetto atteso entro fine anno. Suo figlio, Sebastien Lai, continua a battersi per la sua liberazione: lo abbiamo intervistato alla vigilia del bilaterale tra Donald Trump e Xi Jinping, che potrebbe riaccendere l’attenzione internazionale sul suo caso. Suo padre, Jimmy Lai, è diventato un simbolo globale della libertà di stampa e della resistenza di Hong Kong. Come vive, personalmente, il peso di questa eredità e la responsabilità di portare avanti la sua battaglia? Credo che mio padre sia diventato il simbolo della caduta di tutto quello che Hong Kong rappresentava e che la rendeva grande: il suo sistema legale, l’applicazione della legge e la libertà di stampa e di espressione. La comunità internazionale concorda sul fatto che non avrebbe dovuto nemmeno essere arrestato. Se ci pensate nei Paesi dove esistono davvero libertà e democrazia quello che lui ha fatto è considerato eroico: battersi nel nome della democrazia e rimanere a Hong Kong anche quando il tuo quotidiano è preso di mira, servendo così da parafulmine per tutti gli altri impegnati in questa lotta. Quello che ha fatto mio padre è davvero eroico e invece a Hong Kong è stato punito per questo. Il mio obiettivo quindi è di liberarlo e far sì che non muoia da solo in una cella. In che condizioni di salute si trova Jimmy Lai al momento? Purtroppo, sta peggiorando di giorno in giorno. È stato tenuto in isolamento negli ultimi cinque anni. Come saprete l’isolamento dopo quindici giorni è considerato “isolamento prolungato”, mentre lui si trova in una cella da solo da ben 1760 giorni. Alla fine di quest’anno mio padre compirà 78 anni. Sono sicuro che ciascuno di voi conosca qualcuno che ha tra i 70 e gli 80 anni, quindi capirete bene che cosa significa per una persona di quell’età essere rinchiusa in una cella in un carcere di massima sicurezza con quattro mura di cemento, senza vedere la luce, senza vedere nessuno per cinque anni, non è solo tortura, è qualcosa che ti spezza il cuore. Non riceve assistenza medica? Quello che so è che il suo corpo lo sta abbandonando, non so davvero dire quanto tempo potrà resistere in queste condizioni. Posso dirvi che in quanto uomo di Fede cattolica, spiritualmente la sua mente è salda, sa di aver fatto la cosa giusta e la sua Fede gli dà molta forza, ma fisicamente non credo gli resti molto. In Cina la libertà di culto è spesso oggetto di discussione per via delle restrizioni verso alcune comunità religiose. Pensa che la fede cattolica di suo padre possa aver avuto un ruolo nel suo arresto? Non credo che il suo essere cattolico sia stato un elemento centrale nel suo arresto, ma è qualcosa che sicuramente viene riflesso nel modo in cui è trattato dalle autorità. Gli è finora stato negato di partecipare a funzioni religiose e di prendere l’eucarestia. Non gli è consentito pregare o andare a messa. Sono tutti elementi che psicologicamente hanno un impatto, che cercano di comunicargli che a nessuno importa di lui, che quello che ha fatto è stato per nulla, mentre non è affatto così. Sono tattiche per piegarlo e io sono molto preoccupato. Passiamo all’attualità. Il presidente statunitense Donald Trump incontrerà Xi Jinping nella giornata di domani e ha dichiarato che insisterà per ottenere il rilascio di suo padre. Crede davvero che questo bilaterale avrà un impatto positivo? Assolutamente sì. Siamo incredibilmente grati al presidente Trump perché si è interessato al caso di mio padre, ha detto che cercherà di liberarlo. A questo punto si tratta proprio di salvargli la vita. Ormai mio padre ha la sua età, non so quanto gli resti se rimarrà in una cella di sicurezza. Quindi si tratta davvero di salvargli la vita e se c’è qualcuno che può farlo è Trump. Trump ha liberato tantissime persone da quando è in carica, tanto che in molti lo chiamano “liberatore in capo”. Si è interessato al caso di mio padre e questo mi ha dato grande speranza che riuscirà a convincere il presidente cinese Xi Jinping a liberare mio padre. Lei ha portato la storia di suo padre in giro per il mondo. Quali Paesi hanno davvero ascoltato e dimostrato un impegno sincero nella difesa dei diritti umani a Hong Kong, e quali invece hanno voltato le spalle? Siamo incredibilmente grati per il supporto ricevuto fin qui, soprattutto dagli Stati Uniti, il Regno Unito, Canada, il Parlamento europeo e le Nazioni Unite. Sicuramente sarebbe bello se anche altri Paesi che credono nei valori per cui si è battuto mio padre si facessero avanti. Sarebbe fantastico se le loro azioni riflettessero i valori di libertà e democrazia e si unissero al coro di chi chiede di liberare mio padre. L’Unione europea si trova spesso a dover bilanciare la necessità di dialogare con la Cina da un punto di vista soprattutto commerciale e quello di sostenere il rispetto dei diritti umani nel mondo. Trova che l’Ue stia facendo abbastanza in questo senso se si guarda a Hong Kong? Trovo che l’idea che i diritti umani e il commercio viaggino su due binari separati sia sbagliata. Quello che rende l’Unione europea forte è proprio il fatto che ha dei valori su cui si fonda e la libertà individuale è uno di questi. Pensare che un Paese ci possa trattare meglio sul fronte commerciale solo perché ignoriamo e proviamo a non parlare di diritti umani è incredibilmente errata. Quello di mio padre è un caso che riguarda chiunque creda nella libertà di espressione e nella libertà di stampa. Spero davvero che si possa fare di più per la liberazione di mio padre ma sono grato a tutti i membri del Parlamento europeo che si sono spesi per lui. Spero che il caso di mio padre serva all’Ue per capire che si può fare la cosa giusta anche quando si è sotto pressione da parte di altri Paesi. La libertà di parola e di stampa, non solo a Hong Kong ma in tutto il mondo, ha dovuto fare i conti con le nuove tecnologie e con governi sempre più autoritari al potere: ritiene che oggi sia sotto attacco? Credo che se non si lotta e non ci si impegna ogni volta che la libertà di stampa viene attaccata, per esempio come accaduto a Hong Kong dove hanno mandato 500 persone a fare irruzione nel giornale di mio padre e nelle abitazioni dei suoi colleghi. È qualcosa che tutti hanno visto e sono convinto che se ci facciamo scivolare addosso una cosa del genere tutti penseranno di poterla fare franca e che si può continuare ad attaccare i media e la libertà di stampa. Quello che è successo a Hong Kong ha avuto ripercussioni negative ovunque e quindi credo sia il momento che tutti i Paesi guardino a questa situazione anche sulla libertà di stampa e chiedano la scarcerazione di mio padre e di tutti gli altri prigionieri politici. Molti sostengono che, dopo le proteste del 2019, l'introduzione della Legge sulla sicurezza nazionale e le conseguenze del del movimento degli ombrelli, Hong Kong oggi sia, in ultima istanza, Cina. Mio padre credeva nella possibilità di una democrazia a Hong Kong secondo la formula “un Paese due sistemi”, dove il governo cinese rimaneva separato da quello autonomo di Hong Kong, ma oggi questa realtà non esiste più, perché tutte le libertà che erano associate a Hong Kong sono state infrante e violate. Se potesse rivolgere un appello diretto ai leader mondiali, e in particolare ai giovani, riguardo al caso di suo padre e al futuro della democrazia a Hong Kong, quale sarebbe il suo messaggio? Chiedete la liberazione di mio padre e di tutti i prigionieri politici. Aiutatemi a far sì che non muoia da solo in una cella. È un uomo che ha sacrificato tutto quello che aveva per la democrazia e per il diritto di potersi esprimere. È un uomo che non ha abbandonato i suoi colleghi anche quando avrebbe potuto lasciare Hong Kong e guardarne il disfacimento da lontano. È un uomo di cui tutti dovrebbero essere fieri e che rappresenta una storia di libertà che riguarda tutti noi.

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Lucrezia Goldin