Cosa cambia in Argentina dopo il trionfo di Milei al Congresso

Alle elezioni legislative di ieri in Argentina, il partito liberal-libertario La Libertad Avanza del presidente Javier Milei ha smentito i sondaggi e conquistato, contro ogni previsione, le elezioni di metà mandato. Una vittoria che, pur non garantendogli la maggioranza assoluta in Parlamento, lo rende prima forza politica del Paese e gli consente di esercitare un ruolo decisivo nella formazione delle alleanze e nell’attuazione della sua agenda di governo. È la prima volta che Milei si trova di fronte a un Congresso politicamente uniforme, dopo una legislatura in cui il suo partito contava appena 37 deputati e 6 senatori. Trionfo a sorpresa La vittoria a queste elezioni legislative non solo è arrivata a sorpresa, ma è stata anche ampia, con un margine di circa 10 punti. Di conseguenza, nella nuova aula, La Libertad Avanza esprimerà 64 deputati su 257 e 26 senatori su 72. Questa condizione di inedita forza legislativa, però, si colloca in un periodo di particolare difficoltà dell’economia e della politica argentina. In primo luogo perché, nonostante il risultato elettorale, non è chiaro quanto effettiva sia la presa del presidente sul Paese, la cui popolarità è ai minimi storici e che a sancire questa vittoria è stata una fetta molto piccola di elettorato: appena 68% . Poi perché l’orizzonte economico del Paese non è roseo: “Il governo -scrive Economist-ha urgente bisogno di accumulare riserve estere per ripagare almeno 18 miliardi di dollari del suo debito in scadenza nel 2026, e il solo fatto di acquistare dollari indebolirebbe solitamente il peso. Inoltre, molti economisti ritengono che il peso sia sopravvalutato rispetto ai fondamentali dell'economia argentina”. Difficoltà economiche e debito pubblico Il problema dell’economia argentina è, ormai da decenni, quello di una enorme spesa pubblica e di un’altrettanto enorme debito pubblico . Al debito, poi, si è aggiunta una pesantissima inflazione . A tutti questi problemi, Milei, fin dalla sua campagna presidenziale, aveva promesso di porre rimedio con una drastica ricetta ‘anarco liberale’, ossia con la convinzione che lo Stato non dovesse interferire per nulla nelle questioni economiche, lasciando che fosse il mercato, con la sua mano invisibile, a regolare tutto. Le politiche di Milei Nel primo anno del suo mandato, la ricetta draconiana di Milei ha dato i suoi frutti: una serie di tagli e di riduzioni di spesa hanno portato l’inflazione sotto controllo e il bilancio pubblico per la prima volta dopo anni a vedere un piccolo surplus. Il problema però è che questa rimessa in asse finanziaria, nel medio periodo, ha preso a mostrare la corda. E soprattutto non è stata in grado di lenire i problemi di miseria del Paese, che anzi, ha peggiorato. “L'Argentina- scrive un report di Council on Foreign Relations- è alle prese con la crescente povertà e un fiorente mercato valutario informale. Inoltre la rapida riduzione della spesa pubblica ha vanificato gli investimenti nelle infrastrutture, con conseguente calo del settore edile. L’amministrazione è stata lenta nel ricostituire le riserve argentine e il tasso di cambio ha portato all'aumento del valore del peso. Il successo fiscale dell'Argentina è stato premiato con un nuovo pacchetto di prestiti del FMI nell'aprile 2025, che ha fornito a Buenos Aires un afflusso immediato di 12 miliardi di dollari. Tuttavia, questi fondi non hanno catalizzato un'inversione di tendenza nella bilancia dei pagamenti argentina, poiché il Paese ha continuato ad attingere alle sue riserve e ha sviluppato un deficit delle partite correnti”. Tutto questo ha portato, nel corso del 2025, a una ennesima turbolenza finanziaria e alla ennesima fuga degli investitori, con il risultato che Milei ha dovuto chiedere aiuto, in forma di un debito da 20 miliardi di dollari, agli Stati Uniti. Cosa cambia adesso Così, in questo quadro, in molti pensavano che le urne avrebbero voltato le spalle a Milei, preferendogli l’opposizione peronista di Fuerza Patria. Le cose però sono andate diversamente e il voto ha promosso Milei e la sua agenda turbo liberista. Un risultato che da un lato conferma quanto debole fosse la proposta dei peronisti, ossessionati dall’idea di fermare Milei ma privi di un’agenda credibile, dall’altro pone di fronte al presidente uno scenario inedito, di grande potere ma anche - si parva licet - di grande responsabilità. Da un lato ora il Presidente non ha più ostacoli alla sua agenda, e ha la grande occasione di dimostrare quanto e come il suo ‘metodo’ funzioni. Dall’altro però non potrà più nascondersi dietro le difficoltà politiche e di maggioranza e dovrà fare in modo che la fiducia che gli elettori gli hanno rinnovato venga ripagata, con aumenti di salari e dell’occupazione. Tutte cose per fare le quali occorrono misure di stimolo pubblico. Che però il governo argentino non ha nè la possibilità, nè la volontà di dare.

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Luciana Grosso