La politica di Trump sull'inflazione non convince gli statunitensi

Nonostante negli ultimi mesi l’inflazione si sia attenuata negli Stati Uniti così come nel resto del mondo occidentale, il costo della vita resta una delle principali preoccupazioni dell’elettorato americano. I sondaggi settimanali di YouGov e dell’Economist sul sentimento popolare mostrano infatti che il costo della vita è oggi come un anno fa la questione che più impensierisce gli americani: circa uno su cinque la considera il problema più grave. Si tratta di percentuali rimaste sostanzialmente invariate rispetto agli anni dell’amministrazione Biden e paragonabili ai livelli massimi di preoccupazione raggiunti durante la spirale inflazionistica post pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina. Qualche giorno fa, il Bureau of Labor Statistics ha anche pubblicato nuovi dati che indicano un forte aumento a luglio del Producer Price Index, cioè l’indice che misura i prezzi all’ingrosso pagati dalle imprese prima che vengano scaricati sui consumatori. Ciò significa che presto l’inflazione potrebbe tornare a crescere, anche e soprattutto a causa dei dazi di Trump sulle importazioni dall'estero. Chi di inflazione ferisce, di inflazione perisce Proprio l’inflazione era stata una delle principali ragioni che nel novembre scorso avevano spinto parte dell’elettorato ad abbandonare Joe Biden e a scegliere Donald Trump, il quale in campagna elettorale aveva promesso di ridurre i prezzi non appena messo piede alla Casa Bianca. Ma, come abbiamo visto, la preoccupazione nei confronti dell’inflazione non è affatto rientrata, e così, il costo della vita si sta trasformando in una grave vulnerabilità anche per l’attuale presidente: i sondaggi sul suo operato evidenziano infatti un giudizio ampiamente negativo. Sia l’aggregatore di sondaggi curato da Nate Silver – noto sondaggista statunitense e fondatore di FiveThirtyEight – sia quello realizzato da George Elliott Morris – già direttore editoriale della stessa testata – confermano che l’aumento dei prezzi rappresenta il principale punto debole di Trump. Entrambi gli indicatori stimano infatti un tasso di approvazione pari a -25,5 punti percentuali per quanto riguarda la gestione dell’inflazione: in altre parole, la quota di chi la giudica negativamente supera di 25,5 punti quella di chi la valuta positivamente. Si tratta del il minimo storico da febbraio in poi e di una percentuale nettamente più negativa rispetto alle altre questioni. Secondo Nate Silver, infatti, il saldo sull’inflazione è ben peggiore di quello relativo al commercio , all’economia nel suo complesso e all’immigrazione . La media dei sondaggi elaborata da George Elliott Morris mostra un quadro simile, con valutazioni meno sfavorevoli su commercio , lavoro ed economia e immigrazione . Nel complesso, queste percentuali si traducono in un tasso di approvazione complessivo dell’operato di Trump pari a -8,3 punti percentuali secondo Silver e a -12 punti secondo Morris. Il dato che emerge è chiaro: Trump non è riuscito a risolvere il problema dei prezzi e rischia di subirne le conseguenze proprio come accadde a Biden nella seconda parte del suo mandato. Se la situazione non dovesse cambiare, infatti, l’inflazione potrebbe trasformarsi in un ostacolo ancora più grave per l’amministrazione repubblicana, capace di erodere ulteriore consenso e metterne a rischio la stabilità politica – come, in parte, sta già accadendo.

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Gianluca De Feo