A Londra l’Europa blinda l’Ucraina: come è andato il summit

L’Europa vuole concentrarsi sulla sicurezza collettiva del continente senza cercare prematuri strappi con gli Usa ed iniziare con la ricerca di una propria via per porre fine alla guerra russo-ucraina. Il summit di Londra di domenica, ospitato a Lancaster House dal primo ministro Keir Starmer, ha mostrato che i Paesi del Vecchio Continente non intendono accelerare sul distacco da Washington ma bensì prendere atto del fatto che la garanzia dell’Europa non è più tra le priorità degli Usa dell’amministrazione Trump e agire di conseguenza, a partire dall’Ucraina. L’idea è che il sostegno a Kiev e al presidente Volodymyr Zelensky possa essere il banco di prova per una presa di responsabilità collettiva dell’Europa. Ne sono convinti tutti i maggiori leader che hanno partecipato al summit. Secondo Starmer siamo a un “bivio della storia” ed appare fondamentale far sentire una “voce europea” nella trattativa sull’Ucraina che Usa e Russia stanno per ora conducendo autonomamente. Assieme al presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro britannico ha proposto un piano per una tregua di un mese tra Ucraina e Russia teso a stabilizzare una pace duratura. I due leader hanno aggiunto che “solo in un secondo momento si potrà parlare di garantire l’eventuale presenza di truppe europee” per far rispettare il cessate il fuoco e che nel frattempo sarà necessario fornire tutto il massimo sostegno a Kiev. L’Europa sostiene Kiev e alza le spese militari Il Guardian ricorda che Londra, ormai investita del ruolo di prima sostenitrice militare di Kiev, sta già facendo la sua parte: Starmer “ha annunciato i dettagli di un nuovo contratto di finanziamento delle esportazioni del Regno Unito da 1,6 miliardi di sterline per l'Ucraina, che le consentirà di "acquistare più di 5mila missili per la difesa aerea” e “ha anche confermato i piani per formare una coalizione di volenterosi per far rispettare un potenziale accordo di pace”. A questo si aggiunge una spinta crescente dell’Europa intera per il rafforzamento delle spese militari. Il Regno Unito ha già annunciato l’aumento della spesa dal 2,3 al 2,5% del Pil, attingendo ai fondi per la cooperazione internazionale. Macron ha indicato il 3%, o potenzialmente addirittura il 3,5%, come obiettivo per la Francia entro fine decennio. Mark Rutte , segretario generale della Nato, ha dichiarato che “diversi paesi dell’Alleanza Atlantica hanno segnalato i loro piani per aumentare la spesa per la difesa che annunceranno nelle prossime settimane”. Londra chiama Bruxelles La più combattiva è parsa la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che ha riaffermato il suo impegno a “riarmare urgentemente l’Europa” e fare tutto il possibile per “trasformare al più presto l’Ucraina in un porcospino d’acciaio inscalfibile dai potenziali invasori”. E proprio la politica tedesca sarà chiamata a far convergere le strategie dei vari Paesi in un’agenda dell’Unione Europea in grado di coordinarsi con i partner atlantici, a partire dal Regno Unito, per garantire la sicurezza dell’Europa. La consapevolezza è che il summit di giovedì di Bruxelles sarà complemento e necessaria continuazione del dialogo di Londra per capire quanto le strutture dell’Ue siano pronte ad adattarsi per un’epoca di sostenuto rafforzamento della spesa militare. Il primo ministro polacco Donald Tusk ha collegato i due summit ricordando che l’Ue giovedì dovrà “inviare un impulso molto chiaro, mostrando a Vladimir Putin e alla Russia che nessuno qui, in Occidente, intende arrendersi al suo ricatto e alla sua aggressione". L’ex presidente del Consiglio Europeo sostiene il debito comune per la Difesa, il rafforzamento della spesa in programmi aperti a tutta l’Ue, lo scorporo delle spese per il riarmo dal deficit nel Patto di Stabilità ma anche, se non soprattutto, la volontà di rendere complementare la pista comunitaria e quella atlantica. In questo, Tusk è allineato con la premier italiana Giorgia Meloni, che sta lavorando perché il rafforzamento della gamba europea dell’alleanza occidentale non si trasformi in rottura con gli Usa dopo le mosse improvvide del presidente Donald Trump. La consapevolezza comune, in ogni caso, è che per la sicurezza l’Europa debba fare il suo e abituarsi a un mondo competitivo e problematico, in cui sempre di più c’è la prospettiva di trovarsi, in futuro, a dover contare unicamente sulle proprie forze. Un cambio di paradigma pressoché completo rispetto alla realtà conosciuta dal 1945 a oggi.

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