La Groenlandia al voto, tra sogni d’indipendenza e lo spettro di Trump

Tra le ambizioni degli Stati Uniti del neopresidente Donald Trump di annettere la Groenlandia per estendere il loro controllo sul Nord Atlantico fino all’Artico e la piccata reazione della Danimarca che ha espresso chiaramente la contrarietà a cedere il suo territorio, i groenlandesi avranno l’occasione di esprimere la propria voce. Con la convocazione delle elezioni Egede, che guida il partito socialdemocratico e separatista Inuit Ataqatigiit, intende affermare due principi: da un lato, che Nuuk è desiderosa di affermare la sua volontà di esercitare l’autogoverno sulle questioni interne che l’accordo di associazione al regno di Danimarca del 1979 garantisce; dall’altro, che il movimento indipendentista è attivo e non esclude di rimettere sul tavolo la questione della secessione dal regno. Un corollario a questi principi è il fatto che nella politica groenlandese non c’è spazio per alcun consenso verso le velleità di Trump di annettere l’ex colonia di Copenaghen, che peraltro sono bocciate ad ampissima maggioranza della popolazione locale La società di ricerche Verian ha condotto per il quotidiano nazionale Sermitsiaq in Groenlandia e per il Berlingske in Danimarca un sondaggio sui cittadini dell’isola più grande del mondo, rilevando che l’85% della popolazione respinge l’ipotesi dell’unione con gli Stati Uniti. Riaffermare la democrazia Secondo la presidente dell’Ong Inuit Circumpolar Council, Sara Olsvig, il voto può dimostrare che “è la gente della Groenlandia a controllare il futuro e il destino della nostra nazione” in un contesto in cui “stiamo assistendo a un interesse per la nostra nazione in un modo mai visto prima, e dovremmo essere tutti costantemente consapevoli dei possibili tentativi stranieri di influenzare noi e le nostre scelte come popolo". In questo contesto le aspirazioni di Egede sono state condivise da alleati e avversari politici. Tutti e 31 i membri del Parlamento di Nuuk, che verrà rinnovato con sistema proporzionale, hanno approvato lo scioglimento delle camere in anticipo sulla fine della legislatura prevista per aprile e il pronto ritorno alle urne. I 60mila abitanti della Groenlandia voteranno dopo una campagna elettorale di circa un mese in cui i temi forti, nota High North News, saranno “le aspirazioni all'indipendenza della Groenlandia e i rapporti con la Danimarca e gli Stati Uniti, nonché la fragile economia che dipende dalla pesca e dalle sovvenzioni danesi”. Ad oggi, il partito di Egede controlla 12 seggi su 31 e governa in coalizione con il Siumut, formazione progressista che ha guidato la Groenlandia dal 1979 al 2009 e dal 2013 al 2021 e ha un approccio più sfumato sull’indipendenza del territorio: appoggio all’idea, altissima cautela sulle modalità con cui arrivarci. Per Egede, invece, l’indipendenza è un obiettivo da realizzare celermente e le ambizioni statunitensi sulla Groenlandia possono catalizzare l’attenzione dei cittadini e risvegliare l’orgoglio nazionale. "Non vogliamo essere danesi. Non vogliamo essere americani. Vogliamo essere groenlandesi", ha affermato il primo ministro parlando in conferenza stampa nei giorni scorsi. Da costituzione, la Groenlandia può chiedere un referendum per la secessione dalla Danimarca, Stato a cui è associata e che ne cura la politica estera e di sicurezza, con un voto favorevole del Parlamento. Un percorso incerto Inuit Ataqatigiit mira alla maggioranza assoluta o a spingere gli altri partiti sulla medesima posizione per innescare il meccanismo indipendentista che, secondo i vertici del partito, può anche prevenire le mire statunitensi istituzionalizzando la piena statualità della Groenlandia. Gli ultimi sondaggi in materia risalgono al 2019 e dicono che allora il 69,5% dei cittadini sosteneva, in linea teorica, l’indipendenza ma anche che il 78% dei groenlandesi vi si opporrebbero se questo imponesse standard di vita peggiori. Il vero punto di caduta per il territorio danese nel Nord sta proprio nel contrasto tra le ambizioni indipendentiste e il fatto che senza i sussidi danesi i promotori della secessione, in larga parte ecologisti e contrari allo sfruttamento minerario dell’isola, potrebbero essere costretti ad aprire le enormi risorse della Groenlandia alle compagnie straniere. Ma anche su questo, in ultima istanza, saranno sovrane le decisioni del popolo groenlandese, non quelle di attori esterni. Ed è questo principio che il primo ministro mira a far emergere.

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