Conferenza di Monaco: le lezioni del passato e l’incertezza del futuro

La Conferenza sulla Sicurezza di Monaco prende il via e ha al centro, inevitabilmente, l’Ucraina e le mosse dell’amministrazione Trump, pronta ad aprire colloqui diretti con la Russia di Vladimir Putin scavalcando i partner europei e lo stesso presidente Volodymyr Zelensky. Da oggi fino a domenica leader politici e militari, studiosi di dinamiche securitarie e manager di grandi aziende multinazionali discuteranno di importanti dinamiche geopolitiche nel tradizionale appuntamento annuale organizzato nel capoluogo bavarese presso l’Hotel Bayerischer Hof dal 1963. Monaco è stata evocata più volte in questi giorni in seguito alla telefonata Putin-Trump di mercoledì: a molti infatti è tornato in mente il vertice nella città bavarese in cui, nel 1938, Regno Unito, Francia, Germania e Italia decisero a tavolino il futuro della Cecoslovacchia. L’appeasement favorì l’aggressività nazista esattamente come - sostengono diversi critici - potrebbe fare l’apertura di Trump nei confronti di Mosca a spese di Kiev e dell’Europa. La Conferenza è anche il teatro in cui nel 2007 Putin pronunciò un durissimo discorso criticando l’unipolarismo americano e l’espansione a Est della Nato, rivendicando garanzie di sicurezza per Mosca e avviando quell’allontanamento dall’Occidente culminato nell’invasione dell’Ucraina prima nel 2014 e poi nel 2022. Ora, Monaco diventa il banco di prova per trasformare in agenda politica l’intenzione palesata da Trump e Putin. E non a caso al centro dei colloqui ci sarà l’incontro odierno tra Zelensky e il vicepresidente americano J.D. Vance, convinto fautore della necessità di porre fine al conflitto. L’ex senatore dell’Ohio ha parlato al Wall Street Journal alla vigilia del summit, mettendo in chiaro che Washington non intende dare carta bianca a Putin: Vance ha sottolineato che “se il presidente Putin non accetterà un accordo di pace con l'Ucraina che garantisca la sua indipendenza a lungo termine, gli Usa potranno ricorrere a sanzioni e azioni militari”, dichiarandosi però fiducioso del buon esito delle trattative. La sicurezza in bilico dell’Europa Inoltre, alla vigilia del summit Vance ha ribadito quanto affermato mercoledì dal segretario alla Difesa Pete Hegseth, chiedendo agli alleati europei un ruolo più attivo nelle spese militari: “vogliamo assicurarci che la Nato sia effettivamente costruita per il futuro, e pensiamo che una parte importante sia garantire che l’Alleanza veda un po' più di condivisione degli oneri in Europa, così gli Stati Uniti potranno concentrarsi sulle sfide nell'Asia orientale". Uno scenario securitario chiaro, che sarà discusso dai leader che giungeranno alla Conferenza di Monaco. Tra questi, da segnalare la presenza della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che rappresenterà Bruxelles assieme al commissario alla Difesa Andrius Kubilius e all'alto rappresentante per gli affari esteri dell'UE Kaja Kallas, del segretario generale della Nato Mark Rutte e dei ministri degli Esteri di Canada, Italia e Regno Unito, Melanie Joly, Antonio Tajani e David Lammy. Gli europei arrivano a Monaco incerti tra i timori per il disimpegno americano, i dubbi sulla fattibilità del sostegno a Kiev in caso di ritiro di Washington e la percezione di una persistente minaccia russa. Kallas ha detto che “non ci può essere pace senza l’Ucraina e l’Europa”, mentre nella giornata di mercoledì i servizi segreti danesi hanno pubblicato un report riguardante la possibilità di un attacco di Mosca a un Paese europeo membro della Nato nel 2026. Inoltre, gli otto Stati che partecipano alla missione di monitoraggio Baltic Sentry contro le minacce ibride russe e i presunti attacchi alle infrastrutture sottomarine, che saranno oggetto di un panel a Monaco, hanno messo in guardia circa la ricerca di soluzioni frettolose al conflitto: ”l'esito della guerra avrà effetti fondamentali e duraturi sulla sicurezza europea e transatlantica” hanno dichiarato i governi di Danimarca, Estonia, Finlandia, Islanda, Lettonia, Lituania, Norvegia e Svezia in una nota congiunta affermando che l’obiettivo comune è far sì che “l’Ucraina sia in grado di prevalere contro l’aggressione della Russia, per garantire una pace giusta e duratura”. La scossa di Macron Per il presidente francese Emmanuel Macron consentire una "pace paragonabile a una capitolazione" sarebbe una "cattiva notizia per tutti", compresi gli Stati Uniti. Il leader di Parigi ha parlato al Financial Times nella giornata di ieri e proprio le sue parole appaiono una possibile linea d’indirizzo su possibili riflessioni strategiche sul futuro dell’Europa. Il tema centrale, per Macron, è la necessità per l’Europa di confrontarsi con l’unilateralismo americano che, ha ricordato, non nasce con Trump: "L'unilateralismo degli Stati Uniti non è iniziato con il ritorno al potere di Trump", ha notato Macron parlando con il Ft, sottolineando di "non aver ricevuto una chiamata da Joe Biden quando è nato l'accordo Aukus con Australia e Regno Unito o quando è stato deciso il ritiro dall'Afghanistan". Trump non ha fatto altro che esplicitarlo nei fatti. Definendo un "elettroshock" l'effetto dell'elezione del presidente americano, ha ricordato che "quello che Trump sta dicendo all'Europa è che tocca a lei portare il fardello. E io dico, tocca a noi assumercelo". Il cuore del dibattito sta tutto qui: sarà l’Europa capace di elaborare e mettere in atto un vero pensiero strategico? Ad oggi, domina l’incertezza. Ma una riflessione in materia sarà inevitabile. Di fronte a un’Ue frammentata e in crisi di leadership, i dubbi sono tutti sulla capacità del Vecchio Continente di prendere le misure di un mondo che è cambiato e in cui nemmeno la sicurezza e il rapporto privilegiato con gli Usa possano essere dati per scontati. Tra i ricordi della Monaco del 1938 e le ricadute di quella del 2007, potrà essere la conferenza del 2025 a segnare per l’Europa l’inizio di un vero risveglio geopolitico?

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