Dieci anni da Charlie Hebdo, l’eredità dell’attentato

L’11 gennaio 2015 4 milioni di francesi scesero in strada per mostrarsi uniti contro il terrorismo al grido di #JeSuisCharlie: quel terrorismo che - tra il 7 e il 9 gennaio - aveva ucciso 12 persone nella redazione di Charlie Hebdo, un poliziotto e quattro clienti di un supermercato casher. In quanti saranno presenti alla serata organizzata il 9 gennaio 2025 dal giornale e dal Crif, l’ente che rappresenta le istituzioni ebraiche in Francia? Una serata intitolata “Nous sommes la République” , dedicata alla lotta “per la libertà d’espressione e la laicità, contro l’antisemitismo e l’islamismo”, e che si annuncia più divisiva della protesta di piazza di dieci anni fa. La Francia "è ancora Charlie"? In vista dell’anniversario del 7 gennaio, la rivista Charlie Hebdo prepara un numero speciale con 32 pagine di caricature a tema religioso e un sondaggio che risponda alla domanda "La Francia è ancora Charlie?". Per conoscerne i risultati dovremo attendere ancora qualche giorno, ma in questo decennio il Paese è cambiato e temi come la libertà d’espressione e la laicità dividono l’opinione pubblica. Laicità e libertà di stampa in Francia Un sondaggio diffuso dall’Istituto Jean Jaurès a marzo 2024 segnalava la disaffezione crescente delle nuove generazioni nei confronti della laicità, rispetto a quelle precedenti. Un altro studio dell’istituto di sondaggi francese Ifop a primavera 2023 indicava un 70% della popolazione preoccupato per il futuro della laicità, vista come “minacciata”. Secondo Laurent Bihl, specialista di satira presso l’Università Sorbona di Parigi intervistato dall’AFP, in questi dieci anni anche il mestiere dei vignettisti è cambiato. “Non combattiamo più contro la censura dall’alto, quanto contro l’indifferenza generale”, dice Bihl, “facendoci strada in un mondo sempre meno tollerante nei confronti della satira e dominato dalla paura di ritorsioni, rese più probabili dall’amplificazione social”. Inevitabile pensare al caso del professore Samuel Paty, decapitato da un terrorista nel 2020 dopo una campagna d’odio e calunnie a suo danno alimentata online. “Una situazione sottovalutata dalla classe politica francese, che non considera seriamente l’ampiezza della minaccia islamista”, secondo l’ex caporedattore di Charlie Hebdo Éric Delbecque, intervistato da Le Figaro. La proposta di abrogare il reato di "apologia di terrorismo" Un’altra prova del cambiamento in corso è la proposta di legge presentata a novembre 2024 dalla sinistra radicale, la France Insoumise. Il partito milita per l’abrogazione del reato di “apologia di terrorismo” dal Codice penale francese. Secondo i promotori, un modo per tutelare ulteriormente la libertà d’espressione ai tempi dei social. Una proposta definita “ignobile” e “vergognosa” dall’altra parte dello spettro politico, che vi ha visto solamente il tentativo del partito estremista di difendere i propri iscritti dalle accuse di “apologia di terrorismo” ricevute in seguito ad alcune dichiarazioni o posizioni filo-palestinesi. Dieci anni fa il Parlamento francese si sarebbe diviso persino su un tema come il terrorismo? Difficile immaginarlo. Che i passi indietro fatti siano stati superiori a quelli in avanti?

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