Luigi Mangione, come i social mutano un omicidio in un meme. E l'assassino in Robin Hood

L’ho notato io stesso, poco dopo aver registrato un video per uno degli account social di Sky tg24. Tra i commenti spuntava l’hashtag “FreeLuigi”. Non era passata nemmeno un’ora da quando era stato diffuso il nome del presunto assassino di New York che già la rete prendeva le sue parti. Luigi Mangione è accusato di aver ucciso Brian Thompson, manager di una delle più importanti compagnie di assicurazioni sanitarie degli Stati Uniti. Ora passa per un novello Robin Hood, e questo nonostante abbia tolto la vita a un uomo, peraltro colpendolo alle spalle. Prima ancora che venisse arrestato, l’hype per l’anonimo giustiziere di Manhattan era già alle stelle. Ammesso, e tutt’altro che concesso, che la giustizia fai da te possa essere davvero giustizia. A Washington Square Park è andato in scena nel week end un raduno dei “sosia del killer”, in cui un piccolo gruppo di aspiranti cloni ha fatto a gara a chi somigliasse di più all’assassino in fuga. In quelle ore le uniche foto del latitante lo mostravano sfocato e con il cappuccio; dunque, è stata più che altro una questione di cosplaying. Il McDonald's in cui Mangione è stato arrestato, dopo la segnalazione di un dipendente, ha ricevuto una valanga di recensioni negative su Yelp e Google, tanto che la valutazione media è crollata e i gestori delle piattaforme sono dovuti intervenire. “È un ritrovo di spioni leccapiedi”, scrive un utente. “Se insegnassero ai dipendenti a stare lontano dal telefono non avrebbero problemi con le recensioni”, scrive un altro. Ora su Yelp, all’apertura della pagina, compare un disclaimer: abbiamo temporaneamente disabilitato la pubblicazione di post su questa pagina mentre lavoriamo per verificare se i contenuti che vedi qui riflettono le esperienze reali dei consumatori piuttosto che gli eventi recenti”. Su X gira la foto di una sorridente artigiana che in occasione di un mercatino mostra una scritta in ceramica con le parole “deny, defend, depose”, le stesse che il killer avrebbe scritto sui proiettili usati per uccidere. C’è chi inserisce un maglione natalizio pro-Mangione nella lista dei possibili regali. Costa una ventina di dollari. Amazon ha interrotto la vendita di materiale simile per violazione delle policy del sito: felpe, t-shirt, cappellini, adesivi. Tutto con la scritta “deny, defend, depose”. Se l’accusa rivolta alle compagnie assicurative è quella di pensare solo ai profitti, è paradossale che qualcuno stia sfruttando l’accaduto per trarne profitto. Certo Jay M. Feinman, il professore di diritto autore del saggio “Delay, Deny, Defend”, avrebbe preferito un altro tipo di pubblicità: il suo libro, dedicato alle strategie con cui le assicurazioni evitano i rimborsi, è attualmente salito al centotrentanovesimo posto nella classifica Kindle Store ed è primo nella sottocategoria Business Insurance. “Deny, defend, depose” è il titolo di diversi brani musicali spuntati nel giro di 24 ore o poco più su Youtube, Amazon music, Spotify. Uno di questi pezzi definisce Brian Thompson, la vittima dell’omicidio, “un uomo violento che condannava a morte le persone”. Mangione “non ha ucciso un uomo”, recita un altro testo, “ma un sistema”. Una versione che il presunto killer probabilmente condividerebbe: nel manifesto scritto a mano che aveva con sé, infatti, il sospettato sembra percepirsi come un eroe e un esempio, colui che ha inferto il primo colpo a un meccanismo iniquo. Che il sistema sanitario americano sia farraginoso, ingiusto, inefficiente e spesso doloroso è una verità difficilmente contestabile. Ne abbiamo scritto anche in questa sede. Una fetta consistente della popolazione americana, tuttavia, sembra ritenere che per cambiare questo sistema sia inevitabile mettere mano alla pistola. Tutto questo è allarmante, ma forse non sorprendente: secondo un sondaggio PRRI del 2023 un americano su quattro pensa che si debba ricorrere alla violenza per salvare il Paese. Magari cominciando dal sistema delle assicurazioni sanitarie. Oggi i social danno risalto a sentimenti che un tempo sarebbero rimasti privati o quasi. I fatti di cronaca diventano meme, le persone personaggi. Mangione si trasforma nel simbolo di qualcosa che prescinde dalle sue reali intenzioni, qualunque esse fossero. Il timore più grande, per le forze dell’ordine, è che adesso qualcuno possa trarre ispirazione dall’iniziativa di Mangione, spinto da una malintesa volontà di giustizia e dalla smania di ricevere l’ovazione della rete.

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