K2 70, Da Polenza: “Umanamente la mia spedizione più bella”

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Daniele Moretti

Daniele Moretti

Agostino Da Polenza, a capo della spedizione del CAI, racconta a Sky TG24 come è andata quest’anno sulle pendici della “montagna delle montagne”, come la pensa sulle polemiche seguite alla spedizione e perché per lui questa è la montagna della vita

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Saltavamo da un masso all’altro, fuori dai sentieri, in un pianoro poco sopra il Campo Base dell’Everest, noto come “Piccolo Tibet”. Non riuscivo a smettere di guardare la vetta di Sagarmatha, la madre dell’universo”, come i Nepalesi chiamano l’Everest, invisibile per quasi tutto il trekking e soprattutto a Campo Base. Lui intravide quello sgarro di felicità che il mio sorriso stampato mostrava a tutti, grato per essere là e potermi godere una gioia insperata. Mi regalò una frase che ancora oggi mi porto dietro: “Ognuno ha il suo Everest, per qualcuno è l’ossessione la cima, per altri saltare da un sasso all’altro. L’importante è godersi per bene quello che si è riusciti a fare”. Lui è Agostino Da Polenza, classe 1955, custode dell’eredità Ardito Desio, alpinista e capospedizione con grandi successi in bacheca. Reduce da una spedizione “K2 70”, del Club Alpino Italiano, per celebrare l’impresa italiana del 1954, sotto la guida proprio di Desio.

Da Polenza, che è passato qualche giorno, che sensazione le lascia la spedizione per i 70 anni dalla conquista del K2?

Mi sono occupato anche del 50° e del 60° anniversario e ho organizzato altre tre mie  spedizioni al k2. Questa però non era una spedizione mia. Il CAI un anno fa mi chiese un’idea per il k2. Suggerii di supportare una spedizione femminile totalmente pakistana, idea del mio amico Maurizio Gallo. Alla fine si decise per una spedizione mista e in CAI mi chiese di dargli un mano per l’organizzazione in loco. L’ho fatto con la mia organizzazione, anche se man mano le cose si sono complicate. Anche per la scelta delle alpiniste, di italiane non c’era un gran parterre di alpiniste con grandi esperienze in quota tra cui scegliere; il CAI chiese a Tamara Lunger e credo a poche altre che declinarono l’invito. Ma il gruppo che alla fine si compose era eterogeneo ma potenzialmente buono. La scelta in Pakistan è stata fatta insieme a Samina Baig, la decana attiva delle alpiniste di quel paese. Il CAI poi ha messo a disposizione tutte le risorse per la Spedizione. Dai permessi per la salita al trekking, all’organizzazione logistica e tecnica. Sono state fatte due buone scelte. Niente generatori al campo base ma pannelli fotovoltaici (contrariamente alle commerciali), che saranno dati al CKNP e niente gasolio per le cucine e il riscaldamento ma gas, con un impatto ambientale decisamente inferiore.

Per quel che mi riguarda, confermo che questa del 70° è la più bella dal punto di vista umano. Una spedizione sorridente, serena, nonostante le continue avversità. Climatiche innanzitutto, le valanghe sui glaciologi , la polmonite di Samina Baig e il suo ritorno a Skardu, le continue instabilità sanitarie delle alpiniste, forse dovute anche  ad un enfasi posta alla loro salute e ai relativi rimedi.

Il K2 quando lo incontri e lo guardi ha una dimensione gigantesca, incombente, una forza di gravità potente che attrae e soggioga. E’ la montagna delle montagne.

Le alpiniste che erano in questa spedizione, tranne Samina, non lo avevano mai incontrato, e non avevano esperienze importanti su montagne di 8000 metri. Tranne Cristina, sulla quale contavo per una salita, forse meno dinamica, ma certa verso la cima. Purtroppo le si è riacutizzato un vecchio dolore alla colonna, anche aiutando con generosità le sue compagne pakistane e inoltre è subentrato un trauma violento vicino a campo 1 che l’ha messa fuori gioco. Federica Mingolla è una macchina d’arrampicata (lo si vede dalle mani, dai piedi e da come pensa, in verticale), ha impiegato qualche tempo per capire dov’era e cosa fosse quella grande montagna che le stava di fronte. Ci è salita e finalmente ha preso il ritmo. Con lei, ha fatto cordata Silvia Loreggian, una giovane alpinista che se continuasse ad andare in Himalaya potrebbe fare grandissime cose. Ne ha le doti, la grinta, la tecnica e la motivazione. A Federica, ancor prima di partire, avevo scherzosamente ma non troppo, proposto una salita in velocità verso la vetta, per battere il record di 23 ore di Benoit Chamoux del 1986. Cosa che avrei poi potuto estendere anche Silvia dopo che le avevo viste salire “come treni” con Marco Majori e Federico Secchi verso campo 3 in una rotazione per l’acclimatamento prima del tentativo alla vetta. Viste, sì, perché avevamo tre cineoperatori al campo base forniti di altrettanti droni con i quali seguivamo la salita delle nostre alpiniste “da vicino”.

Il record di Benoit poi l’ha battuto Benjamin Vedrines, il formidabile e “bellissimo”, dicono le ragazze, ma difficile pensare il contrario, giovane alpinista francese che all’essenzialità somma la naturalezza di un’azione alpinistica senza eguali su una montagna e in situazioni complesse come si sono verificate K2. Un “mostro” che in 11 ore è andato dal base avanzato alla vetta. Ha anche “ronzato” parecchio attorno al nostro confortevole campo base “femminile” e l’amicizia di tutti noi con una persona così “trasparente” e per bene come Benjamin è stata naturale.

La “zia Anna” come l’abbiamo chiamata tutti, alpinisticamente s’è trovata spiazzata da una ipersensibilità del suo apparato digerente all’alta quota. Ci ha provato, assistita anche da Cristina nelle sue crisi di vomito durante la notte a campo 1 e poi al 2.  E’ rimasta tra noi con lo spirito di essere di supporto, e lo è stata enormemente, anche all’umore quando era utile.

Il meteo non ci ha dato tregua per tutto il mese che siamo stati al campo base e lungo lo Sperone. Per fortuna avevamo attrezzato noi per primi i 1000 metri di percorso fino al campo 1 e questo ci ha dato un vantaggio logistico rispetto a tutti gli altri.  Delle 20 spedizioni presenti quest’anno al K2, a metà luglio tutti si erano fermati a campo 2. Solo Benjamin era salito da solo alla sommità della “Piramide nera” quasi a campo 3 e aveva preso il “volo” da lì atterrando al base. Lui era arrivato una settimana rima di noi al base.

Il 25 luglio Cristina ha iniziato la salita verso la cima con Naseer, ma è dovuta rientrare per il suo incidente sotto campo 1.  Il 26 sera la nostra cordata per la vetta, collaudata fino a 7000 metri la settimana prima,  composta da Federica, Silvia , Marco e Federico, parte dal base diretta alla cima. Il 28 è per tutto il “tam tam” del campo base il giorno della vetta. Il meteo si preannuncia favorevole.

Purtroppo le due ragazze a campo 3 vengono stroncate da una fatica insopportabile in parte determinata probabilmente dai farmaci che hanno assunto in precedenza. Federica si era curata per una infezione la settimana precedente e a Silvia, che tenta di riposare e ripartire lo stomaco dice no.  

Federico Secchi il 29 alle 17 raggiunge la vetta del k2, con gli sci, ma la neve e la nebbia gli impediscono di fatto di sciare se non per qualche decina di metri.  Marco è poco sotto, 150 metri, gli parlo egli chiedo lo prego di scendere, è tardi. Lui lo fa e dopo vicissitudini complesse compresa la caduta in un profondo buco dove rischia parecchio, con l’aiuto dell’amico Benjamin e del suo fotografo che lo raggiungono a campo 3 per dare una mano, Marco ha una spalla slogata, finalmente, con il supporto anche di molti alti, italiani e francesi, rientra con Federico al campo Base.

Ali Durani, grande alpinista che è con noi, arriva in vetta il 28 alle 9 insieme con i primi sherpa che hanno “aperto la salita” dal campo 4 alla vetta. Era l’accordo mio con le altre spedizioni e in particolare con Dawa Sherpa dell’agenzia Seven Summit. Il giorno dopo anche Ali Nurani e Hassan, due nostri portatori d’alta quota sono in vetta, utilizzando l’ossigeno supplementare.

Soddisfatto?  No! Delle mie alpiniste nessuna ha raggiunto la vetta. Ma contento che Federico ci sia arrivato senza ossigeno, ci ha portate e portati tutti lassù con lui.

Anche lui, anche ufficialmente, era membro della nostra spedizione, e lo è stato di fatto con Marco per tutto il tempo. Sono anche molto contento che Ali Durani, Ali Nurani e Hassan abbiamo raggiunto la vetta. Siamo tornati a casa con la cima, questo è certo, ma non come avremmo voluto.

In compenso ho scoperto il mondo del nuovo alpinismo , anche femminile, che sta nascendo o è già nato (Benjamin…). E’ sorridente, forte, determinato e meno “drammatico” del nostro.  Ha bisogno d’esperienza  (non certo Benjamin) e anche di bel tempo e fortuna. Ma sarà bello e diventerà un fenomeno da seguire se riuscirà a farsi strada con la stessa freschezza, a portare a casa risultati senza nasconderli con falsi pudori, e anche a raccontarsi e a farsi conoscere.  Intanto Anna Torretta e Federica Mingolla il 14 agosto sera a Courmayeur hanno raccontato se stesse e la loro esperienza vestite con un allegro abito pakistano. Meravigliose.

Come spesso accade, c'è stata qualche polemica, penso ad esempio alle critiche di Nives Meroi. Come ha vissuto queste critiche?

Nives è un’amica, almeno io ne sono convinto. Era con noi nel 2004 alla celebrazione del 50° anniversari del K2 . Grande kermes della montagna. Per Romano, suo marito, lei e altri amici triestini organizzammo la salita del K2 dal versante nord. Che però non riuscì. Romano è un grande alpinista e insieme hanno fatto cose molto classiche sugli ottomila, con uno stile sempre impeccabile alpinisticamente parlando. Una bella storia la loro che forse andrebbe preservata da polemiche strumentali dentro le quali pochi, interessati e notoriamente malevoli operatori della comunicazione li trascinano. La nostra al K2 era la celebrazione del 70° e non una “Impresa” innovativa o esplorativa alpinistica. Un simbolo, un ricordo non un record. Altre polemiche? Legate ad una visione stantia e antagonista e bellicista della montagna, dell’alpinismo, che non vede ciò che si sta sviluppando attorno a questo mondo della quota e non solo. Silvia mentre era al K2, aveva il suo fidanzato da solo a trenta chilometri di distanza a ripetere sulla torre Nameless e la difficilissima via “Eternal Flame”.  

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