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Giornata Mondiale della Lingua Madre: perché molti idiomi spariscono

Mondo

Stefania Leo

Murales con scritta in lingua Maori a Wellington, in Nuova Zelanda (foto di repertorio - Getty Images)

Il 2019 è stato eletto l'anno delle lingue indigene, molte delle quali sono a rischio estinzione in un futuro prossimo: ecco i fattori che fanno scomparire un idioma

"Ogni lingua è un tempio, in cui è custodita l'anima di coloro che la parlano".  Questa frase del medico e scrittore Oliver Wendell Holmes sintetizza l'importanza di celebrare la Giornata Internazionale della Madrelingua. In tutto il mondo il 21 febbraio si rende onore all'importanza delle lingue umane. Quest'anno le Nazioni Unite hanno eletto il 2019 come l'anno delle lingue indigene, per aumentare la consapevolezza intorno a loro e sensibilizzare anche chi non le parla a valorizzare la diversità culturale.  Il rischio che oggi corrono molte lingue indigene è infatti quello dell'estinzione.

Come muore una lingua

Secondo Lane Greene, columnist dell'Economist, nel mondo si parlano circa 6.700 lingue. Un terzo di questi idiomi ha meno di mille persone che li esercitano e, secondo l'Unesco, il 40% di queste lingue è a rischio estinzione. La maggior parte di queste sono lingue indigene. "Quando si parla di lingue morte - spiega Greene - molti pensano al latino. Ma il latino non è morto, si parla continuamente. Solo, è cambiato molto lentamente, evolvendosi nell'inglese, spagnolo, francese, italiano e altre lingue romanze. La vera morte di una lingua avviene quando una comunità passa a parlare un'altra lingua e cresce i propri figli con quell'idioma". Nel caso degli indigeni, la loro vita isolata politicamente e socialmente, li spingono ad adottare idiomi più diffusi per cercare di difendere le proprie comunità.

Il caso dell'ebraismo

A volte sono i governi a far morire le lingue, vietandole per motivi politici. Altre volte le fanno resuscitare. Un caso molto speciale è quello della lingua ebraica. Non parlata per molti secoli, è diventata lingua di stato nel 1948, con la nascita dello stato di Israele e il ritorno di molti ebrei nella cosiddetta Terra Promessa. Ora ha 7 milioni di parlanti: ciò dimostra che la sorte di una lingua è imprevedibile, dipende solo dalla volontà di chi la usa.

I vari stadi di una lingua a rischio

L'Unesco ha stilato cinque categorie per definire una lingua a rischio estinzione. Un idioma è vulnerabile se la maggior parte dei bambini della comunità la parla, ma solo in ambienti ristretti (ad esempio, la casa). Si dice a rischio quando una lingua non viene più imparata dai bambini come lingua madre neanche a casa. Una lingua è seriamente a rischio quando la lingua è parlata dai nonni e dalle generazioni più anziane, mentre la generazione dei genitori può comprenderla ma non la parla più con i bambini e tra di loro. Una lingua è a rischio critico quando i soli parlanti sono gli anziani, che la parlano parzialmente e poco frequentemente. Una lingua si dice estinta quando non ci sono più parlanti.

L'importanza delle lingue indigene

Le lingue indigene rappresentano la ricchezza storica, culturale e tradizionale delle comunità che parlano questi idiomi. Si tratta di popoli che proteggono con molta attenzione il loro ambiente, naturale e culturale. Attraverso le parole promuovono usi, costumi, valori che sono il risultato di anni e anni di storia. Le loro lingue rappresentano un complesso sistema di conoscenza e comunicazione. Secondo l'Onu per questo gli idiomi indigeni dovrebbero essere riconosciuti come una risorsa strategica per le nazioni, per un miglior sviluppo, per la costruzione della pace e per la riconciliazione. "Senza di loro - si legge sul sito dedicato alla Giornata Internazionale - il mondo sarebbe un posto più povero". Celebrare questo anno dedicato alle lingue indigene contribuirà a realizzare una serie di obiettivi elencati nella Dichiarazione dei Diritti delle Persone Indigene e nell'agenda per uno sviluppo sostenibile del 2030.

Lingue indigene a rischio estinzione: i nativi americani

Secondo una ricerca sull'Atlante delle lingue in pericolo nel mondo dell'Unesco, nel mondo sono numerose le lingue che rischiano di scomparire a breve. Il Pipil, nota anche col nome Náhuat, è parlato da circa 200 persone nell'area di El Salvador. Considerata vulnerabile, la lingua Aymara è parlata da 2 milioni di persone in Bolivia, Cile e Perù: è uno degli ultimi idiomi nativi americani. In Bolivia e Perù si parla anche il Quechua: a farlo sono 2.300.000 persone. In Argentina e Bolivia si parla ancora il Wichi: si stimano circa 10.000 parlanti. Tra le lingue indigene americane c'è il Choctaw: parlato tra Louisiana, Mississipi e Oklahoma nelle tribù dei Clifton Choctaws e i Jena Band, è una lingua vulnerabile. In Missisipi ci sono 5.000 parlanti fluenti di tutte le età. Negli Stati Uniti si parla anche l'Ojibwe: a conoscerlo sono rimaste 6.000 persone. Il Guaranì, diffuso in Paraguay, è definitivamente a rischio, con soli 2.000 parlanti.

Lingue indigene a rischio estinzione: Asia, Australia e Africa

Il Wiradjuri, parlato nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, ha meno di 30 parlanti ed è a rischio critico. Ma l'Australia è ricca di lingue indigene che stanno morendo, come il Wunambal, parlato da sole 5 persone, o il Ngarluma, con 9 parlanti. Sono numerose anche le lingue definitivamente estinte, come il Ngarla e il Yir Yoront. In India e Pakistan si parla il Balti, una lingua indigena vulnerabile, di cui ad oggi non si sa quanti parlanti ha. In Libia si parla il Nafusi, lingua afro-asiatica parlata nelle montagne Nafusa da 240.00 persone. Si tratta di una lingua antichissima, le cui prime tracce risalgono al dodicesimo secolo prima della nascita di Cristo.

Lingue indigene a rischio estinzione: Russia ed Europa

In Russia si parla ancora il Kalmyk, la lingua indigena parlata dagli Ewoks nel film "Star Wars: il ritorno dello Jedi": la regione è a forte vocazione buddista, con 153.602 parlanti. Il Bielorusso conta 4.000.000 di parlanti: è ancora oggi diffuso in Bielorussia, Lettonia, Lituania, Polonia, Russia e Ucraina. In Georgia, Russia, 550.000 persone parlano l'Ossete, una lingua indigena delle montagne del Caucaso. Il Basco ad oggi conta 660.000 parlanti, censiti tra la regione autonoma basca, la provincia di Navarra, in Spagna, e le zone di Labourd, Basse-Navarre e Soule, nel dipartimento dei Pirenei atlantici, in Francia. Se la passa meno bene il bretone, parlato da soli 250.000 francesi. In Beglio, Francia e Lussemburgo 600.000 persone parlano appassionatamente il Vallone, impegnandosi a tenere in vita l'idioma. Il Cornish (lingua della Cornovaglia) è a rischio critico: l'ultimo parlante dell'idioma tradizionale è morto alla fine del Diciottesimo secolo, ma ci sono molte attività per far rivivere questa lingua indigena. Il Gaelico scozzese è ormai parlato da soli 440.000 parlanti. Il Gallese, parlato in Galles, Argentina e Canada, è una lingua di origini celtiche parlata ormai da 750.000 persone. Il Limburgian è praticato in Olanda e Germania, ma non si conoscono il numero dei parlanti attivi. Il Frisone è parlato nella Germania settentrionale da circa 10.000 persone ed è classificato come seriamente a rischio. Il Saami nordico è parlato da 30.000 persone in Finlandia, Norvegia, Svezia e Russia.

Lingue indigene a rischio estinzione: l'Italia

Rimanendo in Europa, tra le lingue indigene viene menzionato anche il Lombardo, che conta all'attivo 3.500.000 parlanti. Numeri simili anche per il Veneto, diffuso anche in Croazia, Slovenia, Brasile e Messico, conta oggi 3.800.000 parlanti. Tra le lingue indigene parlate in Italia c'è il Griko (parlato nella penisola salentina, Puglia: oggi conta 20.000 parlanti), il Croato Molisano (parlato in Molise, conta 5.000 parlanti) e il Töitschu (parlato in Valle d'Aosta, conta solo 200 parlanti).

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