Per i giudici europei il ministero della Giustizia ha violato la Convenzione dei diritti dell’uomo, per la decisione di continuare ad applicare il carcere duro dal 23 marzo 2016 alla sua morte. Critici Salvini e Di Maio. Il figlio del boss: lo Stato non deve vendicarsi
La Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per la decisione di continuare ad applicare il regime di carcere duro del 41bis a Bernardo Provenzano, nel periodo che va dal 23 marzo 2016 alla morte del boss mafioso, il 13 luglio dello stesso anno. Secondo i giudici, il ministero della Giustizia italiano ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sottoponendo Provenzano a trattamenti inumani e degradanti. Allo stesso tempo, la Corte di Strasburgo ha affermato che la decisione di continuare la detenzione del boss non ha leso i suoi diritti. Dure le reazioni politiche: secondo il ministro dell'Interno Salvini "è l'ennesima dimostrazione dell'inutilità di questo baraccone europeo". il ministro del Lavoro Di Maio accusa la Corte di "non sapere di cosa parla". Mentre il ministro della Giustizia Bonafede ha detto: “Rispetto la sentenza ma non la commento”. Interviene anche Angelo Provenzano, figlio del boss: "Lo Stato viola il diritto se risponde al sentimento di vendetta delle persone".
Le motivazioni
Secondo i giudici di Strasburgo, i documenti medici forniti dal governo italiano dimostrano che le già compromesse funzioni cognitive di Provenzano erano peggiorate nel 2015 e che nel marzo 2016 erano "estremamente deteriorate". La "gravità della situazione", osserva ancora la Corte nella sentenza, doveva quindi essere presa in considerazione con maggiore attenzione nel decidere il rinnovo del 41 bis. I giudici evidenziano che nella decisione non c'è invece alcuna menzione dello stato mentale del boss e che manca "una valutazione autonoma del ministero della Giustizia". Nonostante questo, la Corte riconosce che la permanenza del boss in prigione non ha "di per sè" violato i suoi diritti. "La detenzione di Provenzano non può essere considerata incompatibile con il suo stato di salute e la sua età avanzata", scrivono i giudici. Alla luce questo, la Corte ha rifiutato le richieste di risarcimento per danni morali di 150mila euro e di pagamento di 20mila euro per coprire le spese legali.
Il ricorso dei familiari nel 2013
La Corte aveva avviato l’esame del ricorso, presentato dalla famiglia di Provenzano nel 2013, proprio nei giorni della sua morte. Nell’appellarsi a Strasburgo, i familiari del boss sostenevano che la sua detenzione, e in particolare il regime a cui era sottoposto, fossero incompatibili con il suo stato di salute. Nel 2013, però, la Corte di Strasburgo ha respinto la richiesta dell'avvocato di Provenzano, Rosalba Di Gregorio, di esigere dal governo italiano l'immediata scarcerazione del boss.
L’avvocato: “Lotta per l’affermazione di un principio”
"Quella che abbiamo combattuto è stata una lotta per l'affermazione di un principio e cioè che applicare il carcere duro a chi non è più socialmente pericoloso si riduce ad una persecuzione", ha commentato l'avvocato Rosalba Di Gregorio. "A noi non interessava un risarcimento, ma soltanto l'affermazione di un principio", ha aggiunto l'avvocato. Per anni, l’avvocato aveva chiesto la revoca del 41 bis alla magistratura di sorveglianza di Parma, Milano e Roma. In ogni sede giudiziaria, compresa la Cassazione, il verdetto è stato negativo. Tutti gli ultimi ministri della Giustizia hanno rinnovato il 41 bis al capomafia, che diverse perizie avevano certificato essere incapace di assistere coscientemente ai processi.
Salvini: decidono gli italiani
Il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha commentato la sentenza in modo duro: "È l'ennesima dimostrazione dell'inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l'Italia decidono gli Italiani, non altri".
Di Maio: Corte non sa di cosa parla
Giudizio molto negativo anche da parte dell'altro vicepremier Luigi Di Maio: "Non sanno di cosa parlano. I comportamenti inumani erano quelli di Provenzano. Il 41bis è stato ed è uno strumento fondamentale per debellare la mafia e non si tocca. Con la mafia nessuna pieta'".
Bonafede: “Rispetto la sentenza ma non la commento”
"Rispetto questa sentenza ma non la commento”, ha detto invece il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. “Voglio sottolineare solo una cosa: il 41 bis non si tocca. C'è una lunga storia di confronto con l'Europa ma credo che gli altri Paesi abbiano solo da imparare dall'Italia sulla normativa antimafia", ha aggiunto.
Il figlio del boss: mio padre incapace di intendere e di volere
"Se lo Stato risponde al sentimento di rancore delle persone, alla voglia di vendetta, lo fa a discapito del Diritto. Questo credo sia ciò che la Corte di Strasburgo ha affermato sul 41 bis applicato a mio padre dopo che era incapace di intendere e di volere". È il commento di Angelo Provenzano, figlio del capomafia, alla sentenza.