Privacy, l'Unione Europea vuole regolare il cloud computing

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Proteste a Berlino dopo le rivelazioni sul programma di intercettazione del traffico web da parte degli Stati Uniti - Getty Images
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Dopo le rivelazioni del Datagate, Bruxelles vuole introdurre norme più severe per chi offre servizi online. Tra le proposte in discussione lo sviluppo di "nuvole certificate" europee o l'adozione di una "Schengen dei dati"

di Nicola Bruno

C'è un emendamento che prevede che i cittadini europei siano "informati in modo chiaro e non ambiguo (…) sulla possibilità che i dati personali possano essere soggetti alla sorveglianza da parte di paesi terzi". Un'altra proposta vuole invece introdurre sanzioni speciali per le compagnie che violano le direttive di Bruxelles. C'è poi chi intende promuovere servizi di cloud computing "certificati" europei, con garanzie di privacy superiori a quelle dei più noti fornitori statunitensi. E chi, ancora, parla di una "Schengen dei dati" per la libera circolazione delle informazioni in Europa e maggiori limitazioni in caso di trasferimento su server esteri.
Mentre continuano ad arrivare rivelazioni sul programma di intercettazione del traffico Internet messo a punto dalla NSA statunitense, nel Vecchio Continente è più che mai acceso il dibattito su come proteggere la privacy dei cittadini dalle violazioni delle compagnie e dei governi. E, come racconta il New York Times, tra le tante proposte in arrivo dai diversi organi dell'Ue, una cosa è certa: il Datagate sicuramente provocherà un inasprimento della direttiva sulla data-protection di cui si sta discutendo da mesi a Bruxelles.

Nuvole europee - La presa di posizione più esplicita è arrivata dai due commissari Ue che si occupano dei temi digitali. "Dobbiamo capire che i cittadini europei non abbracceranno mai le tecnologie cloud se continueranno ad essere preoccupati per la privacy o la sicurezza dei loro dati", ha spiegato Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Ue con delega all'Agenda Digitale. Ancora oltre è andata Viviane Reding, commissario per la Giustizia, proponendo lo sviluppo di servizi di cloud "certificati" secondo gli standard per la privacy europei. Una proposta questa che, secondo Reding, porterebbe anche benefici economici: "Per il settore privato, questi servizi certificati potrebbero diventare attraenti dal momento che li si potrebbe pubblicizzare con il messaggio: le nuvole europee proteggono i vostri dati personali".

Una Schengen dei dati - Tra le tante proposte di cui si discute in questi giorni a Bruxelles, ha attirato molte attenzioni quella di Thierry Breton, ex ministro per le finanze francese, al momento Ceo della compagnia Atos e consulente della Commissione europea per le strategie di cloud computing. Breton ha proposto di mettere a punto una "Schengen dei dati". E cioè misure legali che regolino la circolazione dei dati all'interno e all'esterno dell'Europa, come già fa per i cittadini il trattato di Schengen. Si verrebbe così a creare una sorta di "zona di commercio libero per i dati" all'interno dei confini europei. Le compagnie che erogano servizi in modalità cloud sarebbero costrette ad avere i propri server sul territorio dell'Ue e, quindi, anche a rispettarne le leggi.
Ma, come sottolinea il Nytimes, oltre a essere "protezionista" la proposta di Breton rischia di creare ulteriori problemi. Già ora molte compagnie di cloud computing statunitensi (come Amazon, ad esempio) hanno i propri data-center in Europa, ma questo non vuol dire che i dati vengano conservati solo nel Vecchio Continente. Insomma, a differenza delle frontiere fisiche, i confini digitali sono molto più difficili da tracciare. A meno che, ha sottolineato Cameron F. Kerry del Dipartimento del Commercio statunitense, non si voglia fare come la Cina che ha eretto una Grande Muraglia Digitale: "Ma il mondo digitale non ha bisogno di un'altra Muraglia". Un'ipotesi questa che sembrano escludere molti esponenti dell'European Cloud Partnership (ECP), iniziativa lanciata lo scorso anno dall'Ue per promuovere l'adozione dei servizi cloud. E' il caso di Reinhard Posch, membro della ECP, secondo cui "i bit possono essere conservati ovunque; è più una questione di come vengono protetti".

Agli europei piace la privacy - In tutto ciò continuano ad aumentare le preoccupazioni dei cittadini sul trattamento dei propri dati personali. Nei giorni scorsi il Censis ha pubblicato una ricerca secondo cui quasi tutti gli italiani (96,2%) pensano che "la privacy sia un elemento imprescindibile dell'identità, pur a fronte dei grandi cambiamenti dovuti alla diffusione di Internet e dei media digitali". Dati, questi, in linea con quelli di uno studio commissionato a livello europeo da Bruxelles, secondo cui il 72% dei cittadini del vecchio continente ritiene che la riservatezza dei dati personali debba essere sempre rispettata online come offline.

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