Libia, l'ultimatum dei ribelli: Gheddafi lasci entro 72 ore

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Gli insorti annunciano: se il rais abbandona il Paese non lo perseguiremo. Indiscrezioni e smentite sulla trattativa con il governo libico. Intesa tra Obama e David Cameron sulla possibilità di una No Fly Zone

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Mentre in diverse zone della Libia continuano i combattimenti tra forze lealiste e rivoltosi, è giallo sui presunti contatti che dietro le quinte sarebbero intercorsi tra il regime di Muammar Gheddafi e gli insorti. Per la prima volta questi ultimi hanno ammesso direttamente che un tentativo di abboccamento c'è stato: più che da parte di emissari del colonnello, su iniziativa di non meglio identificati avvocati di Tripoli, che si sarebbero prestati quali intermediari spontaneamente, e non in base a istruzioni ricevute. Comunque sia, ai ribelli sarebbe stato proposto la rinuncia di Gheddafi al potere in cambio dell'immunità.

I ribelli: Gheddafi ha 72 ore per lasciare - I ribelli non perseguiranno il leader libico Muammar Gheddafi per i crimini che sostengono avrebbe commesso, se si dimetterà entro le prossime 72 ore. "Se lascerà la Libia immediatamente, entro 72 ore, e fermerà i bombardamenti, noi come libici non lo perseguiremo per i suoi crimini", ha detto Mustafa Abdel Jalil, ex-ministro della Giustizia, parlando telefonicamente alla tv al Jazeera.
Ha aggiunto che la scadenza non sarà estesa oltre questo periodo di tempo. Il consiglio ha sede a Bengasi.

Il governo libico smentisce - Il Consiglio Nazionale di Liberazione, istituito nelle zone liberate della Cirenaica in sostituzione del governo centrale, ha però precisato per bocca del suo portavoce, Mustafa Gheriani, che nessun colloquio sarà possibile se prima non si
sarà realizzata una condizione inderogabile: che il leader libico accetti di farsi da parte una volta per tutte.
A sua volta il presidente del Consiglio insurrezionale, Mustafa Abdel Jalil, ha formulato una contro-proposta propria: se Gheddafi cederà il potere e lascerà il Paese, gli oppositori sono disposti a rinunciare a qualsiasi azione penale a suo carico, ed egli eviterà così di finire processato.
La televisione di Stato, nella mattinata dell'8 marzo, ha negato categoricamente qualsiasi approccio segreto con i rivoltosi. E, dopo che il Consiglio ha rilanciato con la sua offerta, fonti governative hanno di nuovo smentito contatti di qualsivoglia natura con gli avversari, liquidando le notizie al riguardo come mera "spazzatura", semplici "fandonie senza senso". E' significativo tuttavia il fatto che le stesse fonti abbiano preteso di restare anonime.

Nuovo attacco a Zawiya - Sul terreno nel frattempo continuano a parlare le armi. Le forze fedeli al regime hanno sferrato l'ennesimo attacco contro Zawiya, la strategica località situata appena 40 chilometri a sud-ovest della capitale Tripoli.
Secondo il presidente della Comunità del mondo arabo in Italia (Comai) Fuad Aodi, che è in costante contatto da Roma con fonti mediche in Libia, truppe e miliziani in diversi casi sono entrati nelle abitazioni uccidendo le donne all'interno.
Nonostante l'assedio sulla città sia stato ulteriormente inasprito, però, per il momento i ribelli che ne presidiano il centro continuano a resistere.
Quanto al nodo petrolifero di Ras Lanuf, è stato bombardato almeno altre quattro volte, sebbene non risultino nuove vittime.

Il mondo si muove per chiedere una no fly zone - Continua a muoversi anche la diplomazia internazionale: il segretario dell'Organizzazione della Conferenza Islamica, il turco Ekmeleddin Ihsanoglu, ha addirittura sollecitato il Consiglio di Sicurezza dell'Onu a "fare il proprio dovere" e imporre sulla Libia una 'no-fly zone', come caldeggiato dall'Occidente. Persino la Cina comincia a non escludere più tale ipotesi. E venerdì si riuniranno in seduta di emergenza i ministri degli Esteri della Lega Araba. E la necessità di una no fly zone è stata evocata anche Barack Obama e David Cameron nel corso di una conversazione telefonica.

Intanto, la ong Medici Senza Frontiere (Msf) ha smentito che il medico giordano prelevato e portato via da uomini armati da un albergo di Bengasi, città nell'est della Libia in mano agli insorti, faccia parte della sua organizzazione.

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