I giudici, confermando la sentenza di primo grado, hanno disposto un risarcimento, in via provvisionale, di 200mila euro per il giovane vittima dell'accoltellamento
La terza Corte d'Appello di Milano, presieduta da Guido Brambilla, ha corretto un errore di calcolo del giudice di primo grado e ha condannato a pene lievemente ridotte tra i 5 e gli 8 anni di carcere i quattro giovani processati con rito abbreviato, con l'accusa di tentato omicidio, per l’aggressione a Niccolò Bettarini, figlio di Stefano Bettarini e Simona Ventura. I giudici, confermando la sentenza di primo grado, hanno disposto un risarcimento, in via provvisionale, di 200mila euro per Niccolò Bettarini.
Le condanne in primo grado
In primo grado i quattro erano stati condannati a pene comprese tra i 5 e i 9 anni di carcere. Durante l'aggressione, avvenuta il primo luglio 2018 davanti alla discoteca 'Old Fashion' di Milano, il giovane Bettarini era stato accoltellato e preso a calci e pugni. La Corte ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Giulio Benedetti, il quale aveva chiesto di rideterminare le pene emesse dal Gup nei confronti di Davide Caddeo e Albano Jakej, riducendole rispettivamente da 9 a 8 anni di carcere e da 6 anni e mezzo a 6 anni e 4 mesi ovviando a un errore di calcolo. Per il resto ha confermato 5 anni e 6 mesi per Alessandro Ferzoco e 5 anni per Andi Arapi così come la provvisionale per il figlio della conduttrice tv. Il pg, stamane, durante la sua requisitoria, ha affermato che "le coltellate penetranti inferte in prossimità degli organi vitali" a Bettarini jr aggredito in un luogo "scarsamente illuminato" e "da un gruppo indeterminato di persone di cui ne sono state individuate solo 4 e delle quali uno armato configura il tentato omicidio" e non lesioni aggravate o rissa.
Le parole del procuratore
I quattro giovani volevano "uccidere" la vittima, Niccolò Bettarini. Lo ha sostenuto il sostituto procuratore generale Giulio Benedetti durante la requisitoria davanti ai giudici della Corte d’Appello. Il pg ha affermato che "le coltellate penetranti inferte in prossimità degli organi vitali" a Niccolò Bettarini, aggredito in un luogo "scarsamente illuminato" e "da un gruppo indeterminato di persone di cui ne sono state individuate solo 4 e delle quali uno armato configura il tentato omicidio" e non lesioni aggravate o rissa.
Le dichiarazioni di uno degli imputati
Prima della requisitoria uno degli imputati, Caddeo, ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee. "Mi spiace per quel che è successo - ha affermato in aula -. Non era mia intenzione, ma era solo per reagire a una provocazione". A questo proposito il sostituto procuratore generale ha fatto notare: "Anche se dessimo per scontato che Bettarini ha dato per primo un pugno, questo giustifica nove coltellate date per uccidere?". "Tutti - ha sottolineato il pg - hanno visto il coltello e tutti hanno continuato a pestare Bettarini".
La ricostruzione del legale di Niccolò Bettarini
"Tutti gli imputati, dopo averlo accerchiato, hanno preso a calci e pugni Niccolò Bettarini quando era a terra in un lago di sangue" - ha detto l'avvocato Daniela Missaglia, legale di Niccolò Bettarini, durante il suo intervento, col quale ha chiesto la conferma della provvisionale di 200 mila euro per il suo assistito aggiungendo che "non ha mai detto di rinunciare al risarcimento del danno ma di volerlo devolvere in beneficenza". L'avvocato Missaglia, oltre a ricordare il trauma subito dal giovane che ha rischiato "di perdere la funzionalità di un braccio" per via delle 9 coltellate, ha sottolineato che Bettarini jr ha scelto di non essere presente in aula "per non dare risalto mediatico a questo processo con cui chiede giustizia".
Il legale ha poi espresso soddisfazione per la sentenza, che ha definito come "esemplare, che rende giustizia per quel che è successo. Episodi violenti come questo non devono più accadere. I nostri ragazzi devono essere liberi di andare in discoteca in sicurezza".
La tesi della difesa: "Nessuna volontà di uccidere"
Secondo gli avvocati di difesa dei quattro imputati non c'è stata nessuna volontà di uccidere Niccolò Bettarini, ma semmai una reazione, seppur grave, a una sua provocazione. L'avvocato Robert Ranieli, che assieme alla collega Antonella Bisogno difende Caddeo, il quale ha materialmente accoltellato il giovane, ha sostenuto davanti ai giudici che si è trattato di un fatto "estemporaneo", che non c'è stata alcuna "preparazione" e che il suo cliente "non conosceva" la vittima e, quindi, "non aveva motivi di rancore". Inoltre, ha chiesto di mitigare la pena, derubricando il reato in lesioni aggravate o rissa aggravata, per consentire al suo assistito di "riprendere un percorso di recupero" già cominciato in carcere, anche andando a lavorare, avendo altri quattro anni definitivi da scontare per altri reati.
Gli avvocati Mirko Perlino e Daniele Barelli, legali di Alessandro Ferzoco e Albano Jakej, entrambi ai domiciliari, hanno sostenuto che quella sera "il primo che è partito con un pugno è stato proprio Bettarini", che nessuno conosceva e sapeva che era il figlio della conduttrice tv. Per Barelli poi la causa della rissa sarebbe stata la sua ragazza di allora, che lo "ha fomentato". Per l'avvocato di Andi Arapi, Fabrizio Cardinali, il giovane "non sapeva del coltello e non se ne è accorto nemmeno dopo". Eccetto quelli di Caddeo, tutti i difensori hanno affermato che i loro assistiti non sapevano dell'esistenza dell'arma con cui è stato accoltellato Niccolò Bettarini. Tra le richieste alla Corte anche quella di non riconoscere, oltre al reato di tentato omicidio, l'aggravante dei futili motivi.