IL LIBRO DELLA SETTIMANA Il comico siciliano firma un catalogo esilarante sulle “Ver Italian Present Person” che ci ci ricorda i nostri tic e debolezze senza mai scivolare nella supponenza e nel cinismo
Da quasi quarant’anni Nino Frassica sfascia la logica e la lingua italiana. Come tutti i bravi comici è una maschera, è vero, ma solo come i più bravi ha un’attitudine e un modo di vedere tutto suo, e questo modo è di difficile definizione. Sul suo conto l'aggettivo più usato è "surreale"; così lo definisce pure il suo editore, Einaudi, nella quarta di copertina del suo nuovo libro (“Vipp”, pp. 230, euro 17,50), ma il rischio è che anche questo aggettivo, nelle sue mani, rischi presto di sgonfiarsi. Stavolta, in questo libro, Frassica racconta le “veritàne”, come le chiama lui, su qualche centinaio di “Ver Italian Present Person”: quelli che frequentano salotti e feste, inaugurazioni e incidenti e che, a oltre a esprimere la sua opinione su qualsiasi argomento, devono obbligatoriamente avere un figlio segreto.
I capelli di Moira Orfei
Il catalogo, come capita spesso con questo indefinibile pifferaio della comicità nostrana, è mosso e inatteso. Qualche esempio, a caso. C'è Leonardo Pieraccioni, descritto alle prese col suo primo lavoretto, “l’indicatore di vie”, un mestiere che, giura Frassica, gli fruttava poco e che mostrava più di un inconveniente: “Quando non conosceva le vie diceva a tutti, come per i bagni: ‘In fondo a destra’".
C’è Vincenzo Salemme che, assicura Frassica, ha due fratelli: “Stefano, che conosco personalmente”, e un altro, “che si chiama Gerú, il famoso GerúSalemme. Invece il nonno si chiamava Matú, ovvero MatúSalemme”.
E poi ci sono Terence Hill e Moira Orfei (eravamo in trentotto a lavargli i capelli, assicura, “a fine lavaggio tutti ci applaudivano, ma era un applauso per tutti, io ero ambizioso, volevo un applauso tutto per me”); e ancora Costanzo e Carlo Conti (che dai dodici ai diciassette anni, giura, ha fatto "il passa elemosina"), Fedez e Vittorio Sgarbi, Vasco Rossi e via proseguendo.
Totti, la tribuna e la nostra vanità
Tutto inventato, ovvio, e però tutto un po' vero quando Frassica, parlando dei "Vipp", finisce col parlare di noi. Così quando scrive che “con Totti siamo amici, ci siamo visti poche volte" e poi però aggiunge:"Una volta allo stadio, però io ero in tribuna e lui in campo che giocava, una volta lo vidi arrivare a Fiumicino mentre io andavo via col mio taxi e non ci siamo potuti salutare".
Frassica si ferma qui, e per fortuna non spiega nulla su cosa voglia dire questa battuta, non fa neanche un accenno su quanto racconti di tutti noi: è un comico troppo intelligente per aggiungere e per precisare, ha la vanità del modesto, come ha detto lui stesso di sé, questa è la sua grazia e con quella si schermisce.
E allora, più che recensirlo, molto meglio leggerlo o ascoltarlo, come quando parla di questo e di molto altro in questa intervista di Omar Schillaci (VIDEO) durante l’ultima puntata di Stories (lo speciale)