Antonio Pennacchi a Sky TG24: “L’unico modo di conoscere me stesso è capire gli altri”

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Filippo Maria Battaglia

CONSIGLI DI LETTURA Lo scrittore torna in libreria con "La strada del mare", l'ultimo capitolo della saga dei Peruzzi ambientata nell'Agro pontino degli anni Cinquanta. E durante la rubrica Instagram dice: "La famiglia contadina della prima metà del Novecento era un centro di socialità e di solidarietà ma era anche fortemente oppressiva e repressiva. Su quel concetto abbiamo sviluppato la nostra civilizzazione, ma ricordiamoci che non era certo il migliore dei mondi possibili"

"L’unico modo che ho di conoscere me stesso è cercare di capire gli altri perché credo nell'assoluta uguaglianza degli esseri umani. Per questo quando costruisco un personaggio ci metto dentro l’anima mia e provo a entrare nell'anima sua". Così Antonio Pennacchi racconta a Sky TG24 la sua idea di romanzi e di verità nella scrittura. "Non faccio intrattenimento - dice durante la rubrica Instagram sui 'Consigli di lettura' (qui le puntate precedenti) - io faccio libri di pancia e imbastisco storie che partono tutte dall’io".

 

"Il migliore dei mondi possibili è nel futuro"

 

Pennacchi è da poco tornato in libreria con "La strada del mare" (Mondadori), l'ultimo capitolo della saga dei Peruzzi ambientata sempre nell'Agro Pontino ma stavolta negli anni Cinquanta.  Un romanzo corale, dove la famiglia riveste un ruolo centrale, anche se in modo molto diverso dai suoi precedenti libri a cominciare da quel "Canale Mussolini" grazie a cui nel 2010 ha vinto il premio Strega. "In quel caso - nota lo scrittore - raccontavo la storia una famiglia patriarcale fortemente unita. Qui, invece, il nucleo si inizia a disintegrare, i figli si scostano dai padri ed entrano in scena le divisioni legate al potere e alle successioni".

 

Un cambiamento che, come spiega a Sky TG24, non lascia però il varco ad alcuna tentazione nostalgica: "La famiglia contadina del primo Novecento era un centro di socialità e di solidarietà ma era anche fortemente oppressiva e repressiva. Su quel concetto abbiamo sviluppato la nostra civilizzazione, ma ricordiamoci che non era certo il migliore dei mondi possibili. Il migliore dei mondi possibili - conclude Pennacchi - è nel futuro, non nel passato".

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