Echi dall'Incubo, un'antologia per riscoprire il Dylan Dog di Sclavi

“Echi dall’Incubo”, la raccolta di ventiquattro storie brevi di Dylan Dog firmate da Tiziano Sclavi, non è semplicemente un volume celebrativo del personaggio della Sergio Bonelli Editore. È qualcosa di più. Innanzitutto è una sintesi efficace del Dylan Dog di Sclavi: di quell’Indagatore dell’Incubo perennemente a metà tra orrore e sogno, tra mostri ed esseri umani, tra casi oltre il paranormale e al limite del prevedibile, pieno di voci, di facce, di altri personaggi; immerso nel bianco e nero delle storie Bonelli, forte di un dinamismo vecchio e allo stesso tempo nuovo. E poi arriva alla vigilia di un anniversario importante, quello dei quarant’anni della testata, uscita per la prima volta nel 1986, mentre dall’altra parte del mondo venivano pubblicati “Il ritorno del Cavaliere Oscuro” e “Watchmen”. Un fumetto presente e consapevole del suo tempo La filosofia “sclaviana” è sempre stata estremamente critica del suo tempo. E con critica, attenzione, non vogliamo dire cattiva o feroce. Intendiamo dire, al contrario, presente e consapevole di ciò che accadeva. Dylan Dog, sempre così fascinoso, enigmatico, a tratti anche goffo, ha incarnato un’idea precisa non solo di fumetto, ma proprio di immaginario. A metà di tante cose, di tanti horror, di tanta tensione. Centro, a suo modo, di una piccola grande rivoluzione della nona arte italiana. Ed “Echi dall’Incubo”, in qualche modo, simboleggia esattamente questo. È come una fotografia: più di 430 pagine che raccontano di un periodo fondamentale per il nostro fumetto e che ci ricordano, allo stesso tempo, la bravura e l’intelligenza di Sclavi. Ventiquattro storie brevi significano ventiquattro storie che funzionano da sole, indipendentemente, che si calano nell’atmosfera e nell’ambientazione e che citano esattamente quello di cui hanno bisogno, senza strafare e senza andare troppo oltre. Ventiquattro storie brevi vogliono dire artisti differenti, tratti differenti, approcci differenti: da Giampiero Casertano a Corrado Roi, da Angelo Stano a Montanari & Grassani, passando per Bruno Brindisi, Giovanni Freghieri, Enea Riboldi, Carlo Ambrosini, Franco Saudelli e Claudio Villa. Eppure tutti saldamente tenuti insieme dalla scrittura di Sclavi, dalla sua idea e, soprattutto, dal suo Dylan Dog. I cambiamenti di Dylan e Bonelli Negli ultimi anni, c’è stato come un allontanamento da parte dei lettori nei confronti della testata e, più in generale, delle opere pubblicate dalla Sergio Bonelli. È un segno dei tempi, certamente, ma è anche un segno della crisi delle edicole, che continuano a rimanere il canale principale – ma non unico, attenzione – di distribuzione dell’editore milanese. Qualcuno si lamenta che non ci sono più le belle storie di una volta, che ogni cosa è cambiata e che spesso, cambiando, è peggiorata. In realtà, è tutto più complesso di così. Indubbiamente c’è stato un appiattimento, in alcuni casi, delle storie. Eppure non cambiare, non cercare un nuovo corso e non provare a rivolgersi anche a un pubblico nuovo non sembrano la risposta migliore a questa crisi. La Bonelli si sta spostando anche nelle librerie, sta aumentando la sua offerta di volumi cartonati, da collezione; sta sviluppando progetti come l’“Orbit Orbit” di Caparezza, capaci cioè di parlare a un altro tipo di pubblico e, soprattutto, di portare risultati . E un’antologia come “Echi dall’Incubo” rappresenta una doppia occasione. Ovviamente è un’occasione per i vecchi lettori, per avere raccolte in un unico volume le storie brevi di Sclavi che sono state pubblicate a partire dal 1989. E rappresenta un’occasione pure per i nuovi lettori, quelli che magari non hanno mai letto o approfondito Dylan Dog e che non sanno da cosa cominciare. Guardare avanti senza dimenticare la tradizione Nella nostra tradizione, nel fumetto popolare italiano, l’Indagatore dell’Incubo continua a occupare un posto speciale. Proprio per la capacità che ha dimostrato innumerevoli volte, attirando addirittura le ire della politica, di intercettare un sentimento comune e attuale. Forse, oggi, quella forza propulsiva non è più così presente. E non tanto per il lavoro che fanno gli autori o per la nuova direzione della testata, curata da Barbara Baraldi. Quanto per il mercato che si è creato: così pieno, così turbolento, così affaticato. I lettori continuano a essere un numero limitato, soprattutto se parliamo di fumetto italiano. E questo ci dice chiaramente una cosa: bisogna provare a guardare avanti, a guardare oltre, senza dimenticare il passato o la tradizione. E Dylan Dog, questo Dylan Dog, con questo volume, è sicuramente il simbolo di un certo modo di fare fumetto e raccontare storie. Con la copertina firmata da Gigi Cavenago, poi, assume un significato ulteriore: fa da ponte con il futuro.

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Echi dall'Incubo, un'antologia per riscoprire il Dylan Dog di Sclavi

Gianmaria Tammaro