Pizza-turismo, da comfort food a racconto di un territorio

Sette turisti stranieri su dieci inseriscono la pizza tra le icone gastronomiche del Bel Paese. Secondo l’ultimo Rapporto sul turismo enogastronomico, il 70% degli italiani ha effettuato almeno una vacanza negli ultimi tre anni motivata principalmente dal cibo, dal vino o dall’olio. Tra le eccellenze italiane più iconiche in ambito agroalimentare, la pizza si posiziona al terzo posto con il 22% delle preferenze. Simbolo nazionale, riconosciuto in tutto il mondo, la pizza è diventata la protagonista di percorsi turistici innovativi. Non si tratta più solo di mangiarla, ma di viverla: degustazioni abbinate a vini locali, laboratori di panificazione, visite a pizzerie storiche o a piccole produzioni artigianali. Così la pizza si trasforma in veicolo di conoscenza del territorio, capace di far scoprire eccellenze locali, tradizioni enogastronomiche e storie dei borghi rurali e delle aree meno note, contribuendo a creare un turismo sostenibile e di qualità. Ne parliamo con Giusy Ferraina, giornalista e autrice di “Pizza connection - Visioni futuristiche e strategie innovative per pizzaioli ultramoderni” edito da Dario Flaccovio Editore. Vera e propria icona della cultura enogastronomica italiana, la pizza è molto più di un cibo. Cosa rappresenta? Quali le ragioni del suo successo? La pizza è uno dei grandi simboli della cucina made in Italy, ma al di là della sua bontà, porta con sé valori culturali e sociali. La pizza è prima di tutto identitaria, in lei si riconosce un popolo e un paese con la sua tradizione; la pizza è convivialità e condivisione, ha il potere di saper mettere tutti d’accordo, di unire e di regalare felicità, perché è uno dei comfort food per eccellenza. Questi i suoi aspetti valoriali universalmente riconosciuti. A questi se ne aggiungono altri, più attuali, come l’inclusività, la territorialità, la sostenibilità - da non considerare però come valori adottati ex-novo, bensì come valori riscoperti che attraverso la pizza possono trovare una rappresentazione unica. L’accoppiata pizza-turismo non è più un fenomeno di nicchia ma un’autentica esperienza di viaggio. La pizza non è più solo un pasto ma un vero e proprio motore per un'esperienza culturale. Perché? Negli ultimi anni la pizza – e il mondo che le ruota intorno – è diventata una portavoce autorevole del territorio. Non più semplice trend, ma un modello solido che nasce dall’incontro tra la pizzeria e le eccellenze agroalimentari italiane. Oggi il pizzaiolo consapevole riconosce il valore di ciò che ha intorno e costruisce sinergie concrete con la propria comunità: sceglie di circondarsi da produttori che condividono la stessa visione etica e qualitativa. Questo significa anche creare una rete virtuosa premiante per tutti, in quanto capace di generare valore culturale ed economico. Attraverso la pizza possiamo far conoscere prodotti tipici del territorio, magari quelli meno noti e quasi dimenticati, le dop e le igp, ma ancor di più i piccoli produttori locali, la storia di quel posto e le tradizioni, ricette che si trasformano in topping. Lo stesso vale per tutto ciò che accompagna la pizza: carte dei vini e delle birre radicate nel territorio, capaci di raccontare luoghi, persone e tradizioni. Il risultato? Un’esperienza che non si limita al piatto, ma che porta in tavola un racconto completo, fatto di identità e appartenenza. Quali sono i dati e cosa ci raccontano? I dati CNA confermano la pizza come un forte attrattore turistico, mentre dai dati Fipe che ho rilevato e studiato durante la stesura del libro si evince che negli ultimi anni si sono moltiplicate le pizzerie aperte, da quelle take-away a quelle classiche, fino a quelle dedicate solo alla delivery. Faccio qualche numero per essere più pragmatica: in Italia nel 2024 esistono 49.480 pizzerie con servizio al tavolo; se allarghiamo agli esercizi specializzati nella produzione e/o nella vendita di pizza il numero si alza e tocca i 121.529. Il 98% degli italiani mangia la pizza, il 65% la consuma almeno una volta a settimana, il 40% consuma questo piatto anche 2 volte a settimana e il 13% fino a quattro volte, sia fuori che dentro casa. Le pizze sfornate ogni anno sono 2,7 miliardi per 200 milioni di kg di farina, 225 milioni di kg di mozzarella, 30 milioni di kg di olio di oliva e 260 milioni di kg di salsa di pomodoro, producendo un fatturato che va oltre i 15 miliardi di euro. E questo succede solo in Italia, senza calcolare i dati esteri. E direi che sono numeri che spiegano alla perfezione il potenziale economico e di sviluppo che c’è intorno al settore. Secondo un’indagine diffusa dalla CNA, la pizza è tra i motivi di viaggio in Italia per sette stranieri su dieci. Cosa cerca il “turista della pizza”? Il turista cerca la pizza italiana, che identifica con quella napoletana, che non è sempre quella che mangia nel suo paese, anche se dal riconoscimento Unesco del 2017 dell’Arte del Pizzaiuolo, all’estero è aumentata la domanda e anche l’offerta made in Italy. Spesso attraverso la pizza si cerca il sapore italiano, quel folklore che ritroviamo in certi locali, incentrato sulla spettacolarizzazione del prodotto pizza. All’estero manca ancora la visione evoluta della pizza che abbiamo noi, una pizza che passa per una molteplicità di impasti, di forme, di topping e che oggi è vera e propria esperienza di gusto che si avvicina sempre di più alle esperienze degustative che si fanno in certi ristoranti fine dining. Il cosiddetto PizzaTurismo affianca l’ormai consolidato turismo enogastronomico, muove l’economia e crea lavoro mettendo sotto i riflettori anche territori fuori dai circuiti consolidati, con ricadute sull’intera filiera. Quali le prospettive di sviluppo del settore? Nell’ultimo rapporto dul turismo enogastronomico si evidenziano infatti, incrementi vertiginosi della domanda internazionale, che ricerca e vede nell’Italia come meta di viaggio, “cibo e vino”. Questo sottolinea la capacità attrattiva del gusto che il nostro paese ha e da qui si evince che il turismo enogastronomico è e continuerà ad essere un settore che continua a crescere a ritmi sostenuti, affermandosi come uno dei segmenti più dinamici dell’economia turistica globale. In questo panorama generale si ritaglia il suo spazio anche la pizza, vista come un elemento di tradizione, espressione locale ed esperienza rinnovata in alcuni casi. La pizza ovviamente non è solo acqua e farina, ma abbraccia il territorio e le sue persone, lo fa assaggiare, scoprire e ci mette in relazione con esso, portando alla definizione di un ecosistema economico e culturale. Ecco perché a mio avviso la pizza può essere una grande leva di marketing sul territorio, portando a cascata sull’intera filiera maggiore promozione, aumento della conoscenza e reputazione, aumento della domanda. In un suo personale itinerario, da Nord a Sud Italia, quali le tappe assolutamente irrinunciabili? Viaggio bello, quanto impervio di deviazioni, viste le numerose nuove aperture e le pizzerie storiche presenti in Italia. Dovendo tracciare una rotta ideale è obbligatorio partire da I Tigli a San Bonifacio , regno di Simone Padoan e artefice della rivoluzione della pizza contemporanea. Spostandoci su Milano sicuramente è doverosa l’esperienza di Confine, dove Francesco Capece e Mario Ventura hanno dato vita a un format di altissima qualità sdoganando il percorso degustazione per la pizza proprio come succede nei ristoranti gourmet e il pairing con il vino. In Toscana farei una puntata in Versilia da Battiloro, fuoco, lieviti e spiriti per farvi provare la pizza di Gennaro Battiloro, con il suo cocktail pairing, altro elemento su cui lavorare in modo creativo. A Bologna troviamo Berberè, la pizza dei fratelli Aloe con il lievito madre, unica e originale, tra i primi a creare una pizza diversa e finalizzata alla condivisione. La Capitale offre grandi spunti e molto interessanti, qui su tutti da provare la pizza in teglia di Bonci, padre della teglia alla romana moderna e se doveste trovare la fila andate sempre a colpo sicuro da uno dei suoi allievi Francesco Arnesano. Sul versante pizza tonda obbligatorio provare la pizza contemporanea di Illuminati Seu, mentre per la pizza romana vi invito ad arrivare fino a Fiumicino da Clementina, per un’immersione totale nei lievitati di Luca Pezzetta. In Abbruzzo c’è la slice italiana di Valerio Valle, versione made in Italy della pizza gigante new yorkese. In Campania, terra natale della pizza, c’è Francesco Martucci a Caserta, uno dei top player del momento, a Napoli c’è Isabella de Cham specializzata per la pizza fritta e per la classica napoletana Antichissima Pizzeria Port’Alba 1738, tra le storiche della città; e fate un passaggio a Tramonti per provare la tipica pizza tramontina . Deviazione piacevole e un po’ luxury per una giornata a Ischia e provare qui la pizza di Ivano Veccia a Lisola. Arriviamo in Calabria e qui senza alcun dubbio Bob alchimia a Spicchi, e qui vi raccomando una cena completa di ogni specialità in menu dalle monoporzioni alle pizze dolci. Infine traghettate e andate a Catania per assaggiare le pizze tonde e in pala di Marco D’Arrigo Al Vicolo Pizza&Vino. Ora oltre ad augurarvi buon viaggio vi dico anche buon appetito.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

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Costanza Ruggeri