“Ce l’ho, mi manca”: il fascino eterno delle figurine Panini

C’è un rumore che appartiene a milioni di infanzie: il fruscio di una bustina che si strappa. Dentro, cinque rettangoli di carta che valgono più di qualsiasi tesoro, perché contengono la promessa di un “ce l’ho, mi manca” urlato nel cortile della scuola, o l’attesa febbrile di completare un album. È in quel gesto semplice e universale che le figurine Panini hanno smesso di essere un gioco e sono diventate mito. La storia comincia a Modena, nel 1961: Giuseppe e Benito Panini, titolari di una piccola edicola, rimettono in circolazione un lotto di figurine invendute; la risposta è entusiasta, da quell’intuizione nasce l’album “Calciatori” 1961-62 con Nils Liedholm in copertina. Da rito locale a lingua globale, come dimostrano i capitoli che hanno scolpito l’immaginario: la rivoluzione degli autoadesivi nel 1972-73, la rovesciata di Parola ridisegnata nel 1970 e diventata logo pop, l’ingegno meccanico della Fifimatic che rende ogni bustina una micro-lotteria di emozioni, il rito planetario degli album dei Mondiali , la leggenda Pizzaballa, la raccolta che diventa memoria e museo. Su questo patrimonio, oggi, si innesta il presente ibrido: l’odore della carta e l’alfabeto delle app, la mancolista e il QR. A tenere insieme i fili è una regola non scritta che Panini ha trasformato in metodo. "Un mantra tipico di Panini è innovare nella tradizione", spiega Antonio Allegra, Group External Relations Director: "sin dalle origini, pur nel consolidamento dei prodotti “tradizionali”, si è sempre cercato di esplorare il nuovo e arricchire e completare l’esperienza del collezionista". L’icona pop Il logo con la rovesciata di Parola ha la forza dei simboli universali. La sua neutralità cromatica, “di tutti e di nessuno”, dialoga con l’esperienza della bustina: speranza, delusione, gioia, frustrazione. Dietro c’è la Fifimatic: la casualità diventa parte del gioco e alimenta la narrazione di generazioni. Ma se l’icona è italiana, la sua circolazione è mondiale. "Figurine e Panini sono spesso vissuti come sinonimi e all’estero si usa talvolta il nome dell’azienda per indicare la categoria ", racconta Allegra. E rivendica l’identità produttiva: "Printed in Italy su tutti i prodotti", pur dentro "un Gruppo i cui prodotti coprono oltre 120 paesi nei 5 continenti", con l’obiettivo "di entrare nelle culture dei diversi paesi". Rarità, mito e matematica dello scambio Il cortile è sempre stato il vero stadio del collezionismo, il luogo dove la litania “ce l’ho, mi manca” si traduce in comunità. Lì è nata anche la leggenda dell’introvabile: "La leggenda dell’introvabile Pizzaballa aveva… un fondamento di verità", ricorda Allegra: l’assenza al ritiro rese necessaria "la stampa della collezione senza quella figurina – che venne poi aggiunta nelle tirature successive". Oggi la tecnologia ha cambiato il quadro: "Con i moderni metodi di acquisizione immagini oltre che di stampa e mescola, la tecnologia garantisce un’equidistribuzione… pressoché perfetta". Eppure il mito resiste, ma per ragioni sociali: "Alcune figurine – guarda caso quelle dei giocatori più famosi – risultano effettivamente rare in alcune piazze… Totti a Roma è sempre stato una figurina rara, non perché ne stampassimo meno ma perché chi la trovava non metteva le eventuali doppie sul mercato dello scambio". Fisico e digitale: un ibrido che amplifica il rito L’arrivo del digitale negli anni ’90 ha generato più di un interrogativo. "Con l’avvento del digitale “mass market”… la “minaccia” di perdita del valore della fisicità si è fatta più concreta", ammette Allegra. Ma Panini ha scelto la via proattiva: "ha visto il digitale come opportunità più che come rischio, entrando da subito, ad esempio, su internet ". Oggi la convivenza è organica: "La fisicità della figurina rimane… un elemento fondante dell’esperienza “Panini”, esperienza che è stata affiancata dalle diverse applicazioni digitali, in ogni caso complementari e coerenti con il vissuto del “collezionare”". E gli esempi sono concreti: "La Panini Collectors app è di fatto una mancolista digitale… è sufficiente scansionare le figurine; le Panini Digital Collections permettono di rivivere i meccanismi del collezionare… dall’apertura della bustina allo scambio; le bustine digitali con NFT… hanno randomizzazione e rarità mutuate 1:1 dalle collezioni “hobby” anglosassoni". La sintesi è chiara: "Non solo la coesistenza tra il fisico e il digitale per Panini è possibile, ma anzi le 2 dimensioni si arricchiscono vicendevolmente". Identità nazionale, orgoglio modenese La parabola di un’edicola di corso Duomo che diventa un brand planetario dice molto del “Made in Italy”. "È una storia di imprenditoria italiana e di un’idea che, partendo da qui, ha invaso il mondo", sottolinea Allegra. Il riconoscimento istituzionale alimenta il senso di responsabilità: "Siamo stati coinvolti nella mostra Identitalia, dedicata agli iconici brand italiani… e il recente inserimento nel libro Cose molto italiane… ci ha inorgoglito". Perché Panini "fa parte della storia italiana degli ultimi 60 anni» e «ha raccontato l’evoluzione di una nazione con le sue figurine". Un capitale simbolico che resta modenese nel DNA, anche nella proiezione globale. Dallo scambio in piazza alle community: la socialità che resiste Se oggi il “ce l’ho, mi manca” viaggia tra gruppi e piattaforme, la dimensione fisica conserva un primato esperienziale. "Certamente anche lo scambio ha acquisito una forte dimensione digitale ed è divenuto parte integrante delle community online", riconosce Allegra. Ma "questo non ha fatto perdere valore all’esperienza fisica dello scambiare, che risulta comunque più appagante – lo tocchiamo con mano, ad esempio, agli eventi del Panini Tour". Il nodo generazionale è lì: "i giovani di oggi appaiono meno aperti a esperienze di condivisione fisica… Da questo punto di vista, una delle sfide per Panini è trasmettere il piacere del collezionare e essere parte di una comunità “reale” di amici con la stessa passione". Futuro prossimo: “innovare nella tradizione” Il filo che collega il 1961 al presente è un equilibrio mobile. "Le raccolte storiche – a partire dalla collezione Calciatori che esce ininterrottamente dal 1961 – continueranno ad uscire, sempre nuove ma coerenti con la storia", dice Allegra: "un ponte tra le generazioni che racconta l’evoluzione culturale e dei costumi". In parallelo, "nuovi collectibles arricchiti da memorabilia e da carte rare, tipici della tradizione anglosassone, verranno lanciati"; la figurina autoadesiva sarà "sempre più diffusa anche in America". All’orizzonte un picco globale: la FIFA World Cup 2026™ "dovrebbe risultare la collezione più venduta nella storia, con svariati miliardi di figurine distribuiti in tutto il mondo". E sul digitale: "si continuerà a investire… il Mondiale di Calcio previsto per l’anno prossimo vedrà il lancio di nuove esperienze interattive Panini". Tutto, però, nel solco di un principio: "Tra i valori di Panini c’è sempre stato un legame con la contemporaneità, l’essere sempre al passo con i tempi, le mode e i fenomeni di costume… affinché la magia del CeloCeloManca possa arrivare anche alle generazioni future". Perché le figurine Panini ci parlano ancora Forse la risposta sta nella somma di piccoli gesti e grandi simboli. La bustina che fruscia, la rovesciata che vola, il cortile che diventa piazza digitale, la mancolista che oggi si scansiona ma resta un elenco di desideri. Le figurine Panini non sono solo un’icona – come la Vespa o la moka –: sono un alfabeto affettivo che racconta identità, memoria, comunità. E mentre l’ibrido fisico-digitale apre strade nuove, il cuore del rito non cambia: "la fisicità è fondante", ribadisce Allegra. È lì, in quel rettangolo di carta che contiene un mondo intero, che il collezionismo continua a rinnovarsi: ogni bustina un tuffo nel tempo, ogni scambio un accordo sociale, ogni album completato un piccolo, eterno frammento d’identità condivisa.

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“Ce l’ho, mi manca”: il fascino eterno delle figurine Panini

Giuditta Avellina