Kadokawa rileva la maggioranza di Edizioni BD/J-POP, Schiavone: "Convinti dalle loro idee"

Solo pochi giorni fa, quasi a sorpresa, è stata annunciata l’acquisizione da parte di Kadokawa, colosso giapponese dell’intrattenimento e dell’editoria, del 70% di Edizioni BD/J-POP, una delle realtà editoriali italiane più importanti e apprezzate. Marco Schiavone, AD della società, racconta che più volte, nel corso degli anni, sono stati avvicinati da diversi operatori del settore con l’intenzione di un accordo, ma che hanno sempre rifiutato. Fino a ora. E questo per una serie di ragioni. Innanzitutto per il peso internazionale di Kadokawa, che rappresenta per Edizioni BD/J-POP una porta d’accesso diretta al mercato giapponese, uno dei più ricchi del mondo. E poi perché, potendo mantenere il controllo diretto delle proprie attività, Schiavone e i suoi collaboratori avranno modo di allargare la loro offerta e la loro produzione senza rinunciare alle loro ambizioni. Per il mercato italiano dei fumetti, questo accordo arriva in un momento piuttosto particolare. Da una parte le vendite dei fumetti hanno rallentato. Dall’altra, invece, grandi eventi, come il Salone del Libro di Torino o il COMICON di Napoli, continuano a registrare nuovi record di accessi e visitatori. Come nasce l’accordo con Kadokawa? Nel 2021, da quando c’è stato il “boom” dei manga, un po’ di operatori, medi e grandi, ci hanno contattato con l’intenzione di stringere accordi, facendoci delle proposte economiche importanti. Alla fine non se n’è fatto niente. In parte perché dietro non c’erano veri e propri progetti, e in parte perché – non lo nego – non c’era abbastanza per solleticare la nostra ambizione. Ad attirare questi operatori erano stati i numeri che avevamo registrato, soprattutto il salto che c’è stato tra il 2019 e il 2020. Kadokawa non ci ha conquistati soltanto con la sua proposta economica. Ci ha convinti con altro. Con cosa, allora? Con questa prospettiva internazionale e con una laicità di fondo molto, molto forte. Kadokawa fa tante cose: videogiochi, animazione, editoria; ha l’università telematica più grande del Giappone. Negli anni ha fatto diverse acquisizioni, anche nel gioco da tavolo. Si occupa di narrativa da ottanta anni e di fumetti da quaranta. È cresciuta gradualmente. Ma tutte le società che ha acquisito hanno mantenuto i loro marchi e la loro linea editoriale, e quindi la loro indipendenza. Quando c’è stato il primo contatto? La prima volta che li abbiamo incontrati è stato al Festival di Angoulême del 2024. Ci sono voluti circa quindici mesi per chiudere questo accordo – quindici mesi, ho scoperto, è la durata della gravidanza delle giraffe. In questo periodo, ho capito che sono estremamente pronti ad aprirsi a titoli esterni. Ciò che cercano è il potenziale delle storie. Non vogliono lavorare soltanto sui manga di loro proprietà. Quali sono i vantaggi immediati di questo accordo? Innanzitutto, e credo che sia il più evidente, ora abbiamo un amico – diciamo così – dalle spalle grosse, pronto a supportarci e a sostenerci nelle situazioni più complesse. E poi c’è la disponibilità di tantissimi nuovi prodotti. In questa decisione, ha giocato un ruolo anche il rallentamento delle vendite dei manga? È un po’ articolata come questione. Noi abbiamo chiuso il 2024, come esercizio fiscale, ad aprile. Ed è stato un risultato molto importante in termini di utile e di profittabilità. Se avessi fatto una scelta imprenditoriale diversa, decidendo di mantenere il 100% del controllo della casa editrice, nessuno avrebbe potuto criticarla. Proprio perché siamo, ed eravamo, in salute. Anche con la decrescita di cui parlava poco fa. La verità è che non ho abbandonato le mie ambizioni. E le faccio un esempio. Prego. Pensi ad Astorina, la casa editrice di “Diabolik”. Negli anni è stata in grado di consolidare il proprio marchio, continuando a fare fumetti, a fare storie e sviluppando altri prodotti, come film. Astorina ha deciso di rimanere in un solco molto preciso. Non ha mai strafatto; non ha mai aumentato in modo esponenziale le proprie uscite. Ecco, io invece voglio provare ad allargare il mio solco. I competitor di Edizioni BD/J-POP, in questo momento, hanno fatturati con due zeri in più rispetto al nostro. Quindi non sto giocando nel loro stesso campionato. Con un amico dalle spalle larghe, è possibile provarci. Da che cosa è dipeso questo rallentamento nelle vendite? Il governo ha eliminato il bonus cultura e il fondo delle biblioteche che, fino all’anno scorso, valevano circa 100 milioni di euro, che non sono proprio pochi: parliamo del 6/7% delle vendite. E questa percentuale è stata tagliata via con l’accetta, di colpo. Se prima i ragazzi avevano dei soldi li spendevano volentieri in fumetti. Pensi che in Francia, arrivata in ritardo rispetto al vituperato Renzi, si parla di “manga pass”. Danno per scontato che il bonus cultura venga speso in manga. L’iniezione che abbiamo avuto noi è durata circa dieci anni, e ora il mercato deve trovare un altro equilibrio. Ma non c’è da stracciarsi le vesti. Sarà pure che io sono a Torino e sono abituato da sempre a sentir parlare di crisi. Ma la vera crisi è passare da 200mila posti di lavoro a 20mila, com’è successo qui nell’industria. Gli editori italiani hanno finito per abusare del successo dei manga stampando troppo e puntando sempre sulle stesse cose, come le copertine variant? C’è stata sicuramente dell’avidità. E non voglio fare il santo: anche noi abbiamo fatto le nostre edizioni speciali e le nostre variant. E questo perché c’è una richiesta forte, soprattutto da parte dei collezionisti. Personalmente ho sollevato questo stesso tema anni fa, dopo una premiazione di Animeclick . Ci sono i lettori forti, è ovvio, ma c’è anche una realtà che è piena di collezionisti, che non comprano per leggere ma per – appunto – collezionare. Una cosa simile, se vuole, a quella che è successa alle carte Pokémon: oggi ci gioca soltanto una minoranza, mentre quasi tutti le comprano per collezionarle. Continuo a pensare che ci sia un pubblico attento, che legge per crescere e per migliorarsi. Forse la deriva di cui parla lei, quest’anno, sta già rallentando. Proprio perché i prezzi si stanno rimodulando e i collezionisti, oramai, sono finiti: non ce ne sono più di nuovi. Che pubblico le viene in mente quando pensa a questi lettori forti di fumetti? Credo che in Italia ci siano tra le 50 e le 100mila persone che leggono avidamente: fumetti, romanzi, libri vari. Quando poi arriva un fenomeno, si va oltre: si esce dalla bolla e si entra in contatto con il pubblico più ampio. E il nostro compito, come editori, è riuscire a mantenere questi nuovi lettori e non perderli. Qual è il canale principale di vendita di Edizioni BD/J-POP? Le librerie, sempre seguendo il calo delle vendite, si stanno riorganizzando e spesso, soprattutto nelle grandi catene, cambiano i loro spazi. Questo è vero, ma non sarei assolutista. Le catene che cita lei hanno comunque assunto nuovo personale, formato soprattutto sui fumetti. E quelle persone, oggi, restano ai loro posti. E quindi, in qualche modo, continua a esserci un contatto più o meno forte. Per quanto riguarda Edizioni BD/J-POP, fumetterie e librerie restano centrali e sono quasi equivalenti. Non siamo mai passati dalle edicole. Le fumetterie, oggi, sono decisamente più accoglienti e più aperte a pubblici diversi. Fino a qualche anno fa, venivano frequentate soprattutto dagli uomini, adesso è diverso. E questo non lo dico solo io: anche le persone di Kadokawa che sono venute in Italia negli ultimi mesi hanno notato che spesso le nostre fumetterie sono più all’avanguardia di quelle degli Stati Uniti e della Francia. Conviene ancora andare alle fiere? Ci sono editori, come Coconino Press, che stanno creando i loro eventi. L’esperimento di Coconino è estremamente interessante e lo guardo con molta attenzione. Perché in questo mestiere è fondamentale anche questo: tenere gli occhi aperti. Per quanto riguarda le fiere, quest’anno è stato probabilmente l’anno migliore. E penso alle vendite che abbiamo fatto al Salone del Libro, dove molti dei nostri titoli sono andati esauriti, e al COMICON di Napoli. Credo che un certo pubblico stia tornando agli eventi dal vivo, proprio per fare gruppo e ritrovare gli autori. E questo lo dimostra la presenza, in tutte le fiere, di persone che arrivano da altre regioni e città. E poi le fiere non vanno considerate solo per le vendite: servono per i contatti, per avvicinare i lettori, per farsi vedere. Adesso che il 70% della società è di Kadokawa, sarà più difficile prendere scelte? In realtà, io continuo ad avere sempre le stesse mansioni. Quindi, per ora, no. Non ci sono delle differenze. Ci saranno se ci saranno dei problemi. Ma in questo momento abbiamo la stessa libertà di prima. Nel nostro CDA, tra l’altro, ci sono tre italiani su sette membri. Io, poi, non voglio portare altri cinquanta nuovi manga al mese in Italia; voglio riuscire a portare cinque fumetti italiani in Giappone. È questo che mi piacerebbe fare. E credo che abbiamo sia i talenti che la possibilità per farlo. Siamo l’editore italiano del francese “Radiant”, che è stato un caso editoriale pazzesco, adattato anche in un anime. Ecco, sono sicuro che in Italia ci siano altri “Radiant” che aspettano di avere la loro occasione. Prima citava altri operatori che vi hanno avvicinati per una possibile acquisizione. Può dire chi erano? No, purtroppo ci sono degli NDA. Invece chi sono i competitor a cui faceva riferimento? Mondadori e Panini, che chiaramente non vendono solo manga, ma hanno una fetta di mercato più ampia. Anche per questo, nei loro bilanci, ci sono altri due zeri. Avere una presenza come questa di Kadokawa nel mercato italiano crede che possa cambiare le dinamiche interne? Mi spiego: in questo modo, ora, i giapponesi saranno più consapevoli non solo dei numeri ma pure della qualità del lavoro che viene fatto sui loro titoli? E non mi riferisco solo a voi, Edizioni BD/J-POP. Mi riferisco anche ai vostri competitor. I giapponesi sanno esattamente che cosa succede in Italia. E lo dimostra l’aumento della loro presenza nelle varie fiere. Sanno quanto vendiamo e sanno dove vendiamo di più, se in libreria o in fumetteria. E sanno anche quando qualcuno commette degli errori. Per loro, però, è più importante il rapporto che hanno con gli autori, ciò su cui prendono un impegno, che un errore commesso da un editore di un altro paese. Hanno detto ai loro autori che le loro opere sarebbero arrivate in Italia, e sono pronti a tutto per rispettare ciò che hanno detto. Chi vuole fare questo lavoro deve capire che è fondamentale concentrarsi sul contenuto. E aggiungo: ogni editore ha decine e decine di collaboratori diversi. Se ci fossero problemi, come per esempio mancati pagamenti, gli editori giapponesi verrebbero immediatamente contattati dai diretti interessati. L’attaccamento che c’è in Giappone per gli autori è qualcosa che anche noi dovremmo tenere a mente. In che senso? Senza diventare insistenti o morbosi, dobbiamo rimettere al centro i nostri autori, con le loro necessità e le loro idee. Se gli autori sono contenti, lavorano meglio. Se lavorano meglio, i lettori – in teoria, certo – leggono di più. E se leggono di più, anche noi ci guadagniamo.

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