Il ritorno del Goldrake (originale) e un’era irripetibile

A volte ritornano. Non con le stesse metalliche fattezze, ma senza che la ruggine ne abbia intaccato il fascino. Almeno per i nostalgici che hanno vissuto la prima stagione dell’invasione dei robot giapponesi sulle televisioni, pubbliche e private, italiane. Erano le 18.45 del 4 aprile 1978 quando Goldrake, in lingua originale Grendizer, fece la sua comparsa sui nostri schermi, per la televisione di Stato. Fu l’inizio di un fortunato ed epico filone che in Rai si cerca di riscoprire o fare scoprire ora, prima lanciando un reboot pensato per vecchi e, ci si augura, nuovi fan delle avventure di Actarus e compagni e, presto, riproponendo l’intera saga originale in versione restaurata. Sul buon esito dell’operazione non ci si poteva giurare, al massimo scommettere, e i risultati sembrano darle ragione. I gusti cambiano insieme ai tempi, ed è difficile pensare di potere assistere a una nuova valanga di proposte come quella del finire degli anni ‘70 e della prima metà degli anni ’80. Anche perché per gli appassionati, anche se su circuiti differenti rispetto a quelli della tv generalista, i propri beniamini non se ne sono mai veramente andati, finendo però confinati in una dimensione di nicchia, destinati soprattutto a chi quel periodo l’aveva vissuto in prima persona. In principio fu Goldrake Ma partiamo dall’inizio, che per i telespettatori italiani fu appunto Goldrake e come noto riscosse subito un enorme successo di massa. In realtà si tratta del terzo capitolo di un’unica saga che dal suo creatore, il mitologico mangaka Go Nagai, aveva preso vita con il capostipite Mazinga Z e poi proseguita con Il Grande Mazinga. Il fatto di partire dalla fine, alla lunga, non favorì la coerenza narrativa dell’universo creato dal famoso autore, ma questo si sarebbe capito solo nel corso degli anni. Anche eventi ai tempi eccezionali come le proposte cinematografiche che facevano uscire dal piccolo schermo e riunivano gli eroi in quelli che oggi chiameremmo “Team Up”, e che riempievano di meraviglia i ragazzini di allora, facevano fatica a farsi comprendere a pieno, evidenziando idiosincrasie e buchi narrativi difficili da risolvere. Anche perché ai tempi internet non esisteva, e raccogliere informazioni non era alla portata anche del pubblico più giovane come ora. La serie originale di Goldrake è incentrata sul personaggio di Duke Fleed, un alieno che finisce sulla Terra in fuga dal proprio pianeta a bordo del suo robot e viene adottato da uno scienziato, prendendo il nome di Actarus. Il protagonista diventa il principale difensore della Terra quando gli stessi invasori del suo mondo natale, i temibili Vegani , arrivano a minacciare il nostro, con una serie di comprimari che contribuiscono in maniera decisiva al successo della serie, dal fido compagno Alcor , alla frizzante Venusia e all’irascibile padre Rigel, grande appassionato di Ufo. In realtà tutti gli episodi di Goldrake, ma anche dei suoi epigoni come vedremo, avevano un canovaccio ripetitivo: ogni puntata aveva uno spunto che coinvolgeva in qualche maniera in modo corale i personaggi, per poi raggiungere il climax con la minaccia degli alieni che si materializzava sottoforma di un robot malvagio che rischiava di distruggere Goldrake che alla fine aveva però la meglio sull’avversario di turno. Fino alla resa dei conti finale con il faccia a faccia tra Actarus/Duke Fleed e Re Vega. Il tono delle avventure era a volte tragico, mixato a parti liriche o comiche, ma sempre epico. A decretarne la fortuna, oltre all’originalità del prodotto per un pubblico digiuno di offerte del genere, furono elementi entrati poi nella cultura di massa italiana: dalle frasi che Goldrake esclamava quando usava le proprie armi contro i nemici a una sigla che divenne una hit irresistibile, alla produzione di giocattoli e gadget di ogni tipo. Gli epigoni del Super Robot Come dicevamo, Goldrake fece da apripista a una pletora di serie del genere “mecha” come vengono identificate in Giappone. Da Mazinga Z a Il Grande Mazinga che in patria lo avevano preceduto, ad altri capolavori indimenticabili come Jeeg Robot d’acciaio , Gundam, Daitarn III o Daltanious. I robot avevano conquistato le televisioni e i cuori dei ragazzi del tempo. Pur con le rispettive diversità, ogni serie veniva accolta con favore e divorata dal pubblico. Se c’erano dei punti di contatto si potevano comunque rintracciare nello spirito che le permeava. Gli eroi, se non erano monolitici, erano comunque guidati da una fede incrollabile nella loro missione, ed erano disposti a tutto, pur di portarla a termine. Anche a costo della vita come avviene in alcune serie . Un evidente richiamo alla mentalità bellica nipponica, con i kamikaze che si lanciavano coi loro aerei in battaglia, e allo choc post bellico definito dall’incubo nucleare. Da lì nasceranno i vari mostri entrati nell’immaginario di tutti, da Godzilla alla tartaruga Gamera. Ma questa è un’altra storia, fatta di segni impressi sulla carne e non di acciaio. A proposito di acciaio, il genere mecha ha origine dal boom economico giapponese dopo la guerra e dall’incredibile sviluppo industriale del Paese. Origini e crisi del genere I primi personaggi ispirati dalle evoluzioni tecnologiche sono delle creature robotiche “senzienti” come Astro Boy. Negli anni ’70 Go Nagai darà la prima scossa all’archetipo inserendo l’elemento umano alla guida di quelli che saranno definiti Super Robot che si distinguevano dai così detti Real Robot per il fatto di essere esemplari unici con una dotazione di armi infinita al contrario, ad esempio dei mobil suit di Gundam che potevano esaurire le munizioni nel bel mezzo di uno scontro. Con gli anni le proposte che arrivano dal Sol Levante diventano sempre più sofisticate , anche se nel nostro Paese la loro spinta propulsiva e rivoluzionaria si è via via esaurita. Il crescere di quella prima generazione che era stata plasmata dai Robot giganti ha tolto la meraviglia al fenomeno che al giorno d’oggi trova posto al fianco di produzioni analoghe, anche statunitensi ed europee, ma che ha lasciato un segno indelebile nella cultura di massa occidentale. Un manifesto del Giappone come terra di magia e tecnologia di cui Goldrake è stato per noi il primo ambasciatore.

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