Fallout, Arcane e i The Game Awards

Nel corso di dieci anni i TGA, acronimo per The Game Awards, sono cresciuti in modo quasi esponenziale. Da piccolo evento di settore ad appuntamento imperdibile per gli appassionati, gli addetti ai lavori e, più in generale, per tutta l’industria dell’intrattenimento. Sono stati in grado di trasformarsi in una vera e propria vetrina per il mercato videoludico, attirando e coinvolgendo non solo il pubblico generalista ma anche sponsor, produttori e distributori di cinema e televisione. La presenza stessa di personalità dello spettacolo che con i videogiochi non hanno quasi niente a che fare ne è una prova . Al di là di qualunque considerazione sui premi che sono stati assegnati , è interessante provare ad analizzare una categoria in particolare. E cioè quella dedicata al miglior adattamento. Prima di farlo, però, è importante partire da una premessa. Gli adattamenti non devono, e non possono, essere copie identiche del materiale originale. Ci sono delle differenze sostanziali tra i vari linguaggi – se nel videogioco il giocatore è direttamente coinvolto e chiamato a prendere delle decisioni, nella tv e al cinema lo spettatore è coinvolto solo fino a un certo punto. E ci sono delle differenze sostanziali anche nei budget. La fedeltà di un adattamento, insomma, non può risiedere nella sua somiglianza con l’opera di partenza. Deve essere in grado di tradurre le intenzioni e lo spessore del racconto, dei personaggi e delle loro interazioni, senza dimenticare la grammatica e le caratteristiche fondanti della sua nuova forma. “Arcane” e “Fallout”, entrambi candidati ai TGA come miglior adattamento, ci sono riusciti. Se di “Arcane” abbiamo già parlato in passato, sottolineandone i pregi e l’eccezionalità, di “Fallout” ci siamo occupati relativamente poco. Si tratta della serie tv tratta dall’omonimo videogioco di Bethesda. Nel suo team creativo, alla regia e alla produzione, ci sono Jonathan Nolan e Lisa Joy, gli showrunner di “Westworld”. È un racconto post-apocalittico, ambientato in un mondo che è stato ridotto in macerie dall’Armageddon nucleare. La storia si svolge nel futuro, quando i Vault, che hanno protetto i sopravvissuti, vengono riaperti e la protagonista, interpretata da Ella Purnell, comincia una caccia senza fine per salvare suo padre. Rispetto ad “Arcane”, “Fallout” è una serie live action, quindi ha dovuto confrontarsi con altre necessità e altri limiti . Ai TGA ha vinto “Fallout” e questo, volendo, si può spiegare in diversi modi. Sia come una scelta dettata dalla necessità di rimanere rilevanti anche in futuro sia, poi, come una valutazione produttiva. Il punto, però, non è questo. Il punto è che sempre più serie e film tratti da videogiochi dimostrano il loro valore e la loro importanza – e non solo per il pubblico; la stessa industria audiovisiva ne ha bisogno. A parte “Arcane” e “Fallout”, andrebbero citati anche “The Last of Us” ed esperimenti antologici come “Secret Level”. I TGA offrono chiaramente un riflesso di quello che il mondo dell’intrattenimento sta diventando. C’è una commistione sempre più evidente tra linguaggi e storie, e grazie anche allo sviluppo tecnologico dei mezzi adattare un videogioco per la tv o per il cinema è molto più facile. Non tutti sono stati d’accordo con la scelta di far vincere “Fallout”. “Arcane”, con le sue due stagioni, ha ribadito la potenzialità e la ricchezza dell’animazione e non si è mai fermata davanti alla lore, alla storia cioè, del videogioco da cui è tratta, “League of Legends”. Forse “Fallout” ha vinto perché, rispetto ad “Arcane”, è stata in grado – e in futuro lo sarà ancora di più – di raccogliere un pubblico più ampio, tendente al generalista, e se c’è una cosa di cui, ora, l’industria videoludica ha bisogno è esattamente questo: essere vista non come una cosa per pochi fedelissimi, ma come un bacino di storie per tutti. Nessuno escluso. I TGA, con la loro struttura così simile a un qualunque programma di premi, si pongono come una testa di ponte per avvicinare questi due mondi.

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