Stefano Bartezzaghi: "Chi vince non sa cosa si perde"

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Filippo Maria Battaglia

Filippo Maria Battaglia

©Getty

Nel suo nuovo libro, il semiologo analizza come è cambiato il concetto di agonismo negli ultimi decenni. Partendo da una parola, "vincente", che - come racconta nella nuova puntata di 'Incipit' - si è trasformata in una specie di segno zodiacale

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"Agonismo, gioco, guerra": ruota attorno a queste tre parole il nuovo libro di Stefano Bartezzaghi, "Chi vince non sa cosa si perde", pubblicato da qualche settimana per Bompiani (pp. 272, euro 19). "È da quasi mezzo secolo ormai che ci hanno insegnato ad amare la competizione", osserva Bartezzaghi, prima di aggiungere che "hanno però omesso di specificare se la competizione vada intesa come gioco, come sport, come concorrenza o come guerra”. 

Il semiologo, in questa intervista, racconta come la cosa più rilevante  accaduta negli ultimi 50 anni sia stata la trasformazione del significato della parola vincente:  "Prima indicava chi aveva vinto, adesso il significato s’è come rovesciato: non sono vincente perché ho vinto, ma vinco perché ero già vincente da prima. Come se fosse una specie di segno zodiacale, di ascendente",  spiega durante "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24. "Tutto ciò porta a pervertire il senso dell'agonismo: perché in teoria, come ci ricordano i classici,  una competizione parte alla pari. E tuttavia,  se uno è già vincente e l'altro è già perdente per mentalità, censo eccetera, questa cosa non è più vera".

L'intervista è disponibile anche come podcast in tutte le principali piattaforme cercando la rubrica "Tra le righe" o selezionando l'episodio nella playlist che si trova qui sotto.

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