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Fumetti, Claremont: "Scriverei un film sugli X-Men. Il Multiverso? Un pericolo"

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Cristian Paolini

In una conversazione in occasione di Games Week-Cartoomics, il 73enne autore, inglese di nascita ma statunitense di adozione, racconta come vede il passato e il futuro sulla sua creatura prediletta, e come il proliferare di mondi paralleli e realtà alternative sia più un rischio che un'opportunità dal punto di vista narrativo e per il pubblico

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Chris Claremont è il tipo di persona che ancora si emoziona sfogliando un volume con le copertine dei suoi fumetti. Lo fa quando lo incontriamo alla Games Week e Cartoomics, dopo essersi sciolto raccontandoci anni di storie mutanti. E non si può che ascoltarlo con una sorta di venerazione visto che si tratta dello scrittore più longevo di Casa Marvel sulle X testate, praticamente il padre degli X-Men come li conosciamo oggi. Settantatrè anni, dei quali diciassette consecutivi lo hanno consacrato, a cavallo degli anni '80 e '90, come l’artefice di uno dei grandi successi dell’era moderna della Marvel che ha lasciato un segno non solo sui comics americani, ma nell’immaginario collettivo.  

Chris Claremont

Gli X-Men nel corso degli anni hanno rappresentato le paure del mondo: dal nucleare al “diverso”. E oggi qual è il nemico per un mondo di integrazione e pace?

Penso che purtroppo lo sia il razzismo. È facile avere paura di chi ha un orientamento diverso, una religione, la pelle, o per qualcuno può essere facile essere spaventati dai gay e da chi cerca di entrare negli Usa senza permesso, mentre è difficile mettersi nei panni degli altri e capire che arrivano nel mio Paese perché hanno speranza e paura del posto da cui provengono. La situazione non sta migliorando sta peggiorando da noi, temo anche per la prossima elezione per il presidente.

Per me scrivere X-Men è un modo per dire che c’è ancora speranza, bisogna guardare alle persone come persone non essere legati a particolari clichè. Anche i conservatori possono seguire questa prospettiva, dovremmo sederci e parlare l’uno con l’altro, e capire cosa poter fare tutti insieme.

 

Non è un caso che è stato presentato su una delle sue serie il primo personaggio Marvel dichiaratamente omosessuale...

 

Sì, North Star degli Alpha Flight è stato ufficialmente il primo per la Marvel, ed eravamo sul finire degli anni ‘70, ma fin dall’inizio quando ho scritto quel fumetto non volevo evidenziare il fatto che fosse gay, perché l’idea allora era presentarlo solo come persona ed ognuno, ogni lettore, avrebbe tratto le proprie conclusioni senza essere forzato ad averne una.

 

Per 17 anni ha scritto storie degli X-Men, qual è quella che le dispiace non avere scritto?

Non c'è, perché se non l’ho fatto prima e nessuno altro l’ha già scritto posso ancora scriverlo (ride)

 

Scriverà però il seguito di Cavalieri di Madripoor, una delle run più iconiche della saga mutante. Cosa dobbiamo aspettarci?

Spero possa essere una sorpresa, la narrazione di momenti dove Natasha diventi protagonista più di prima e spero di creare molta suspence nel lettore in modo tale che a tutti venga voglia che ci sia un seguito. Di recente ho avuto una call con il mio editore Marvel in merito al seguito e per sapere quante altre edizioni potrebbero esserci, idealmente c’è un progetto di cui non posso rivelare troppo, però. Spero di poter dire qualche cosa in più entro la fine dell’anno.

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A parte gli X-Men qual è la testata su cui le piacerebbe mettere le mani?

Per Marvel ho fatto quasi tutto, per DC anche e per i comics in generale ho scritto tutto quello che volevo. La novità con X-Men è che ogni volta mi vengono nuove idee e mi viene voglia di scrivere altre cose. Da quando ho iniziato diciamo che non riesco più a fermarmi, ho sempre nuove idee e voglio continuare a giocarci.

 

Ha partecipato anche alla realizzazione dei film degli X-Men. Le piacerebbe “scrivere” un videogioco dedicato ai mutanti? 

Ho provato una volta, il produttore del videogame mi aveva chiesto di scrivere una bozza, l’ho fatto ma hanno tagliato tutto perché era troppo lunga la parte scritta. Perché i bambini non amano storie con troppe parole devono giocare non ascoltare troppo. Mi piacerebbe scrivere un nuovo film sugli X-Men. Ho fatto un meeting con James Cameron di Titanic, tempo fa, e il meeting è andato bene, lui voleva il progetto ma non ho capito che lui voleva fare uno Spider-Man e non un film con i mutanti. Diciamo che il nostro progetto non andava bene in quel periodo, ecco magari in futuro mi piacerebbe riprendere il discorso.

 

Lei è stato uno dei custodi della continuity nelle sue opere, cosa pensa del multiverso che pare ormai la miniera d'oro per Marvel e Dc?

Penso che una bella storia non ha bisogno di essere spiegata, parla da sola, questo è l’ideale per ogni grande storia. Quando è stato creato l’universo Marvel tutti avevano una idea chiara di cosa sarebbe stato, per esempio si sa che Spider-Man è basato a New York e la base era reale, fisica, esistente. Era un mondo reale e come lettore ho sempre trovato questa cosa confortante. Invece il rischio quando cambi la storia ogni 2-3 anni e cambi l’universo narrativo, è che cambiando troppo spesso lasci al lettore la possibilità di rifiutare la novità e cercare altro da leggere. Personalmente io non voglio dare al lettore questo impulso, voglio che il lettore mentre legge già si chieda cosa succederà avanti nella storia tra pochi giorni. Un editore deve capire insieme allo scrittore come catturare l’attenzione del lettore in modo costante. Cambiando la realtà del libro il lettore scappa mentre il lettore deve innamorarsi dei personaggi e della storia.

 

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