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Giornata del gatto nero: le leggende e i miti da sfatare

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Il 17 novembre ricorre la giornata internazionale del gatto nero, con l'obiettivo di contrastare le convinzioni superstiziose che associano a questo animale sfortuna e stregoneria

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Il 17 novembre ricorre la Giornata internazionale del gatto nero, con l'obiettivo di contrastare le convinzioni superstiziose che associano a questo animale sfortuna e spiriti maligni. Può sembrare curioso, infatti, ma persistono ancora i comportamenti dannosi nei confronti di questi felini dal manto color pece: ad esempio generalmente sono i meno richiesti e, a quanto riportano alcuni volontari di gattili e rifugi, nelle settimane precedenti la festa di Halloween le adozioni dei mici neri subiscono una battuta d'arresto. 

La giornata

Per sgretolare questi pregiudizi, in diversi Paesi si festeggia una giornata nazionale dei gatti neri. L'idea di una ricorrenza per sensibilizzare sui tassi più bassi di adozione per i gatti neri si è diffusa nel mondo a partire dall’ente di beneficenza per animali britannico ‘Cats Protection’. In Italia la data è il 17 novembre, un appuntamento inizialmente promosso dall’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente e ripreso da centinaia di associazioni.

Le leggende

In alcuni luoghi, come l’Inghilterra, la Scozia ed il Giappone, possedere o avvicinare un gatto dal pelo scuro è ritenuto un segno di prosperità e fortuna. Ma la credenza più diffusa è di segno opposto. A spiegare le origini di questa superstizione è Luca Giansanti, medico veterinario rinomato sui social, nel libro ‘Ogni gatto ne va matto’. "Nacque nel Medioevo una delle dicerie più infamanti sui gatti, in particolare su quelli dal pelo nero: si credeva che fossero in qualche modo collegati al diavolo e alla stregoneria, e per questo erano odiati e spesso, purtroppo, cacciati", spiega Giansanti, sottolineando che "le persecuzioni medievali dimostrarono tra l’altro quanto la presenza in natura di un predatore come il felino sia di grande importanza". Sembra infatti, ha aggiunto, che "una delle cause della diffusione dell’epidemia di peste nera, trasmessa dalle pulci che si annidavano nelle pellicce dei topi, sia stata proprio la decimazione della popolazione di gatti seguita alle direttive di papa Gregorio IX”.

La stregoneria

Ma perché i gatti erano associati alla stregoneria? "Innanzitutto - spiega Giansanti -, la superstizione all’epoca tendeva ad abbattersi sulle donne sole o che comunque vivevano abbastanza isolate dalla comunità, e non era affatto raro che queste tenessero con sé dei gatti per una semplice questione di compagnia. Inoltre, molte caratteristiche tipiche dei felini (l’indipendenza, la capacità di eludere facilmente un inseguitore, le forme sinuose) colpivano in modo sinistro la suscettibile immaginazione della gente. Ancora, la capacità dei gatti di percepire il campo magnetico o di riconoscere le persone con uno stato di salute precario era associata, nell’ignoranza dilagante nel Medioevo, a una natura esoterica e stregonesca”, conclude Giansanti.

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