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Il Nome della Rosa, l'arte di Manara al servizio di Umberto Eco

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Gabriele Lippi

Il primo di due volumi che comporranno l'adattamento a fumetti del celebre romanzo è uscito il 2 maggio per Oblomov. Una straordinaria prova di bravura e completezza stilistica

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Un’opera colossale, un adattamento estremamente complesso e una straordinaria prova di versatilità artistica. Il Nome della Rosa di Milo Manara (Oblomov, 72 pagine a colori, 20 euro) era forse il fumetto più atteso dell’anno in Italia e non poteva essere altrimenti. Una delle più grandi matite del mondo al servizio di una delle più grandi penne del mondo, in un progetto ambizioso e difficile che è stato presentato in anteprima al Comicon di Napoli per poi arrivare nelle fumetterie e nelle librerie dal 2 maggio.

Una sintesi narrativa ben fatta

Possiamo dirlo subito senza troppo tergiversare: il primo volume dell’adattamento a fumetti del più popolare tra i romanzi di Umberto Eco è un lavoro eccellente. Manara asciuga la narrazione nei modi e nei punti giusti per poter operare una sintesi necessaria che non tolga però nulla al succo dell’opera originaria. La storia di Guglielmo da Baskerville e Adso di Melk, del loro arrivo nell’Abbazia sulle Alpi piemontesi funestata da una serie di omicidi, delle loro indagini e della formazione del più giovane dei due viene introdotta, così come nel romanzo, dal prologo in cui Eco racconta del ritrovamento del manoscritto di partenza, e affiancata da digressioni storiche fondamentali per ricostruire il contesto in cui sono immersi i fatti narrati.

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Il contenuto del primo volume

Il primo volume copre sostanzialmente la prima metà del romanzo, fermandosi nel punto in cui Adso fa il suo incontro coi piaceri della carne, passa attraverso due morti misteriose e passa in carrellata un gran numero di personaggi che popolano e animano l’Abbazia. Non solo i frati coi loro famigli in carne e ossa, ma anche le creature di fantasia miniate da Adelmo da Otranto sul suo quaderno per i marginalia di un Salterio, che tanta ilarità provocano tra i frati e tanto fastidio arrecano al severissimo confessore Jorge de Burgos. Manara pratica anche un interessante recasting rispetto all’adattamento cinematografico con Sean Connery del 1986, dando a Guglielmo il volto di un ancora giovane Marlon Brando.

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L'eclettissimo di Manara

L’aspetto più stupefacente e meraviglioso dell’opera è senza dubbio quello artistico. Manara si districa agevolmente e con eleganza tra tre stili grafici diversi: a quello che gli è più congeniale e naturale affida la storyline principale, quella di Adso e Guglielmo, delle loro indagini, della formazione e della scoperta della vita del più giovane dei due, mentre le digressioni storiche sull’eresia dolciniana giocano con lo stile delle illustrazioni tardo medievali e rinascimentali e le fantasie di Adelmo riprendono quello grottesco delle miniature, così come i bassorilievi sul portale dell’Abbazia.

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I colori di Simona Manara

Particolarissimo l’uso del colore da parte di Simona Manara, così tenue e silenzioso da sembrare quasi assente. Manara usa toni completamente desaturati, giocando coi bianchi e coi grigi per dar vita e forma all’atmosfera rigorosa dell’Abbazia benedettina e delle sue regole di vita, preghiera e astinenza, riuscendo a interpretare anche al meglio le luci e le penombre di una stagione invernale nevosa in cui è immersa la storia. Fanno eccezione i rossi del fuoco, del vino in cui viene gettato il corpo privo di vita di Venanzio, del sangue e dei capelli della giovane e bellissima donna incontrata da Adso sul finale, spruzzate di vita e della sua negazione all’interno del contesto monastico.

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L'attesa per il secondo volume

Il Nome della Rosa è certamente una di quelle destinate a lasciare il segno in un’arte, quella sequenziale, che lo stesso Eco amava e conosceva approfonditamente (e non è un caso che il libro si apra con una sua citazione: “Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels, se invece desidero impegnarmi leggo Corto Maltese”). Date le premesse, l’attesa per il secondo e conclusivo volume non può che essere alta.

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