Fumetti, Davide Toffolo racconta l’adolescenza assoluta

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Cristian Paolini

Cristian Paolini

Esce per Feltrinelli “Anatomia di una adolescenza” la raccolta di strisce con protagonista la teenager Cristina e il suo inseparabile compagno di peluche Ugo. Uno dei primi lavori del poliedrico autore che recentemente ha annunciato l’addio al fumetto, anche se non esclude un (non imminente) ritorno di fiamma… 

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Sarà anche vero che l’adolescenza, vista da fuori, è un’età ridicola – come diceva Osvaldo Soriano - ma vissuta da dentro è una faccenda dannatamente seria. E piena di poesia. Per averne conferma basta sfogliare “Anatomia di una adolescenza”, dell’acclamato e poliedrico Davide Toffolo: fumettista, frontman del gruppo rock Tre allegri ragazzi morti e performer. Si tratta della raccolta, in uscita per Feltrinelli, di una serie di strisce che prendono vita una trentina d’anni fa sulle pagine di un magazine per teenager, passato da essere il manifesto dei Take That al campo di scontro tra le fan dei Blur opposte a quelle degli Oasis. Protagonista del libro è l’adolescente Cristina che insieme all’inseparabile Ugo, grillo parlante “travestito” da rana di peluche, attraverso le insicurezze e i drammi lievi tipiche della sua età costruisce la sua personalità da adulta. Un racconto universale che accomuna ogni generazione, come ci spiega l’autore in procinto di partecipare a Lucca Comics & Games, la rassegna più importante dell’anno per il settore.

La copertina di Anatomia di una adolescenza
La copertina di Anatomia di una adolescenza

Nel suo libro racconta gli adolescenti, li trova cambiati?

 

Il mio personaggio non è cambiato. Non è cambiato il momento di passaggio che ti porta a diventare la persona che sei. Per questo ho concettualizzato l’adolescenza assoluta. È il mondo piuttosto ad essere cambiato tantissimo. La tv non è più una presenza ingombrante nella vita dei ragazzi, come poteva essere per Cristina, ma è stata sostituita dalla presenza di piattaforme altrettanto invadenti. Se sono cambiati i ragazzi è perché sono più coscienti del disastro di questo tempo.

 

I genitori, invece, sono cambiati?

 

I genitori sono gli adolescenti di allora. Si offrono senza riserve con le loro debolezze. Le famiglie sono più articolate e il riferimento genitoriale è sempre più offuscato, meno stabilito, e i figli ne hanno piena coscienza.

 

C’è qualcosa che si può invidiare agli adolescenti di oggi?

Certamente la possibilità di incontrare con facilità ragazzi che arrivano da altre parti del mondo e venire a contatto con tante culture differenti. In fondo è l’idea di un mondo in cui mi sarebbe piaciuto molto vivere a quell’età. Gli si può invidiare anche l’opportunità di confrontarsi con lingue diverse con tempi e modi diversi da quelli scolastici. E infine di vivere quel momento particolare in cui ci si trova a essere quello che si può essere e quello che si vuole essere.

 

Ma perché i giovani faticano a rimpiazzare i vecchi miti?

Il tempo di consumo è diventato molto veloce, il mercato ha bisogno di nuovi eroi ma questi durano un attimo. Per questo anche per i giovanissimi restano stabili i modelli dei tempi passati, portatori di messaggi duraturi. Negli anni ’60 ad esempio la musica segnò il passaggio da una società ad un’altra, non c’è da stupirsi che anche i ragazzi di oggi conoscano tutto dei Beatles.      

 

Venendo a lei, sarà a Lucca, uno dei momenti di incontro tra i più intensi con i fan, si sente sempre gratificato da questo scambio?

Per fortuna grazie alla mia attività di musicista, con il mio gruppo, mi capita spesso di avere momenti di incontro con i fan e mi sento un privilegiato per questo. In occasioni come Lucca devo dire che si tratta sempre di incontri bellissimi, anche se devo ammettere che ultimamente mi pesa un po’ passare attraverso il rito del firma copie. È diventato una specie di obbligo, con gli artisti a testa bassa, impegnati a disegnare in tempo reale. Ma a una rassegna come questa sono grato anche perché in passato mi ha dato modo di incontrare grandi maestri come Pratt, Breccia, Mazzucchelli.

 

Pochi mesi fa però ha annunciato il suo ritiro dall’attività fumettistica per dedicarsi ad altri progetti.

 

Nutro ancora un amore folle per il fumetto, ma richiede una concentrazione estrema e in questo momento ho voglia di fare altro. Una decisione difficile, ma dopo il mio annuncio ci sono colleghi che mi hanno confessato di avere smesso anni fa, ma di non averlo detto a nessuno… In fondo ho già scritto tanti libri, adesso vado in giro a raccontarli.   

 

Detto del suo presente, qual è il futuro del fumetto italiano?

 

Il fumetto in Italia nel giro di 30 anni si è trasformato radicalmente e ne è cambiata la considerazione. È uscito dalla letteratura di genere e ora con un graphic novel si può raccontare tutto.

 

E nel suo futuro è davvero escluso tornare ad occuparsene?

Io disegno sempre, non sparisco. Mettiamola così, diciamo che ci vorrà molto tempo prima di vedere un altro mio graphic novel.

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