Diritti umani, prigionia, regime egiziano: la storia di Zaki a fumetti

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Vittorio Eboli

Il 7 febbraio 2020 Patrick Zaki, studente egiziano dell’Università di Bologna e attivista dei diritti umani, viene fermato all’aeroporto del Cairo: è l'inizio di un calvario di quasi 2 anni. La sua storia ora è un fumetto. Che denuncia le troppe storie come le sue di un regime che usa la carcerazione preventiva come arma politica. 

 

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La cronaca giudiziaria si è sempre fatta – e ancora in parte è così – con i disegni.

Lo storico divieto di foto e video nei tribunali resiste anche alle tecnologie più moderne, e allora perché non raccontare così, con un fumetto, la storia di Patrick Zaki? Un arresto improvviso, una detenzione di quasi due anni, uno stillicidio di udienze di rinvio: non esiste documento visivo dell’Odissea del giovane studente egiziano. E allora quale mezzo migliore per fissarla negli occhi. La giornalista Laura Cappon, inviata di Mezz’ora in più di Rai3 e del quotidiano Il Domani, fa il suo esordio nel mondo del ‘graphic journalism’ coadiuvata da una colonna del settore, Gianluca Costantini, artista attivista insignito del Premio Coco di Etna Comics nel 2020 per “Libia”, graphic novel di Francesca Mannocchi.

 

Lo storyboard per la tv come una sceneggiatura

“Mi sono occupata del caso Zaki fin dall’inizio – spiega Cappon a Sky Tg24 –   avendo vissuto quattro anni in Egitto: dal 2011 al 2015, ho seguito la ‘primavera araba’ come free lance per diverse testate, ci sono andata apposta. Avendo prodotto tanto materiale, mi sono chiesta perché non pensare a un progetto più lungo, più ampio, con un linguaggio diverso. E ho pensato al fumetto. Ho chiamato Gianluca Costantini, che accompagnava i miei articoli sul Domani con le sue illustrazioni, ci siamo conosciuti meglio, e l’idea è venuta da sé: facciamo un fumetto?”.

Una prima assoluta, per te, in questo campo. “Sì, sono sempre stata solo una lettrice di comics, mai scritto sceneggiature. La Feltrinelli si è detta interessata, e siamo partiti. Grazie anche al curatore dei fumetti della casa editrice, lo scrittore e sceneggiatore Tito Faraci, con cui mi sono trovata subito”.

Come ti sei approcciata a questo linguaggio per te nuovo? “Non conoscendolo, ho chiesto suggerimenti a Gianluca Costantini, e mi sono basata sugli ‘storyboard’ che preparo di solito per i miei servizi per la televisione, ho usato un tipo di linguaggio che era più mio, ovviamente, lo schema che usavo per i miei pezzi più lunghi e strutturati. In un anno circa abbiamo fatto il lavoro, realizzando in più 12 interviste lunghe tra Il Cairo e l’Italia: ho dieci ore di girato, oltre al reportage fotografico usato da Gianlunca come modello per i suoi disegni, ad esempio per le ambientazioni egiziane”.

 

Una storia popolare da raccontare per immagini

Perché un fumetto e non, come si chiedono molti, un libro?

“Non volevo scrivere un saggio, l’ennesimo saggio. La campagna per la liberazione di Patrick Zaki è stata ed è molto popolare, pur essendo un argomento complesso e difficile, pieno di aspetti tecnico-giuridici. Perciò volevo un mezzo popolare e diretto per raccontarlo, un mezzo più divulgativo che facesse arrivare la storia a più persone possibile”. Di qui, anche l’inserimento di personaggi 'da fumetto'. “Sì, come la professoressa Monticelli che sembra davvero uscita da un libro dello scrittore napoletano Domenico Starnone, un personaggio tutto d’un pezzo! E gli avvocati di Patrick sono come dei supereroi americani, non hanno paura di niente! E mi danno la possibilità di raccontare la storia di non solo di Patrick ma di tutti i detenuti politici egiziani: il regime non vuole foto e immagini”.

 

Infatti nel libro si trovano ‘insert’ di altri perseguitati dal regime del Cairo, e dei metodi usati per restare nella formale legalità. Preludio ad altre opere del genere? “Per ora è un incontro ‘fortuito’ col fumetto, per una storia così potente: le cose vanno fatte quando ce n’è la possibilità. In futuro, chissà”. Del resto, la giudiziaria si è sempre fatta coi disegni.

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