Dopo il successo delle "Otto montagne", lo scrittore firma un nuovo romanzo ambientato sempre ad alta quota. E durante "Incipit", la rubrica di Sky TG24 dedicata ai libri, dice: "Raccontare con una lingua concreta e precisa è un'ambizione a cui si arriva, se si è bravi, dopo un lungo lavoro di revisione e di sottrazione"
"La lingua dura della montagna": Paolo Cognetti definisce così, alla pagina cinquantaquattro del suo nuovo romanzo, "la lingua concreta e precisa delle cose, quella che usa più sostantivi che aggettivi". È a questa lingua che è affidato il racconto del suo ultimo libro, "La felicità del lupo", che Einaudi ha da poco portato in libreria dopo il successo delle "Otto montagne" grazie al quale Cognetti è stato tradotto in oltre 40 Paesi, raggiungendo più di un milione di lettori.
"Quella lingua è la stessa lingua della poesia", dice durante "Incipit", la rubrica di Sky TG24 dedicata ai libri, prima di spiegare come trovare i nomi giusti per definire la realtà offra la possibilità di levare tutto il resto, dagli aggettivi ai lunghi giri di frase. "Questa semplicità a cui si perviene non è affatto istintiva - osserva - La scrittura nasce complicata, imprecisa, sovrabbondante e la semplicità è una meta, un’ambizione a cui si arriva, se si è bravi, dopo un lavoro lungo e faticoso di pulizia".
"La montagna? Un luogo complesso, come tutti i luoghi abitati"
Così come il suo romanzo più noto, anche "La felicità del lupo" è ambientato in montagna. È lì infatti che il quarantenne Fausto si rifugia prima di accettare il lavoro di cuoco e incontrare Silvia, che serve ai tavoli di quello stesso ristorante. Una montagna relativamente vicina alla città (Milano), anzi - come dice Fausto - assurdamente vicina, eppure abbastanza distante da generare una consistente sfilza di malintesi e stereotipi: "Mi capita spesso di sentirmi dire quanto debba essere bello vivere quassù, in mezzo al bosco, nella pace e nel silenzio - racconta Cognetti in questa intervista - Tutto vero, certo. Poi, però, c’è anche la solitudine, così come c'è un'altra montagna, quella del lavoro, che è lontana dalla quiete perché chi deve lavorare non fa poi così silenzio".
"La montagna - dice ancora Cognetti - è un luogo complesso, come del resto tutti i luoghi abitati dalle persone, e con questo romanzo ho voluto riportarla al livello di realtà". Ed è in questa chiave che va ricercata la singolarità della "Felicità del lupo": nella capacità, cioè, di raccontare un luogo con il suo fascino e la sua complessità, sottraendolo dalla solita cartolina bidimensionale in cui pure una certa retorica l’ha costretta e confinata.
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