Per la prima volta dopo 40 anni, siamo in grado di mostrarvi in esclusiva le foto dei marmi Torlonia, ammassati in un magazzino a Trastevere. Si tratta della più grande collezione privata di statue antiche al mondo. Appartiene alla famiglia Torlonia e ha un valore inestimabile: 620 marmi, statue, fregi compresi i 120 busti attribuiti a tutti gli imperatori romani. Ma da 70 anni non è più visibile al pubblico
L’articolo del 28 gennaio del 1979 dell’Espresso - a firma Pasquale Chessa - titolava così: “Cose mai viste”. Più di quarant’anni dopo vogliamo iniziare il nostro racconto citando l'articolo che ai suoi tempi ebbe risonanza internazionale. Per la prima volta - dopo l’Espresso – pubblichiamo qui le foto della più grande collezione privata di statue antiche romane ammassate in tre stanzoni di un garage-magazzino-ex granaio in via della Lungara a Trastevere. L’autore dell’articolo racconta di essere riuscito a convincere il Principe ad entrare nei luoghi si trovava l’ex museo Torlonia, creato nell’Ottocento da Alessandro il grande e rimasto visitabile, seppur con il permesso del Principe, fino alla seconda guerra mondiale.
Marmi abbandonati - la storia nel podcast
Se nelle foto pubblicate sull’Espresso era già evidente lo stato di semi-abbandono in cui versavano i marmi - con i busti degli imperatori coperti di polvere - le foto che pubblichiamo oggi non fanno altro che confermare il degrado in cui versa la Collezione. Sono passati decenni e nulla è cambiato, a parte le incrostazioni di umidità sui muri dei tre stanzoni dell’ex museo di via della Lungara. Seguite la storia sul podcast sull'arte di Sky TG24 TRAFUG'ARTE.
Breve storia della famiglia Torlonia
Tutto ha inizio dal capostipite, Marin Tourlonias, giovanissimo e poverissimo attendente di un alto prelato, giunto a Roma dalla zona rurale francese dell’Auvergne in cerca di fortuna a metà del ‘700. Negli anni riesce a mettere da parte la somma necessaria ad aprire una piccola attività di vendita di indumenti a Piazza di Spagna. Con un po’ di fortuna e le conoscenze giuste, gli affari iniziano ad andare bene e Marin Tourlonias, italianizzatosi in Marino Torlonia, e successivamente il figlio Giovanni, aprono prima un banco di pegni e poi una banca. La banca dei papi e degli imperatori, dei francesi e di Bonaparte, della Repubblica romana e poi ancora dei papi. A Roma - si dice di quel periodo - non si sapeva mai chi comandava ma si sapeva chi aveva i soldi: i Torlonia.
“La Collezione delle collezioni”
I Torlonia prestano denaro a tutta Roma, ai papi e soprattutto ai nobili della Capitale. Casati antichi ed illustri come i Giustiniani, i Vitali, i Savelli, i Caetani o il restauratore Cavaceppi, che nei secoli hanno ereditato o messo insieme collezioni di statue e marmi, le cedono ai Torlonia in pegno per i prestiti ottenuti. E così, sotto la guida illuminata di Alessandro Torlonia il grande, si forma la “Collezione delle collezioni”, che il principe riunisce in un museo. Nasce così il museo Torlonia. Siamo a metà dell'Ottocento e i marmi trovano posto in un vecchio granaio a Trastevere, tra Porta Settimiana e Palazzo Corsini, dove vengono esposti 500 manufatti, che poi diventeranno più di 600. Il museo resterà aperto, tra varie vicessitudini, fino alla seconda guerra mondiale. Poi il lento declino.
La speculazione edilizia
Le statue restano nel palazzo di via Lungara per diversi anni fino a quando, verso la fine degli anni ’60, don Alessandro, da non confondere con il primo principe Alessandro dell’Ottocento, trasforma il vecchio museo in 93 mini-appartamenti di lusso e confina tutte le oltre 600 statue in fondo a un garage. Tre stanzoni al posto dei 77 originali. E lo fa senza titolo edilizio né certificato di abilità. Il principe viene processato per l’abuso che però cadrà in prescrizione mentre per la violazione dei beni culturali e il reato di distruzione di museo verrà condannato nel 1979 dalla Cassazione nel 1979: “I marmi sono stati trasferiti in locali angusti, insufficienti, pericolosi… le statue risultano stipate in maniera incredibile, addossate l’una all’altra, senza alcun riferimento storico che possa consentire un qualche collegamento tra i diversi pezzi". I Torlonia tuttavia non subiranno alcuna conseguenza penale per via di una successiva amnistia.
I fratelli libanesi Aboutaam
Passano gli anni e si perde il ricordo della collezione Torlonia. I marmi restano chiusi nei tre stanzoni e solo pochi, sempre con il permesso del Principe, riescono a visitare le statue o a portare gli amici a visitare il Museo, magari perchè sono così fortunati da abitare in uno di quei 93 appartamenti di via della Lungara. Fino a che, nel 2015, succede qualcosa. Da alcuni anni gira voce che il Getty Museum svoglia acquistare la Collezione. Il 15 maggio 2015, nell’ufficio del direttore generale Archeologia del Mibact, si presentano due uomini d'affari, un americano e un libanese, uno dei due fratelli Aboutaam, affermando di essere emissari del museo Getty e di stare contrattando con i Torlonia la compravendita dei marmi. La circostanza verrà smentita dal Getty Museum, anche perché i fratelli libanesi, noti mercanti d’arte internazionali inseriti sia nel mercato lecito e che illecito di opere d’arte, faranno causa agli americani, sostenendo di essere stati tagliati fuori, dopo aver avviato i contatti iniziali, nei rapporti tra Getty Museum e famiglia Torlonia.
L'accordo
Abbiamo voluto citare la vicenda dei fratelli Aboutaam perché rappresenta uno spartiacque nella storia della Collezione Torlonia. Dopo l’incontro con i due mercanti d’arte, alla Direzione Archeologia si rendono conto che il rischio che i marmi Torlonia possano essere comprati da musei stranieri ed esportati - anche se in piccole parti - all'estero, esiste. Inizia cosi un fitto carteggio e una complessa trattativa con i Principi Torlonia che sfocia nell’accordo del 2016 tra Stato e proprietà, che prevede che la Collezione venga esposta finalmente al pubblico. L’accordo però resta sulla carta, almeno fino ad oggi, se non laddove prevede l'organizzazione di una prima mostra, parziale, di circa una novantina di pezzi.
La mostra
La mostra - a cura di Salvatore Settis e Carlo Gasparri - inizialmente prevista per il 2017, a causa della pandemia slitta al 2021 ed è finalmente visitabile da pochi giorni ai Musei Capitolini, all'interno di Palazzo Caffarelli. In esposizione solo una piccola parte dei 620 marmi. Circa 90 pezzi restaurati grazie all’intervento dello sponsor Bulgari. Tra i marmi alcuni esemplari della collezione completa dei 120 imperatori romani. Tuttavia, diverse critiche si sono levate sul metodo seguito per individuare i pezzi da restaurare, distruggendo - secondo alcuni - la completezza delle singole collezioni e seguendo un metodo estetico piuttosto che filologico. Critiche anche sui restauri per diversi esperti “eccessivi” nel togliere la patina antica ottocentesca".
Il tour mondiale
Secondo i curatori Gasparri e Settis - una volta finita la mostra ai Musei Capitolini - i marmi di Torlonia verranno portati in giro per il mondo, in attesa che si riesca a trovare una sede per l’intera collezione. Ma se ciò non avverrà “piuttosto che lasciarli abbandonati in un magazzino meglio portarli all’estero” (così Carlo Gasparri a Sky Tg24). Dunque gli italiani dovranno attendere, chissà per quanto, per vedere l’intera collezione Torlonia. In attesa che si riesca a trovare un’idonea sede, gli organizzatori prevedono un tour mondiale dei marmi restaurati. Un azzardo, secondo diversi critici, per i rischi che statue così importanti e fragili potrebbero subito nel trasporto aereo tra i diversi musei internazionali., come ricorda la Senatrice Margherita Corrado, autrice di diverse interrogazioni parlamentari in merito: "Si parla con insistenza di un tour mondiale della mostra, trattata come un “pacco postale”. Invece delle due soli sedi selezionate all’estero, peraltro entambe discutibili trattandosi del Louvre che non presta i suoi capolavori all’Italia e che fino al 1997 acquistava anche sul mercato illegale e del Getty Museum che in anni recentissimi ha brigato per acquistare e portare negli Usa parte della Collezione Torlonia".