Non solo caporalato nei vigneti delle Langhe: l’esempio virtuoso di Accademia della Vigna

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Ludovica Rossi

Ludovica Rossi

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Spesso la narrazione dominante legata al lavoro nei vigneti langaroli tende a restituire un quadro caratterizzato da sfruttamento, irregolarità, caporalato. Accademia della Vigna è un progetto che nasce dal bisogno di combattere questi problemi, incarnando un modello costruttivo e andando oltre la mera denuncia

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Hamadu e Demba abitavano uno nel ghetto di Borgo Mezzanone (FG), l’altro a San Ferdinando (BAT), in via Tendopoli numero 0. Residenze fittizie, ma necessarie per rinnovare i documenti. Oggi Hamadu e Demba vivono e lavorano nelle Langhe, dove sono stati assunti con un contratto regolare in un’azienda vinicola del territorio. Dai non-luoghi della baraccopoli ad una zona che dal 2014 è patrimonio dell’Unesco; dall’invisibilità dello sfruttamento e dell’anonimato all’essere risorsa in termini umani di capacità, competenza e ricchezza culturale per la comunità: un percorso che è stato reso possibile grazie all’Accademia della Vigna, la prima academy ad impatto sociale sulla viticoltura.

 

Cos’è l’Accademia della Vigna

“Siamo nel 2021, c’è il Covid, seconda ondata. Ad Alba ci si accorge che c’è un problema a livello sociale e abitativo, perché molte persone che lavorano all’interno dei vigneti non hanno una casa”, spiega Giulia Maccagno, project manager e fundraiser di Weco Impresa Sociale, ideatrice e coordinatrice del progetto. “Per la prima volta è emerso come una parte della manodopera che viene inserita nel periodo della vendemmia arrivi da fuori senza ricevere un’accoglienza adeguata per poter risiedere sul territorio e lavorare nelle cooperative”. Alla condizione di fragilità che spesso si traduce in fenomeni di illegalità e sfruttamento si somma la necessità lavorativa delle aziende, in difficoltà a reperire personale disponibile e qualificato. Dall’unione di queste esigenze è nato il progetto dell’Accademia, una realtà che mira a valorizzare il capitale umano attraverso la formazione, generando ricadute positive per lavoratori, aziende e comunità.

Nel concreto, questo intento si realizza in un percorso di formazione sia teorica che pratica della durata di 12 mesi: chi è interessato invia la propria candidatura all’impresa sociale Weco che le valuta con le aziende, determinando l’assunzione con regolare contratto di lavoro annuale. La didattica è condotta da un apposito corpo docente e alterna corsi sulla sicurezza, formazione sindacale e tecnica direttamente nei vigneti, secondo i ritmi della stagionalità e del clima.

Un partecipante di Accademia della Vigna intento a lavorare nei vigneti delle Langhe

Il progetto in numeri

Quella in corso è la seconda edizione del progetto, che in totale ha raccolto 164 candidature e coinvolge 12 aziende del territorio. È cofinanziato da Foragri e sostenuto da Fondazione CRC, Fondazione CRC Donare (tramite l’asta del Barolo en Primeur), Banca d’Alba e Camera di Commercio di Cuneo. A co-promuoverlo è il Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani, realtà da tempo impegnata per contrastare il fenomeno del caporalato in Langa. Il percorso proposto dall’academy vuole offrire un’alternativa valida allo sfruttamento e all’irregolarità, sebbene rimanga rivolto non soltanto a persone con background migratorio. “Tra i partecipanti ci sono per esempio due giovani imprenditori che hanno ereditato l’azienda vitivinicola di famiglia” – racconta Giulia –. “Non hanno mai lavorato in questo settore e attraverso l’Accademia si stanno formando per essere pronti, un giorno, a prenderne le redini”.

L’iniziativa, che coinvolge persone provenienti dall’Africa subsahariana al Brasile, dall’Italia all’est Europa, al Pakistan per un totale di dodici nazionalità differenti, genera un doppio beneficio. Al potenziamento dell’autonomia individuale dei braccianti si affianca infatti il vantaggio delle imprese, che, investendo in un progetto che crede nell’equilibrio “tra fare, sapere e saper fare”, crea ricadute occupazionali specifiche e qualificate. “L’impatto è sociale perché soggiorno e lavoro sono connessi: quando le persone hanno un’abitazione, conoscono i servizi basilari e la lingua, raggiungono un margine di indipendenza, allora si genera integrazione. L’illegalità e l’emarginazione sociale, che nascono invece dai vuoti, si riducono e l’impatto si riversa sull’intera comunità circostante”.

I partecipanti di Accademia della Vigna durante la formazione teorica con il corpo docente

Responsabilità sociale

“Lo scorso anno eravamo con alcuni ragazzi partecipanti in vigna, durante la sessione di zappatura, che è una pratica molto noiosa e pesante. Ad un tratto uno di loro, Osman, si ferma e dice: “Ho fatto spesso questo lavoro, ma per la prima volta non sono più solo braccia, ma so il motivo per il quale sto zappando”. In quel momento, grazie a questo piccolissimo aneddoto, abbiamo pensato che l’obiettivo era stato raggiunto”, conclude Giulia. Non solo ripetere un gesto meccanicamente, ma creare consapevolezza sul significato di un mestiere. Il territorio langarolo gode di una reputazione mondiale grazie al suo patrimonio enogastronomico, eppure è altrettanto esposto al rischio di tutte le problematiche connesse al settore agricolo. Accademia della Vigna nasce da un bisogno ed è alimentata dall’obiettivo di superare la denuncia, costituendo nel concreto un modello virtuoso: “Se il discorso rimane solo distruttivo si rischia di non andare oltre e di limitarsi alla passività. Raccontare che esistono anche delle esperienze positive di responsabilità sociale non significa pensare che vada tutto bene, ma dire: non va bene per niente e proprio per questo c’è qualcuno che si sta interrogando per capire come fare meglio”.

Lavoratori agricoli in una immagine di archivio, 14 giugno 2019. ANSA/ QUOTIDIANO DEL SUD

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