Imprese pubbliche: ForumDD, consiglio esperti per rafforzarle

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Sono dotate di forti capacità tecniche ed innovative, indispensabili per rilanciare la competitività del sistema economico, promuovere la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale

Promuovere il confronto strategico fra le imprese pubbliche e condividere e rendere trasparenti missioni strategiche nell’energia, nel digitale, nella mobilità, in tutte le attività della frontiera tecnologica. Farlo alzando la capacità di presidio tecnico dello Stato attraverso la costituzione di un Consiglio degli esperti in seno al ministero dell’Economia e delle Finanze, composto da personalità competenti (esterne e interne alle amministrazioni pubbliche) impegnate a tempo pieno nel seguire l’operato delle imprese pubbliche. Questa la sintesi della proposta presentata dalla commissione Imprese e sviluppo, nell’ambito del Forum Disuguaglianze e Diversità, con il sostegno del progetto europeo Growinpro.

 

Pilastro fondamentale del capitalismo italiano, le imprese pubbliche sono dotate di forti capacità tecniche ed innovative, indispensabili per rilanciare la competitività del sistema economico, promuovere la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale. Impiegano in Italia oltre 350.000 addetti, costituiscono più del 17% degli investimenti fissi delle imprese italiane e circa il 17% della loro spesa in ricerca e sviluppo. Molte di esse sono quotate, rappresentando circa il 29% della capitalizzazione complessiva della Borsa di Milano e operano in settori di notevole interesse strategico, tra cui energia, trasporti, manifattura di sistemi ingegneristici complessi ad alto contenuto tecnologico, distribuzione, svolgendo un ruolo cruciale di avanguardia nella trasformazione digitale e nella transizione ambientale.


Dopo nove mesi di lavoro e undici interviste in Chatham House Rule con i vertici delle principali imprese pubbliche italiane, la proposta illustra come allineare virtuosamente l’agire di tutte le amministrazioni dello Stato azionista e i programmi strategici di lungo periodo delle imprese pubbliche, e di creare un ambiente di alta competenza in cui possa avvenire un dialogo costante, informale e imprenditoriale, fra gli amministratori delle imprese pubbliche e lo Stato azionista. L’obiettivo ultimo è liberare il potenziale complessivo delle imprese pubbliche che risulta ancora ampiamente inespresso. Un obiettivo necessario già prima della crisi, per un paese che viene da venti anni di stagnazione della produttività, e oggi ancora più importante nell’ambito del Piano di rilancio che il paese deve disegnare.


 Questa proposta è stata riassunta da Simone Gasperin, ricercatore presso lo ucl institute for innovation and public purpose di Londra, che del rapporto è rapporteur, avendo lavorato nella Commissione composta da Fabrizio Barca, ForumDD, Giovanni Dosi, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Federico Maria Mucciarelli, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Edoardo Reviglio, Cassa Depositi e Prestiti, Andrea Roventini, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Francesco Vella, Università di Bologna, Edoardo Zanchini, Legambiente.


 Da tutti gli imprenditori presenti è venuta una forte adesione all’obiettivo e al rafforzamento della competenza tecnica e strategica dell’azionista pubblico, con suggerimenti significativi volti ad evitare possibili errori e migliorare l’intervento.
 Francesco Caio, presidente di Saipem, ha ricordato che lo Stato come azionista può orientare le imprese al bene comune, avrebbe una grande potenzialità e rappresenterebbe un’ottima opportunità di crescita. Si perseguirebbero obiettivi strategici come la competitività, la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale, centrali per la creazione di un paese più giusto più inclusivo più dinamico che possa garantire a chi ci segue un patto generazionale diverso. Nel farlo è necessario conciliare la necessità di consenso della classe politica con l’esigenza di obiettivi di lungo periodo. Se si accresce competenza e trasparenza dello Stato, come propone il Rapporto sulle Imprese pubbliche italiane, si può dare luogo a un impatto economico sociale positivo, aggiungendo che ci sono grandi condizioni favorevoli perchè lo Stato possa contribuire alla gestione delle grandi imprese nazionali senza limitarsi solo alla nomina dei vertici. Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, sottolineando che c’è gran bisogno di queste iniziative, ha suggerito una distinzione anche temporale fra la necessaria creazione del consiglio esperti e il disegno istituzionale suggerito (Parlamento, Stato-Regioni, Ue) per l’approvazione formale delle missioni strategiche. Se si arrivasse alla costituzione del Consiglio, ha detto, sarebbe già un gran risultato perché darebbe basi tecniche allo Stato azionista per dialogare, settore per settore, con le imprese pubbliche e individuare missioni generali. Ad esempio quella di riscattarci dall’attuale pessima posizione in termini di connettività. Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo, ha confermato l’accordo per un salto di qualità dell’interlocuzione fra Stato-azionista e imprese, per la costruzione di una visione di sistema collettiva e condivisa e per l’impatto positivo che la certezza delle missioni strategiche e di obiettivi di sostenibilità può avere anche sui mercati dei capitali dove le imprese pubbliche si approvvigionano. Ha anche indicato questioni da risolvere perché l’intuizione sia davvero attuata: esplicitare che l’attesa dell’azionista in termini di remunerazione di breve periodo del capitale non è allineata con quella delle imprese private; assicurarsi che il ruolo del consiglio degli esperti e del suo dialogo con i vertici non entri in processi decisionali che sono di pertinenza dei consigli di amministrazione; escludere la possibilità che il ruolo di indirizzo politico sia svolto da soggetti diversi da quelli democraticamente eletti o nominati.


Il punto di vista dell’impresa privata è stato portato da Sergio Dompé, presidente e ad di Dompé Farmaceutici, che ha apprezzato l’importanza di affrontare il tema stante la pressione sempre più incalzante della competizione, il fatto che l’Europa arranca rispetto al blocco nordamericano e asiatico e la permanente frammentazione del nostro sistema imprenditoriale. Vede l’effetto maggiore di una strategicità rafforzata nell’azione delle imprese pubbliche nella possibilità che esse agiscano da integratori della catena del valore della conoscenza: le imprese pubbliche possono concorrere a promuovere il meglio nelle imprese che operano con loro raggiungendo una capacità competitiva che da sole non raggiungono. Nell’attuare le specifiche proposte con cui il Rapporto si propone di raggiungere l’obiettivo, Dompè ha raccomandato prudenza, perché buone intenzioni non producano cattivi esiti, e ha suggerito di procedere in modo graduale monitorando i primi risultati, in modo da essere pronti a introdurre correzioni, una prassi spesso trascurata nel comparto pubblico.


Il ministro Roberto Gualtieri ha accolto con interesse il Rapporto, osservando che se le imprese pubbliche non solo danno dividendi ma hanno il potenziale che il Rapporto descrive vuol dire che il modello che combina controllo pubblico e autonomia gestionale non è da gettare e che ogni modifica va dunque valutata con attenzione. Ha inoltre osservato che lo Stato-azionista svolge una funzione di interlocuzione strategica con i vertici aziendali, sempre nel rispetto dell’autonomia gestionale e dei limiti previsti dalla normativa vigente, ma che effettivamente un confronto collettivo come quello avvenuto in occasione degli Stati Generali promossi dal Presidente del Consiglio non era mai avvenuto prima e si è rivelato di grande utilità per affrontare missioni trasversali. Si tratta, ha osservato, dell’interlocuzione collettiva tematica e informale proposta dal Rapporto, su cui il ministro concorda. Gualtieri ha aggiunto che occorre riflettere se per raggiungere questo obiettivo la strada da prendere sia effettivamente quella proposta dal Rapporto di dare vita a un consiglio degli esperti. Comunque, ha concluso, il ruolo delle imprese pubbliche è decisivo non solo al fine di riprendersi dalla crisi, ma anche per fare un salto in avanti affrontando nodi antichi della nostra economia.


Nel trarre alcune prime considerazioni conclusive, Valentina Bosetti, presidente di Terna ha segnalato come esempio dell’esito di un confronto strategico fra Stato azionista e imprese pubbliche il piano nazionale integrato per l’energia e il clima, che il Ministero dello sviluppo ha costruito coinvolgendo esperti e modellisti e che l’azienda Terna si appresta ora a declinare. Sul piano metodologico, ha invitato ad assicurare, nell’attuazione della proposta, una separazione di ruoli fra gli esperti che devono indicare le alternative (le strade possibili per salire al K2), la politica che deve scegliere la strada e i managers che devono attuarla in autonomia. Francesca Bria, presidente del Fondo nazionale innovazione, esprimendo accordo con la premessa e con le conclusioni del rapporto, ha osservato che nel percorso di costruzione realizzato dal Forum e dalla commissione è stata realizzata una mobilitazione cognitiva che è in sé un primo passo del necessario cambiamento, come mostrano tutte le osservazioni. Già nel vicino Recovery Plan Italiano, le imprese pubbliche dovranno avere un ruolo di primo rilievo. Nel merito, ha poi approfondito il tema della missione strategica relativa alla trasformazione digitale: indirizzare questa trasformazione verso la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale, in un contesto segnato, con la crisi Covid-19, da un’ulteriore concentrazione monopolistica nel settore. La riconquista di una sovranità tecnologica deve essere qui il cuore del confronto strategico e della missione prefigurata dal rapporto, con un ruolo di primo piano delle imprese pubbliche come leva per lo sviluppo di nuove start up innovative.

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