Uil: 10,1 mld di euro per la nuova Imu

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La nuova imposta che nasce dalla fusione della stessa tassa con la Tasi dovrà essere versata con l’acconto del prossimo 16 giugno. Il conto totale annuo, al saldo del prossimo dicembre, sarà di 20,3 miliardi di euro

La nuova Imu che nasce dalla fusione della stessa tassa con la Tasi dovrà essere versata con l’acconto del prossimo 16 giugno e ammonterà a 10,1 miliardi di euro. Il conto totale annuo, al saldo del prossimo dicembre, sarà di 20,3 miliardi di euro. Saranno chiamati ai versamenti oltre 25 milioni di proprietari di immobili diversi dall’abitazione principale (il 41% sono lavoratori dipendenti e pensionati). È quanto emerge dal Rapporto Imu 2020 elaborato dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil. Il costo medio complessivo dell’Imu su una "seconda casa", ubicata in un capoluogo di provincia - spiega Ivana Veronese, segretaria confederale Uil - sarà di 1.070 euro medi (535 euro da versare con la prima rata di giugno) con punte di oltre 2 mila euro nelle grandi città.

I dati

Prendendo in considerazione i costi Imu sulle prime case cosiddette di lusso (abitazioni signorili, ville e castelli) sempre ubicate in un capoluogo di provincia, il costo medio è di 2.610 euro (1.305 euro per l’acconto), con punte di oltre 6 mila euro nelle grandi città. Chi possiede una seconda pertinenza dell’abitazione principale della stessa categoria catastale (cantine, garage, posti auto, tettoie) dovrà versare l’Imu/Tasi con l’aliquota delle seconde case, con un costo medio annuo di 56 euro (28 euro saldo), con punte di 110 euro annui.

Le differenze nelle città

Il costo maggiore della nuova Imu, in valore assoluto, che viene pagata dai proprietari di una seconda casa si registra a Roma con 2.064 euro medi, a seguire Milano, dove si pagano 2.040 euro medi e Bologna con 2.038 euro. A Genova si sta sotto la soglia dei 2.000 euro con 1.775 euro, a Torino 1.745 euro. Valori più 'contenuti', invece, ad Asti con un costo medio di 580 euro; a Gorizia con 582 euro; a Catanzaro con 659 euro; a Crotone con 672 euro; a Sondrio con 674 euro. Per una seconda pertinenza della stessa categoria catastale a Roma si pagheranno mediamente 110 euro annui; a Milano 99 euro annui; a Bologna 96 euro annui; a Firenze 95 euro annui; a Napoli 95 euro annui.


La ricerca mette anche in evidenza le aliquote. In 18 città è in vigore la ex addizionale della Tasi, per cui, in questi Comuni, le aliquote superano quella massima dell’Imu (10,6 per mille). In particolare a Roma, Milano, Ascoli, Brescia, Brindisi, Matera, Modena, Potenza, Rieti, Savona, Verona l’aliquota è all’11,4 per mille; a Macerata all’11,3 per mille; a Terni e Siena all’11,2 per mille; a Lecce, Massa e Venezia all’11 per mille; ad Agrigento al 10,9 per mille. Altre 72 città capoluogo, sempre sulle seconde case, applicano l’aliquota del 10,6 per mille tra cui Torino, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo, Bari. In 12 città le aliquote sono sotto la soglia massima tra cui Cagliari, Como, Belluno, Gorizia.

Il commento del sindacato

“Avremmo preferito che sull’Imu il Governo avesse proceduto con il rinvio del pagamento dell’imposta in virtù dell’emergenza sanitaria ma al tempo stesso comprendiamo anche il fatto di non privare i Comuni di una liquidità importante per erogare servizi essenziali che, mai come in questo momento, sono fondamentali”, afferma Ivana Veronese, segretaria confederale Uil.
“Abbiamo condiviso nella scorsa Legge di Bilancio la semplificazione delle tasse comunali sugli immobili con l’eliminazione della Tasi, -aggiunge- ma crediamo sia giunto il momento, all’interno della riforma fiscale, di rimettere mano all’autonomia impositiva di Regioni, Province e Comuni. Contemporaneamente, sarebbe necessaria la riforma del catasto in grado di riportare equità nella tassazione sul mattone, annunciata più volte nel corso degli ultimi anni".

"Bisognerebbe ripartire da una revisione dei valori catastali vecchi, iniqui e che non corrispondono al reale valore degli immobili, eliminando i paradossi attuali: - spiega Veronese - case di pregio nei centri storici hanno rendite catastali basse, mentre altri immobili situati in periferia e costruiti più recentemente hanno rendite catastali alte. In ogni caso è necessario, comunque, prestare molta attenzione - conclude Ivana Veronese - perché questo processo di riforma non dovrà comportare maggiori prelievi, ma una diversa e più equa ripartizione del prelievo fiscale sugli immobili. Ovviamente sempre accompagnando questi percorsi ad una lotta 'senza se e senza ma' all’evasione fiscale sulla tassazione immobiliare che ogni anno produce un minor gettito pari ad oltre 1 miliardo di euro".

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