Dagli anni in una comune con il fratello, al successo che gli ha permesso di riscattare i gioielli della nonna: il cantante di "Me ne frego" si racconta in un'intervista al Corriere della Sera e sfata alcune leggende su di lui
A Sanremo "volevo portare una canzone che fosse anche un’opera teatrale, un live in quattro minuti. Non volevo solo farla ascoltare, ma farla vedere". In un'intervista al Corriere della Sera, Achille Lauro ha parlato delle sue esibizioni e travestimenti al Festival (I LOOK) ma anche della sua vita: dall'infanzia in una famiglia altoborghese, agli anni difficili dell'adolescenza fino al successo che gli ha permesso di ricomprare i gioielli della nonna al monte dei pegni. "Con mio fratello Federico, che ha cinque anni più di me, andai a vivere in una comune - ha rivelato - c’erano altri venti ragazzi: chi scriveva, chi dipingeva, chi incideva musica a torso nudo... Così ho iniziato a scrivere, disegnare, incidere. Ora anche a dipingere".
"Ogni canzone ha un colore"
Parlando della sua canzone "Me ne frego", portata al Festival di Sanremo, il cantante ha spiegato che "uno pensa: questo è pazzo. In realtà, ogni canzone ha un colore. Si tratta di vestirla". E i travestimenti che ha sfoggiato sul palco dell'Ariston sono stati progettati dell'artista stesso e del gruppo che lavora con lui con l'intento di "usare il corpo come una tavolozza, darlo all’arte, diventare un quadro sul palco di Sanremo".
La passione per la musica
Nato a Verona, figlio di un professore universitario e avvocato diventato consigliere della Corte di Cassazione, Achille Lauro la musica ha iniziato a conoscerla proprio grazie alla famiglia. "Papà che in macchina canta "Una carezza in un pugno". Mia cugina Giulia, lei 15 anni io 5, che ascolta "Back for good" dei Take That - ha confessato -. E Anna Oxa con i pantaloni bassi e i capelli piastrati che a Sanremo canta "Senza pietà". Per il festival la famiglia si riuniva davanti alla tv, come a Natale".
Gli anni in periferia
Achille Lauro è cresciuto però in periferia e sul suo rapporto con la droga ha precisato "far finta che non esista è più sbagliato che parlarne. È una piaga sociale che non va nascosta: ne va dato un giudizio negativo. Non posso dire che queste cose non le ho mai viste; al contrario, le conosco, e cerco di aiutare le persone a non distruggere la loro vita". Su chi ha raccontato che l'artista spacciasse o rubasse i motorini, Lauro ha precisato che "è una leggenda nera inventata da gente che ha interpretato alla lettera il mio primo libro, "Sono io Amleto", che in realtà è una biografia romanzata". "Vengono a intervistarmi e poi scrivono 'Lauro spaccia', al presente, 'Lauro ruba', al presente. Sono cresciuto in un ambiente difficile, in mezzo a persone problematiche - ha continuato -. Se avessi buttato il tempo in queste sciocchezze non sarei qui. Canto per dire ai ragazzi di non sprecare il loro tempo".