Dolce & Gabbana, il video di scuse e la diplomazia del colore in Cina

Spettacolo

Maria Teresa Squillaci

Il video nel quale i due stilisti hanno fatto pubblica ammenda per gli spot giudicati razzisti è stato criticato perché considerato poco spontaneo e comunque tardivo. Era però giusto il loro look, almeno stando al significato che dai cinesi viene attribuito ai colori

È di moda il nero diplomatico. Come quello del maglioncino girocollo basic indossato da Dolce e Gabbana nel video in cui chiedono formalmente scusa alla Cina per gli spot giudicati sessisti e razzisti che gli sono costati la cancellazione della sfilata evento a Shanghai e il bando dai siti di e-commerce cinesi.

Facce scure e tirate, mani sul tavolo, i due stilisti, ulteriormente incupiti dallo sfondo damascato, rivolgono al popolo cinese le loro scuse. Non convince però l'espressione del volto (in alcuni momenti sembra che stiano leggendo un testo già scritto) e anche il messaggio non arriva in maniera così incisiva e convincente come dovrebbe, ma l’unica cosa sicuramente giusta è il loro look.

Entrambi indossano un maglioncino semplice e a maniche lunghe di colore nero. È il colore della diplomazia perché è elegante, snellisce, è veloce ma soprattutto non è criticabile e non è identificabile. Se si controlla il venduto di molte aziende di moda, il nero, di qualsiasi forma, taglia, o tessuto, resta il colore vincente. Il "total black" è noioso ma risolutivo.

Eppure il nero ha un suo grande fascino se non adottato come una divisa. Impossibile per esempio dimenticare gli smoking rigorosamente neri di Yves Saint Laurent declinati in diverse forme e tessuti e rimasti simbolo di un cambiamento radicale nel guardaroba della donna sin dagli Anni '60.

Ma l’importante, almeno per D&G, è che si trattava del colore giusto nella cultura cinese.

Opposto rispetto al bianco, con cui compone l’unità di Yin e Yang, il nero è un colore al quale i cinesi legano significati perlopiù positivi come i concetti di eleganza e qualità. È una tinta che piace indossare nella vita di tutti i giorni e, a differenza della cultura occidentale, non viene legato alla morte.

Il colore del lutto è invece il bianco, che si indossa per onorare i defunti. Sarebbe stato un errore anche vestire di giallo che è legato ai concetti di buon gusto, purezza, ricchezza e autorità (era infatti il colore dell’imperatore) ma ha anche un altro significato: i film “gialli” sono i film pornografici.

Trattandosi di un messaggio di scuse era da escludere anche il rosso che in Cina è immediatamente associato al capodanno e simboleggia felicità, fortuna, ricchezza e amore (è anche diffuso per i vestiti da sposa).

Negli ultimi tempi la Cina si ritrova al centro del mondo della moda: non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista creativo: sempre più stilisti occidentali si ispirano alla moda cinese, alcuni marchi sono stati acquistati del tutto o in parte da imprenditori cinesi – come gli italiani Krizia o Francesco Scognamiglio – e nel paese asiatico ci sono sempre più stilisti cinesi emergenti da tenere sott’occhio. L’interesse della moda verso la Cina è stato sancito anche dalla mostra estiva del prestigioso Metropolitan Museum of Art (MET) di New York: "China: Through the Looking Glass", sull’influenza dell’estetica cinese sulla moda occidentale.

Insomma per chiunque voglia tentare di conquistare quella che nel 2025 sarà la fetta più grande del mercato globale del lusso, anche la diplomazia del colore è da tenere presente. "Faremo tesoro di questa esperienza e sicuramente non succederà mai più, anzi proveremo a fare di meglio, rispetteremo la cultura cinese in tutto e per tutto” hanno detto Dolce e Gabbana. Già questo è un punto di partenza.

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