Sì, l'Italia ha davvero aumentato le spese militari. Ma come?

Lo scorso 22 ottobre la NATO ha pubblicato il suo periodico Comunicato Stampa con le stime della spesa dei Paesi Membri, aggiornate al 2025. Queste stime sono ancora più importanti del passato dopo l’impegno, preso durante il vertice NATO del giugno scorso, di aumentare almeno al 3,5% del Pil entro il 2035 la spesa militare in senso stretto , con un altro 1,5% in spese correlate alla sicurezza, per cui peraltro non esiste ancora una definizione pubblicata. Solo due Stati sopra il 3,5% Le stime della spesa in senso stretto indicano che nel 2025, sui 31 Membri dell’alleanza , solo Lituania e Polonia stanno sopra al 3,5% e solo Danimarca, Estonia, Lettonia, Norvegia, Stati Uniti eccedono il 3%. Forti aumenti saranno quindi necessari per tutti. Anche gli Stati Uniti stanno sotto l’obiettivo . Tenendo conto che i loro interessi si estendono a tutto in mondo , lo squilibrio evidenziato da tutti i più recenti Presidenti americani tra il contributo alla difesa fornito dagli europei e quello a stelle e strisce non è poi così evidente. Tutti i Paesi sarebbero però ora al livello minimo del 2%, il cui raggiungimento era stato fissato nel vertice Nato del 2014. Anche l’Italia che dall’1,5% del Pil nel 2024 sarebbe passata al 2%. L'Italia ha raggiunto il 2% del Pil È quindi ufficiale ora, e riconosciuto dalla NATO , quanto il Ministro Crosetto aveva annunciato dopo il vertice di giugno. L’Italia ha raggiunto il 2% del Pil dall’1,5% nel 2024. In miliardi di euro vuol dire da 32,7 a 45,3, un aumento del 38,5%, mica noccioline. Quello che resta avvolto nel mistero è quali spese siano state aumentate rispetto al 2025. Cosa sappiamo? In un’audizione del dicembre scorso il ministro aveva indicato che, grazie agli stanziamenti operati nella legge di bilancio per il 2025, la nostra spesa per la difesa sarebbe cresciuta dall’1,5% del Pil all’1,6%. Pochi mesi dopo ci accorgiamo che, invece, siamo al 2% senza che siano state date nuove autorizzazioni di spesa. Che è successo? In un’audizione al Senato, Crosetto ha detto : “L’Italia ha affrontato il Vertice comunicando il raggiungimento del 2% del PIL per la spesa della difesa, traguardo che era stato fissato nel summit del Galles del 2014 e finora mai effettivamente realizzato. Questo risultato - come sapete benissimo - è stato possibile in linea con tutti i criteri NATO aumentando il focus militare su forza, capacità e ambiti che finora non avevamo calcolato - quindi Guardia di finanza, Capitanerie, spazio e cyber - come già facevano e fanno altri Paesi”. Come si è saliti al 2%? Questa affermazione non è chiarissima. Cosa si intende per “aumentando il focus militare su forza capacità e ambiti”? Un’interpretazione è che si sia dato un contenuto più militare del passato a certe risorse già stanziate. La frase seguente però “che finora non avevamo calcolato… come già facevano e fanno altri Paesi” suggerisce invece una pura riclassificazione delle spese, che in teoria, però avrebbe dovuto portare a rivedere l’intera serie storica della spesa come comunicata alla NATO. Insomma, per esempio, si intende dire che ora Guardia di Finanza e Capitanerie di porto fanno cose più militari del passato o che ci siamo accorti che, anche in passato, queste parti della pubblica amministrazione facevano più cose militari di quanto pensavamo? E quali sarebbero queste cose? Se guardiamo alla composizione della spesa nella classificazione NATO, vediamo che l’aumento dello 0,5% del Pil riguarda per uno 0,2% le spese per armamenti e per lo 0,3% la categoria residuale “altro” che comprende esercitazioni, ricerca e sviluppo non allocata tra le altre categorie e, appunto, un non meglio identificato “altre spese” che non stanno da nessuna parte. Non è che questo chiarisca molto. Una parte dell’aumento delle spese per armamenti potrebbe essere effettivo , ma il resto che cosa è? E cosa è lo 0,3% nella categoria residuale? Poca chiarezza C’è un’altra fonte di informazione: il Documento Programmatico Pluriennale del Ministero della Difesa del 7 ottobre scorso indica a p. 95 che le spese per la difesa comunicate alla NATO includono anche il “budget per contesti, domini e settori a cui è stato attribuito un focus più militare” e “progetti di cooperazione militare ”. Anche qui non è molto chiaro a cosa ci si riferisca. Insomma, le cose non sono per niente chiare. Non vorrei apparire un pignolo. Mettiamola in questi termini. Secondo il governo italiano la nostra spesa per la difesa è aumentata del 38,5% nel 2025, l’aumento più forte da decenni. Dobbiamo sentirci più sicuri di quanto eravamo nel 2024? O, perlomeno, nel caso ci sia stata puramente una riclassificazione, dobbiamo sentirci più sicuri di quanto pensavamo di essere a inizio anno quando la spesa era stimata all’1,6% del Pil? Cosa è cambiato? Cosa è stato riclassificato? In un’area così delicata non ci possono essere incertezze così ampie. Siamo o no più sicuri? Fra l’altro i documenti governativi indicano che la Legge di Bilancio per il 2026 non include i nuovi stanziamenti necessari per alzare ulteriormente il livello della spesa per la difesa: questi arriveranno, presumibilmente finanziati in deficit, con l’attivazione della clausola di salvaguardia prevista dalle regole europee sui conti pubblici. Spero che almeno in quella occasione si chiarirà il punto di partenza per futuri aumenti e, in particolare, come, magicamente, abbiamo raggiunto il 2% del Pil già nel 2025.

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Carlo Cottarelli