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Pil 2025, Confindustria abbassa le stime a +0,6% a causa dei dazi Usa

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I titoli di Sky TG24 del 2 aprile 2025, edizione ore 13
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I titoli di Sky TG24 del 2 aprile 2025, edizione ore 13
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Il Centro studi di Confindustria ha provato a stimare l'impatto della nuova politica tariffaria avviata dall'amministrazione Trump. Secondo Confindustria, la possibile escalation protezionistica "può determinare in Italia un -0,4% di Pil nel 2025 e un -0,6% di Pil nel 2026. Secondo gli industriali, la stima del Pil 2025 è a +0,6%

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Il peso dei dazi globali è paragonabile a quello di "un conflitto commerciale". A dirlo è il Centro studi di Confindustria, che ha provato a stimare l'impatto della nuova politica tariffaria avviata dall'amministrazione statunitense di Donald Trump. Secondo Confindustria, la possibile escalation protezionistica "può determinare in Italia un -0,4% di Pil nel 2025 e un -0,6% di Pil nel 2026". Secondo gli industriali, la stima del Pil 2025 è a +0,6% (mentre la previsione di ottobre 2024 era 0,9%). Secondo le previsioni nel 2026, potrebbe salire a 1,0%. Nel frattempo, per questa sera è atteso l'annuncio delle misure che potrebbero impattare anche sull'Europa. Il rischio, come specifica il rapporto dell'associazione degli industriali, "è la fuga di aziende e capitali negli Usa", mentre l'incertezza economica è "al massimo storico".

I dazi Usa sul Pil

I possibili effetti dei dazi statunitensi sul Pil destano preoccupazione tra gli industriali, specie pensando alla stima del Csc, secondo cui quest'anno la crescita in Italia rallenta per poi riprendere slancio nel prossimo. In occasione della presentazione del rapporto, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, ha sottolineato che "in momenti difficili come questi servono misure straordinarie e coraggio straordinari. Abbiamo bisogno che il nostro governo abbia coraggio e che l'Europa cambi rotta". Poi ha aggiunto: "Per un Paese come il nostro la guerra dei dazi è un problema. Serve negoziare tutti insieme, l'Europa deve essere unita per poter costruire un punto di negoziato, credo ci possa essere la possibilità. Se mettiamo assieme i beni e i servizi che gli Stati Uniti esportano in Europa, un negoziato ci può essere".

I dati di Confindustria

Come ricorda Confindustria,per l'Italia l'export di beni negli Usa nel 2024 è stato pari a 65 miliardi di euro, oltre il 10% del totale. Tra il 2019 e il 2023, l'aumento delle esportazioni ha contribuito per 4,5 punti all'incremento del totale (+30% cumulato). A livello settoriale, i comparti industriali italiani più esposti ai dazi sono "bevande, farmaceutica, autoveicoli e altri mezzi di trasporto". Secondo le stime del Centro Studi Confindustria, la reintroduzione dei dazi Usa su acciaio e alluminio al 25% porterà a un calo medio di circa -5% dell'export di acciaio e alluminio negli Stati Uniti, con un impatto macroeconomico minimo (circa -0,02% dell'export italiano di beni). Lo scenario peggiore di un'eventuale escalation protezionistica che comporti un persistente - invece che temporaneo - innalzamento dell'incertezza (+80% sul 2024), l'imposizione di dazi del 25% su tutte le importazioni Usa, comprese quelle dall'Europa, e del 60% dalla Cina e l'applicazione di ritorsioni tariffarie sui beni di consumo esportati, avrebbe dunque un impatto cumulato negativo sul Pil.

Pnrr e Transizione 5.0

Il Centro Studi di Confindustria punta l'attenzione anche sullo stato di avanzamento del Pnrr. Nei giorni scorsi la sesta relazione al Parlamento ha rilevato che sono stati spesi 64 miliardi dei 122,2 ricevuti finora. Tra il 2025 e il 2026 le risorse programmate ammontano a circa 130 miliardi. Se non verranno spese tutte, l'ipotesi del Csc è che ne venga spesa la metà, 65 miliardi. Gli investimenti invece sono attesi in arretramento quest'anno del -0,8%, in linea con la dinamica tendenziale negativa già osservata nella seconda parte del 2024. Dovrebbe poi recuperare nel 2026 (+0,9%), rimanendo sostanzialmente stagnanti nel biennio. Gli industriali chiedono anche un cambio di passo su Transizione 5.0. Come si legge ancora nel rapporto, la spesa in impianti e macchinari "è arretrata per tutto il 2024", prima per un "effetto rinvio" legato all'attesa di Transizione 5.0, poi per la "scarsa attrattività della misura" a causa di una serie di difficoltà operative. Si prevede che "rimangano in contrazione nella prima parte del 2025". Lo scenario di incertezza è diffuso in tutta Europa. Come evidenzia la relazione, la crisi dell'industria non riguarda solo l'Italia, ma è internazionale e caratterizzata da una forte eterogeneità settoriale. L'automotive "è il settore più colpito in tutti i paesi europei, ma il calo è marcato anche nei settori della moda e nella lavorazione dei metalli". Altro fattore che continua a frenare la crescita dell'area euro è "l'elevato prezzo dell'energia", conclude Confindustria.

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