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Fmi e Confindustria: crescita Italia meno forte del previsto

Economia

Simone Spina

Il Pil del nostro Paese rimarrà al di sotto dell'1% quest'anno e nel prossimo. Così stima l'Istituto di Washington e l'associazione degli industriali. Sull'andamento dell'economia pesano le tensioni internazionali (guerre e dazi), ma anche il costo dell'energia e la crisi del settore dell'auto

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Una crescita della nostra economia meno robusta del previsto è quello che si aspettano il Fondo Monetario Internazionale e Confindustria. L’Italia non galoppa, ma tiene botta, in una situazione complessa, condita da dazi e guerre che gettono ombre sul ritmo delle esportazioni, condizionata dall’inflazione che, seppure in calo, mantiene alti i prezzi dell’energia e dalla crisi del settore dell’auto, che indebolisce il cuore della manifattura.

Economia un po' più debole

Così da Washington l’Fmi mantiene allo 0,7 per cento la stima del rialzo del nostro prodotto interno di quest’anno, limando al ribasso (allo 0,8) quello del 2025. Un po’ più generoso il giudizio che arriva da Roma, dove il Centro studi degli industriali, prevede una crescita dello 0,8 nel 2024 e dello 0,9 l’anno venturo.

Il governo è più ottimista

Siamo, dunque, al di sotto di quanto formulato dal governo. Dove il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha mostrato dubbi sull’obiettivo dell’1 per cento entro dicembre, resta però ottimista sul futuro.

Pnrr cruciale

In questo quadro con luci e ombre non siamo soli. L’industria resta debole, dice il Fondo Monetario, che sottolinea come in Germania la situazione sia peggiore che da noi, che possiamo fare affidamento sul Pnrr più generoso d’Europa. Il Piano comunitario per la ripresa è cruciale, ricorda Confindustria, ma dobbiamo correre e quest’anno abbiamo speso poco: 9,5 miliardi sugli oltre 42 programmati.

Le incognite dell'Auto

Per gli industriali il debito pubblico rimane troppo elevato, sono necessari più investimenti e Bruxelles deve dare una mano alle imprese e non imporre regole che non piacciono al mercato. Il riferimento è al passaggio all’auto elettrica, sulla quale serve – parola di Confindustria – un ripensamento.