Una sentenza della Corte Costituzionale sostiene che dilazioni e rateizzazioni del cosiddetto trattamento di fine rapporto nella pubblica amministrazione contrastano con il principio costituzionale della giusta retribuzione
Stop al differimento delle liquidazioni dei dipendenti pubblici. Una sentenza della Corte Costituzionale ha bocciato ulteriori dilazioni e rateizzazioni del cosiddetto trattamento di fine rapporto nella pubblica amministrazione. Secondo la Corte infatti il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (T.F.S.) spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall'impiego per raggiunti limiti di età o di servizio contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell'ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione. La Consulta rivolge così anche un invito al Parlamento a rimuoverlo gradualmente.
Un invito al Parlamento
Secondo quanto nota la Corte spetta al legislatore, avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell'ambito della precedente programmazione economico-finanziaria. Tuttavia, la discrezionalità del legislatore al riguardo - ha chiarito la Corte - non è temporalmente illimitata. E non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame.