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L'intervista di Mario Mantovani (Manageritalia) a Sky TG24

Economia
Manageritalia

Il presidente della federazione nazionale di manager, quadri, dirigenti ed executive professional di commercio, turismo, servizi e terziario avanzato riflette sui temi caldi che animano il dibattito economico in Italia. Il patto per l'Italia annunciato dal premier Draghi, il Pnrr, lo smart working, le pensioni e il gender pay gap: l'intervista

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Il "patto per l'Italia" di cui ha parlato il premier Draghi, il Pnrr, le pensioni, il gender gap nel mondo del lavoro, lo smart working. Sono molti i temi di discussione che politici ed esperti di economia stanno analizzando in questo periodo di ripresa che l'Italia sta attraversando dopo la fase più acuta dell'emergenza sanitaria da Covid-19. Ne ha parlato con Sky TG24 Mario Mantovani, presidente di Manageritalia dal novembre 2020, dopo 8 anni passati come vicepresidente della federazione nazionale che rappresenta, in Italia, oltre 37.700 manager e professionisti nei settori del commercio, dei trasporti, del turismo, dei servizi e del terziario avanzato.

Il patto per l'Italia

D: Voi siete pronti da tempo a sottoscrivere un accordo con tutte le altre forze istituzionali e sociali, rispondendo all’appello del presidente Draghi che ha parlato di un “patto per l’Italia”, ma questo patto da quali priorità deve partire?

 

R: Avere una crescita più equa e sostenibile, con particolare attenzione per giovani e donne, il mondo del lavoro non sarà più come prima e deve essere riorganizzato con nuove relazioni industriali. Per i manager il patto è sempre attivo: siamo sempre disponibili, come cittadini e come associazioni, a dare supporto alla crescita del Paese, anche in modo specifico nei progetti che promuovono il lavoro di giovani e donne. Siamo contribuenti fedeli e abbiamo sviluppato un sistema di welfare sussidiario, un modello virtuoso che si può estendere a molte altre categorie. Siamo molto lontani dai vecchi modelli di "relazioni industriali": i nostri Contratti Collettivi sono focalizzati sulla gestione efficace delle risorse, cogestite con i rappresentanti delle aziende, e su tutele flessibili, arricchite anche recentemente con programmi di riattivazione al lavoro per chi viene licenziato. Attraverso la Fondazione Prioritalia - la cui Presidente Marcella Mallen è anche Presidente di ASviS - diamo da 10 anni un contributo concreto allo sviluppo di un'economia sostenibile, inclusiva, partecipata, grazie anche al lavoro di tanti volontari, che mettono a disposizione del Paese le loro competenze.

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Lo smart working

D: Lo smart working è stato molto importante in questi mesi: avrà un ruolo di rilievo anche nella costruzione del lavoro del futuro o è stata solo una parentesi dettata dalla situazione d’emergenza prodotta dalla pandemia? 

 

R: Molto dipende dalla dimensione dell’impresa e dai settori produttivi. Abbiamo avuto best practice in aziende partecipate e in multinazionali che sono diventate la regola: sarà difficile tornare indietro. In altri casi, la cultura che regge lo smart working deve ancora fare breccia. Tuttavia credo che la fine della pandemia, che spero arrivi presto, indurrà a forme ibride di smart working, integrate da attività in presenza, perché la relazione umana sul lavoro è indispensabile. Ma la strada di un nuovo approccio lavorativo è segnata. Il lavoro agile può essere sicuramente il futuro. Lo smart working non esaurisce le trasformazioni del lavoro, in atto già da molti anni, ma non è neppure una parentesi originata dalla pandemia. Deve essere visto come una leva organizzativa rilevante, attuando un modello misto che consenta alle persone di focalizzarsi sui valori e contenuti concreti della relazione di lavoro, sulla creatività che nasce dall'interazione, su ciò che non è codificato. I benefici in termini di qualità della vita personale possono essere molto rilevanti, contribuendo a ricreare un equilibrio sostenibile che le aree metropolitane hanno perso. Occorre però una visione evoluta delle organizzazioni e una consapevolezza dei processi che le governano: troppo spesso le aziende (quelle piccole in particolare) sono poco più che unità produttive o distributive, parti di una filiera che si autoregola - o viene regolata da norme - nei soli aspetti economici e operativi. Difficile che in questi casi lo smart working possa diventare qualcosa di più di telelavoro emergenziale.

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Il gender gap

D: È ormai acclarato che una maggiore parità di genere avrebbe effetti positivi sulla società nel suo complesso. È un concetto semplice, ma perché è così difficile da far passare? E la legge  sulla parità salariale sarà sufficiente per colmare il gender pay gap?

 

R: Il concetto è semplice, ma i cambiamenti sociali che implica sono profondi. Resistono un'idea sorpassata di suddivisione dei ruoli familiari e altri stereotipi sulle caratteristiche "tipiche" di uomini e donne. Nessuna legge può da sola risolvere il problema, ma quella sulla parità salariale può contribuire in modo significativo a cambiare una mentalità. Ricordiamo poi che, nel caso in cui sia necessario lasciare anche temporaneamente il lavoro, la scelta nella coppia ricade più spesso sulla donna anche perché ha una retribuzione inferiore.

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Il Pnrr

D: Grazie al Next Generation Eu nei prossimi anni avremo a disposizione decine di miliardi che possono trasformare il nostro Paese e rendere la nostra economia più resiliente, però lei ha detto che “dobbiamo difendere il Next Generation Eu da una burocrazia che costa circa 30 miliardi di euro l’anno alle aziende del nostro Paese e può pesare fino al 4% del fatturato di una piccola impresa”. E come lo si difende? 

 

R: Voglio ricordare che noi siamo stati i primi a rimboccarci le maniche. I manager italiani hanno già dimostrato di detenere strumenti concreti e metodo d’attuazione che hanno salvato le nostre imprese nel periodo più buio. Ora si aspettano un riconoscimento, non di facciata, ma di sprone a continuare così. D’altronde parliamo di oltre 222 miliardi di euro da spendere bene. Da non sprecare. Da proteggere da illegalità, dalla corruzione, dell’evasione fiscale che da sola vale circa 100 miliardi di euro ogni anno. Continuiamo a ripetere che il Pnrr è un'occasione irripetibile, ma i fondi europei erogati in passato non sono stati utilizzati in modo efficace, salvo pochi casi. Il problema della burocrazia non è il suo costo - in linea o anche inferiore rispetto a quello di paesi paragonabili all'Italia - ma la stratificazione dei suoi livelli, l'eccesso di norme, la scarsa rilevanza dei principi di responsabilità, la mancanza di una solida gestione dei progetti, la carenza di una visione digitalizzata dei processi e di competenze, soprattutto organizzative, nelle pubbliche amministrazioni. Le enormi risorse del Pnrr, oltre a non dover essere sprecate per illegalità e inefficienza, devono attivare le risorse private e migliorare la qualità infrastrutturale del nostro Paese, per innescare una crescita duratura nel tempo. Questa può avvenire soltanto con la crescita dei servizi, che rappresentano il 75% del Pil e trainano da decenni quella, pur asfittica, del Paese. Occorre favorire lo sviluppo nei settori più innovativi e a maggiore valore aggiunto, consentendo la crescita delle retribuzioni, davvero troppo basse e insufficienti per trattenere i talenti.

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Le pensioni

D: Il dossier pensioni è uno di quelli più caldi in questo momento sul tavolo del governo, però dal dibattito è praticamente scomparso il tema della previdenza complementare. Non sarebbe invece il caso di tornare a discuterne?

 

R: Il welfare integrativo, ovvero una intelligente sinergia tra sanità pubblica e sanità integrativa, dopo la crisi della pandemia, unita a un serio rilancio della previdenza complementare, secondo i manager è l'unico strumento da sostenere se si vuole garantire un futuro pensionistico ai nostri giovani. Il welfare complementare è parte integrante della riforma Dini, che con estrema lentezza sta ancora andando a regime, trasformando gradualmente il nostro sistema pensionistico da retributivo a contributivo. È perciò paradossale che non ci si ponga il problema di svilupparla ulteriormente, estendendola a tutte le categorie di lavoratori, superando le differenze spesso anacronistiche tra lavoro dipendente e autonomo, utilizzando il Tfr come leva per la crescita dei Fondi pensione. Un primo pilastro di base per tutti e un secondo pilastro complementare sono anche strumenti che favoriscono la cultura previdenziale, importante soprattutto per i giovani, quando possono compiere scelte alternative nel corso della carriera. Purtroppo invece prevale l'idea di "taglio del cuneo contributivo" - significa consumare oggi le risorse di domani - e il pessimismo dei "giovani che non avranno una pensione".

 

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