Covid, allarme Cgil sul lavoro: "Oggi 5 milioni hanno salari sotto i 10mila euro l'anno"

Economia

E' quanto emerso durante la presentazione del rapporto della Fondazione Di Vittorio-Cgil su "Salari e occupazione". Nel 2020 i salari sono calati del -5,8%. Siamo i peggiori in Ue

In Italia nel 2019, prima della pandemia, circa 5 milioni di persone avevano un salario effettivo non superiore ai 10 mila euro lordi annui, tutte con "discontinuità lavorativa". Oggi risultano circa 3 milioni di precari e 2,7 milioni di part-time involontari (ovvero che lavorano a tempo parziale non per scelta) che si aggiungono a 2,3 milioni di disoccupati ufficiali. E' quanto emerso durante la presentazione del rapporto della Fondazione Di Vittorio-Cgil su "Salari e occupazione”.

I salari dei dipendenti a tempo pieno

Nel 2020, con l'esplodere della pandemia, il salario medio di un dipendente a tempo pieno in Italia è diminuito del 5,8% rispetto al 2019, con una perdita in termini assoluti di 1.724 euro nell'anno. Il calo più ampio registrato nell'Ue (-1,2% in media) e nell'Eurozona (-1,6%). Il ricorso alla cassaintegrazione e ai Fondi di solidarietà ha tuttavia più che dimezzato la riduzione del salario medio annuale che così "integrato" si è fermata a 726 euro in meno (-2,4%). Fondamentale anche il blocco dei licenziamenti e gli ammortizzatori sociali.

I salari dei part-time

Anche il salario dei part-time italiani è percentualmente più basso della remunerazione part-time nella media dell'eurozona: oltre il 10%. La percentuale di part-time involontario in Italia è la più alta a livello europeo: nel 2020 arriva a segnare il 66,2% sul totale degli occupati a tempo parziale, contro il 24,7% dell'Eurozona.

Il tasso di disoccupazione “sostanziale”

Altro dato è quello relativo al tasso di occupazione sostanziale. Durante la presentazione del Rapporto è stato ricordato come il cosiddetto tasso di disoccupazione "sostanziale" calcolato dalla Fondazione Di Vittorio nel 2020 risulti pari al 14,5% rispetto al 9,2% del tasso di disoccupazione ufficiale, che corrisponde a quasi 4 milioni, un numero che ai 2,3 milioni di disoccupati aggiunge coloro che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano perché sono scoraggiati, bloccati per la cura di figli o anziani o sono sospesi, in attesa di riprendere l'attività. 

La centralità del lavoro

"Risulta evidente che il tema del lavoro riguarda la quantità di occupazione ma anche tanti aspetti della sua qualità", ha sottolineato il presidente della Fondazione, Fulvio Fammoni, richiamando l'attenzione sulle modalità di utilizzo del Pnrr e sulle scelte della legge di Bilancio. "Se davvero si punta ad uno sviluppo duraturo - ha affermato - il problema non può essere semplicemente l'utilizzo totale e tempestivo delle risorse a disposizione, ma come questa situazione straordinariamente favorevole per le quantità di risorse, risolve o meno questi problemi strutturali".

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