È sempre più difficile per gli Stati farsi pagare le tasse da imprese multinazionali, che possono spostarsi di sede da un Paese all'altro a seconda della convenienza, scatenando spesso una corsa al ribasso delle aliquote tra i Governi che cercano di attrarre imprese e capitali esteri. L'amministrazione Biden cerca una difficile mediazione al G20
Ora tocca al G20, a guida italiana: la proposta del segretario al tesoro americano Janet Yellen di una tassazione minima globale per le grandi società approda sul tavolo digitale dei ministri delle finanze e dei Governatori delle banche centrali del 7 aprile, prima vera tappa di un tour che si annuncia non privo di insidie. “Stiamo lavorando con i paesi del G20 per un accordo su una tassa minima globale che possa fermare la corsa al ribasso", ha scandito Yellen, a proposito di annunci, alla vigilia del summit.
Biden in cerca di entrate per il suo maxi piano
Scopo primario: un livello di tassazione omogeneo tra i diversi Paesi per favorire stabilità e concorrenza, leggasi evitare che le aziende lascino una nazione per spostarsi in un’altra che tassa di meno. Insomma, frenare la corsa ai paradisi fiscali. Scopo secondario, per niente trascurabile: aiutare il presidente Biden ad aumentare le entrate fiscali per finanziare il suo mega piano per le infrastrutture da 2.250 miliardi di dollari, evitando una fuga all'estero delle aziende americane. Il neo inquilino della Casa Bianca prevede infatti un inasprimento della pressione fiscale per le imprese negli Stati Uniti, con l'aliquota sulle aziende dal 21% al 28%, invertendo la rotta imboccata nel quadriennio di presidenza Trump tra gli applausi dei liberisti e i record a raffica di Wall street. Che per ora prosegue a macinare guadagni, consapevole forse che la sfida della Yellen, lanciata già durante l'audizione di conferma della sua nomina, dovrà scontrarsi con la voglia di tanti Paesi di continuare ad attrarre industrie e capitali dall’estero; specie in fase di uscita dalla Pandemia.