In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Il Recovery fund visto da Madrid

Economia

Maria Elena Cavallaro (professoressa di Storia delle Relazioni internazionali Luiss)

©Getty

La politica spagnola e i risultati del Consiglio Ue. Fra stabilità e tensioni

Condividi:

In Spagna l’accordo dell’ultimo Consiglio europeo sullo strumento per la ripresa “Next Generation EU” e sul bilancio pluriennale è stato celebrato dalle forze della maggioranza di centro-sinistra come un risultato “storico”. Il premier (e leader del PSOE) Pedro Sánchez ha ritenuto soddisfatte le sue richieste delle scorse settimane di un “Piano Marshall per l’Europa”. Gli alleati di governo della sinistra radicale di Unidas Podemos, allo stesso tempo, minimizzano qualsiasi “condizionalità” legata ai futuri aiuti e sottolineano “la svolta anti austerità” di Bruxelles. Tale compattezza retorica non riesce a celare del tutto possibili tensioni che potrebbero emergere tra i due principali partner della maggioranza nel momento in cui si tratterà di presentare alla Commissione Ue il Piano nazionale di Riforme e Resilienza, nel rispetto delle linee guida decise a Bruxelles e magari in contrasto con tendenze più assistenzialistiche care alla maggioranza. Tensioni che potrebbero essere esacerbate dai movimenti in corso nell’opposizione di centrodestra. Qui i centristi di Ciudadanos, nelle ultime settimane, complice la crisi senza precedenti generata dalla pandemia da Coronavirus (GLI AGGIORNAMENTI LIVE), si sono dimostrati più inclini a votare di tanto in tanto misure proposte dal PSOE. Rimane invece nettissima l’opposizione del primo partito di centro destra, il Partito Popolare, che critica l’esecutivo per il ruolo marginale giocato nel negoziato di Bruxelles, ma allo stesso tempo loda l’intesa raggiunta e il contributo di esponenti del PPE come Merkel e Von der Leyen (IL RECOVERY FUND VISTO DA BERLINO). A questo punto solo l’estrema destra di Vox rigetta in toto il merito dell’accordo europeo. In definitiva l’europeismo trasversale alle forze politiche – leitmotiv nella Spagna post dittatura - è tornato ad affermarsi come tratto dominante di questa fase politica, ma fino a quando? La polarizzazione del dibattito politico infatti è comunque intensa, con la presenza ormai consolidata di partiti radicali in Parlamento e col riacutizzarsi del confronto sul riequilibrio di poteri tra Stato centrale e Autonomie (IL REPORT DELLA LUISS SULLA SITUAZIONE IN ITALIA).

Il premier spagnolo Pedro Sanchez - ©Getty

A Madrid, secondo le stime, 140 miliardi

La Spagna, dopo l’Italia, è il Paese dell’Unione europea che beneficerà maggiormente delle risorse del nuovo strumento “Next Generation EU” sul quale si sono accordati i capi di Stato e di Governo al recente Consiglio europeo. Secondo le stime trapelate finora, infatti, a Madrid saranno destinati 140 miliardi di euro nei prossimi anni, di cui 72 miliardi a fondo perduto.

L’europeismo di governo

Pedro Sánchez, a capo del Governo dallo scorso 13

gennaio e leader del PSOE ormai dal 2014, tornando da Bruxelles non ha mancato

di esaltare il risultato raggiunto. “Questo è un grande accordo per l’Europa – ha

commentato a caldo – Un grande accordo per l’Europa e anche per la Spagna. È stata scritta una delle più brillanti pagine della storia dell’Unione europea”. All’inizio del mese di marzo, e poi di nuovo a luglio incontrando il Presidente del Consiglio italiano Conte a Madrid, Sánchez aveva sondato il terreno per la creazione di un asse mediterraneo promotore di un vero e proprio “Piano Marshall per l’Europa”. Così, nelle scorse ore, richiamando il più alto simbolo della ricostruzione postbellica, si è felicitato per il fatto che dal Consiglio europeo sia emerso “un autentico Piano Marshall per dare una risposta adeguata alla crisi causata dal Covid-19”. Un piano “incentrato sulle riforme necessarie per sviluppare un’economia più resiliente, verde, digitale e inclusiva”. Sempre Sánchez ha escluso finora che Madrid possa far

ricorso a un altro strumento comunitario anti crisi, il Meccanismo europeo di stabilità

(MES) nella sua versione “sanitaria”, per evitare un effetto-stigma da parte dei mercati finanziari.

leggi anche

Il Recovery Fund visto da Berlino

Il nuovo europeismo della sinistra radicale

Il capo del Governo Sánchez ha ricevuto il pieno sostegno dagli alleati di Unidas Podemos, movimento di sinistra radicale che fa parte della maggioranza insieme al PSOE. Pablo Iglesias, vicepremier e leader di Unidas Podemos, molto critico sulle misure adottate dalle istituzioni europee all’indomani dell’ultima crisi economica internazionale, ha descritto l’intesa raggiunta a Bruxelles dai capi di governo come “una rinuncia storica all’Europa dell’austerità”, ha sottolineato “una svolta” nelle modalità con cui il  continente affronta la crisi, “diametralmente opposte a quelle del 2008”. “Non ci  saranno uomini in nero”, ha detto Iglesias riferendosi ai rappresentanti della (fu) Troika, per poi precisare che il programma di governo spagnolo non subirà variazioni sostanziali.

leggi anche

Il report della Luiss sulla situazione in Italia

La tensione nel governo tra “sociale” e “condizionalità”

Dalle dichiarazioni di Iglesias emerge comunque l’intenzione di minimizzare, agli occhi dell’opinione pubblica e in particolare dei suoi sostenitori, la portata delle “condizionalità” comunque presenti nell’accordo europeo. Le riforme del lavoro e del welfare concordate finora all’interno della compagine governativa sono essenzialmente di carattere assistenzialistico, non propriamente in linea con l’enfasi posta dalla Commissione Ue su riforme strutturali, digitale e ambiente (Podemos in passato ha avuto parole di apprezzamento per il Reddito di cittadinanza voluto in Italia dal Movimento 5 Stelle). Già mercoledì 22 luglio, in un atteso voto parlamentare, la maggioranza PSOE-Podemos ha ottenuto il sostegno di Ciudadanos per la mozione sulla ripresa economica, e perfino dei Popolari per le mozioni su Unione europea e Sanità, ma si è vista bocciare la mozione sulla Politica sociale (complice

l’opposizione compatta del centro-destra). È un’anticipazione di quanto potrebbe

accadere nei prossimi mesi, con una crescente tensione nella maggioranza di governo tra retorica europeista e scelte politiche effettive necessarie per attingere ai fondi e ai prestiti di Bruxelles.

L’europeismo frammentato dell’opposizione di centrodestra

Il principale partito dell’opposizione di centro destra, il Partito Popolare guidato da Pablo Casado, ha criticato il capo del governo Sánchez, giudicando quasi irrilevante il suo contributo all’accordo raggiunto a Bruxelles sul Recovery Fund (CHE COSA PREVEDE - COME ANDRANNO RESTITUITI I SOLDI). Casado ha espresso invece apprezzamento per i contenuti dell’intesa, enfatizzando il ruolo giocato dalle colleghe del Partito Popolare Europeo, la cancelliera tedesca Angela Merkel e la Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen. Il premier Sánchez ha risposto criticando la mancanza di compattezza delle opposizioni a difesa dell’interesse nazionale. Favorevole all’intesa raggiunta in Europa è anche il movimento centrista di Ciudadanos. A differenza dei Popolari, però, Ciudadanos – soprattutto a partire dalle settimane più difficili della pandemia – non ha mancato in

alcune occasioni di smarcarsi da un’opposizione senza se e senza ma, votando a favore delle politiche governative su alcuni temi, come per esempio lo scaglionamento delle riaperture su base regionale (ingenerando in Podemos il timore di un suo eccessivo avvicinamento all’area di governo). L’estrema destra di Vox, infine, è su posizioni decisamente critiche dell’accordo europeo; il movimento

sostiene che a pagare il prezzo delle riforme richieste da Bruxelles saranno soprattutto i pensionati e i dipendenti della Pubblica amministrazione.

La polarizzazione politica crescente

Nel complesso, dopo il vertice di Bruxelles, esce momentaneamente rafforzato – nell’arena politica – un sentimento europeista che ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella Spagna postfranchista. Un europeismo comunque venato di “realismo”, visto che nel dibattito pubblico è ben presente l’idea che l’intesa raggiunta Bruxelles sia da considerare più come un colpo di reni di un’Unione europea quasi sull’orlo di un precipizio che non un rilancio delle politiche di coesione né un disinteressato gesto di solidarietà verso i Paesi dell’Europa meridionale. Tuttavia fin da ora non vanno sottovalutati i segnali di una crescente polarizzazione politica legata alla pandemia da Coronavirus e ai suoi effetti economico-sociali. Tale polarizzazione è incentivata dal crescente ruolo di Podemos e Vox nello scenario politico. Inoltre la crisi economica e quella sanitaria hanno riacutizzato una crisi istituzionale latente (il Governo nelle scorse ore ha dovuto escludere un referendum sulla monarchia) e hanno riaperto l’annoso dissidio tra centro e periferia (con accuse e rimpalli di responsabilità tra Autonomie e Stato centrale per quanto fatto durante la fase più acuta dell’emergenza).

I temi del dibattito pubblico iberico

Al centro del dibattito pubblico rimane ovviamente il tema generale della ripresa economica post pandemia (anche se dalla pandemia, come dimostra il crescente numero di contagi il Paese non è ancora pienamente uscito). A differenza che in Italia, però, il Governo ha tolto dal tavolo la querelle sull’attivazione o meno del MES sanitario. Nella maggioranza non è ancora entrato nel vivo il confronto sulle misure da inserire nel Piano di riforme e resilienza per accedere ai fondi del Recovery Fund europeo. Mentre già in questa fase di coesistenza col virus è tornata d’attualità la discussione sul corretto equilibrio di poteri tra Stato centrale e Autonomie regionali.